2013/10/15

Ecco il libro sui cosmonauti perduti

di Paolo Attivissimo

È stata lunga (in parte anche per colpa mia), ma alla fine ce l'abbiamo fatta: il libro di Luca Boschini che finalmente chiarisce le teorie e le dicerie sui presunti “cosmonauti perduti” (comprese quelle dei fratelli Judica-Cordiglia) è ora disponibile sia in forma cartacea, sia come e-book.

S'intitola Il mistero dei cosmonauti perduti – Leggende, bugie e segreti della cosmonautica sovietica e lo trovate da ordinare via Internet qui su Cicap.org rispettivamente a 14,90€ e 4,99€.

Quella che vedete qui accanto è la copertina finale, scelta fra tutte quelle pervenute a Luca e realizzate per passione dai lettori del Disinformatico, come raccontato qui. Le altre copertine proposte (quelle i cui autori hanno dato il permesso) sono pubblicate qui.

Buona lettura!

2013/10/06

Bisbigliare nell'orecchio della Storia: incontro con Buzz Aldrin, astronauta lunare

di Paolo Attivissimo. Questo articolo vi arriva grazie alla donazione per il libro “Luna? Sì, ci siamo andati!" di giuseppe.ac* e c.agost* ed è stato scritto a gennaio 2012 per la rivista Alpha Quadrant dell'associazione culturale Deep Space One. Compare qui con il permesso dell'associazione e in forma aggiornata.

Photo credit: Andrea Tedeschi
Luglio 2010. L'uomo accanto a me, sul palco della multisala di Avezzano allestito per la manifestazione Il Cielo di Argoli, ha un luccichio birichino negli occhi nonostante gli ottant'anni compiuti da poco. Gli stanno mostrando una foto di un caccia russo d'epoca, un MiG-15 biposto, e gli stanno offrendo di provarlo. In volo. Il luccichio è ben motivato, tanto quanto l'offerta: lui, quei MiG-15, li abbatteva durante la Guerra di Corea, nei primi anni Cinquanta del secolo scorso, quando era pilota militare dell'aviazione statunitense. Trovarsi nei panni dell'ex nemico, indossare le sue ali d'argento, sarebbe un'esperienza straordinaria.

Ma il bagliore dell'entusiasmo dura un istante, perché si rende conto che quel caccia ha sulle spalle cinquant'anni di manutenzione improvvisata e rischia di essere un trabiccolo letale. L'espressione successiva che gli compare fugace sul volto è la consapevolezza agrodolce che quand'anche l'aereo russo lo riportasse a terra intero, sua moglie Lois non gli perdonerebbe una pazzia del genere. Oltretutto lui, di trabiccoli letali, se ne intende. È Buzz Aldrin: l'uomo che insieme a Neil Armstrong toccò per primo il suolo lunare in una notte indimenticabile del luglio del 1969, sbarcando con un veicolo così fragile che le pareti della cabina si potevano bucare con una matita e così risicato nelle prestazioni da dover rinunciare persino ai sedili. È uno dei dodici uomini che hanno camminato sulla Luna.

Aldrin se ne intende anche, purtroppo, di manutenzione improvvisata: sopravvissuto all'impresa lunare, è stato perseguitato dai demoni gemelli della depressione e dell'alcolismo, dai quali si è liberato con fatica e al prezzo della carriera militare e di due matrimoni e dopo aver sfasciato, ubriaco, le auto che si era ridotto a vendere per campare perché non aveva più un soldo. Solo la volontà di ferro della moglie Lois, sposata nel 1988 e sempre accanto a lui (anche qui ad Avezzano), lo ha rimesso in sesto. 

Se Armstrong è passato alla storia per il suo sangue freddo e la sua serenità olimpica, Aldrin è la sua controparte sanguigna ed emotiva. Provocato da un complottista che lo accusava di aver simulato lo sbarco sulla Luna, Neil Armstrong chiamò la polizia. Aldrin, invece, rispose con un memorabile cazzotto. E fu Aldrin a descrivere la Luna, mentre camminava nel suo Mare della Tranquillità, come una “desolazione magnifica”: uno dei rari slanci poetici di un gruppo di uomini scelti per la loro disciplina mentale più che per il loro afflato romantico e troppo presi dalle complessità tecniche delle missioni per potersi soffermare a contemplarne le implicazioni filosofiche.

Riconosco quel fugace luccichio negli occhi di Aldrin: è quello tipico del geek, che va in salivazione pavloviana quando contempla un gadget o un'idea tecnologica accattivante e innovativa. E Aldrin è un übergeek: i suoi colleghi lo avevano soprannominato Dottor Rendez-vous, perché non faceva che parlare di rendez-vous orbitali. Ogni volta che gli organizzavano un incontro con una ragazza, lui portava immancabilmente la conversazione sulle tecniche di attracco spaziale fra due veicoli. Non era una tecnica d'abbordaggio tramite metafora freudiana: la sua tesi di laurea in astronautica al Massachusetts Institute of Technology era infatti intitolata Tecniche di guida a vista per il rendez-vous orbitale umano. Roba tosta, per il 1963, visto che l'era spaziale era iniziata solo sei anni prima. Ironicamente, la dedica della tesi era rivolta “agli equipaggi dei programmi spaziali attuali e futuri di questo paese. Se solo potessi unirmi a loro nelle loro imprese emozionanti!” Non era preveggenza: Aldrin aveva scelto appositamente quest'argomento di tesi e aveva già fatto richiesta di diventare astronauta, ma era stato respinto perché non era pilota collaudatore. La NASA eliminò questo requisito e lo selezionò come astronauta a ottobre dello stesso anno.

L'ossessione di Aldrin per i rendez-vous gli fu assai preziosa nel suo primo volo spaziale, assai meno celebre di quello lunare dell'Apollo 11: quello a bordo della Gemini XII, nel 1966, insieme a Jim Lovell (futuro protagonista della sfortunata missione Apollo 13). Un guasto al radar di guida del veicolo automatico Agena al quale dovevano attraccare mentre orbitavano intorno alla Terra rischiava di compromettere la missione, che aveva fra i propri obiettivi primari quello dimostrare la capacità di rendez-vous, indispensabile per le future missioni verso la Luna. Aldrin risolse il problema calcolando a mente le coordinate, con l'aiuto del suo fido regolo calcolatore, salvando la missione. Questo talento contribuì non poco alla sua selezione per le missioni lunari, nelle quali un mancato attracco poteva significare il fallimento del volo o la morte dell'equipaggio. Meglio avere a bordo un Dottor Rendez-vous.

La missione Gemini XII lo vide anche compiere tre passeggiate spaziali, dimostrando che era davvero possibile lavorare nel vuoto e in assenza di peso: le escursioni precedenti dei colleghi non avevano avuto altrettanto successo a causa di guasti tecnici, surriscaldamenti e appannamenti delle visiere. Parte del merito di questo risultato di Buzz (questo è il suo nome legale dal 1988; prima era Edwin Eugene) fu dovuto all'addestramento in una speciale piscina, nella quale gli astronauti s'immergevano indossando una tuta spaziale modificata, ottenendo una simulazione delle condizioni di assenza di peso che avrebbero incontrato nello spazio: un'idea introdotta da Aldrin stesso, che è tuttora un sub.

Photo credit: Andrea Tedeschi.
Il suo geek interiore emerge anche nelle risposte alle domande del pubblico in sala, che gli traduco bisbigliandogliele in un orecchio, cercando disperatamente di non farmi distrarre dal fatto che sto parlando a chi ha fatto la Storia con la S maiuscola e a un mito assoluto della mia infanzia. Aldrin è conciso, quasi laconico, nelle domande sulle sue emozioni, su cosa ha provato durante la sua missione sulla Luna, ma è un fiume in piena nelle risposte ai quesiti tecnici. Prende in mano il mio modellino del Modulo Lunare e se lo fa “allunare” traballante sul ginocchio. Mima con le mani il rientro della sua capsula Apollo 11 nell'atmosfera terrestre, a circa quarantamila chilometri l'ora, e fa quasi una conferenza a parte, senza mai fermarsi, per spiegare al pubblico come la forma bombata del fondo della capsula conica fungesse da superficie aerodinamica, consentendo a Michael Collins, terzo membro dell'equipaggio, di planare e manovrarla con precisione. Non invidio il mio collega che deve memorizzare, riassumere e tradurre questo chilometrico monologo irto di tecnicismi, ma noto l'estasi degli appassionati d'astronautica in sala per questi dettagli poco noti dell'impresa, raccontati direttamente da chi li ha vissuti.

E di dettagli poco conosciuti, in quello storico primo sbarco seguito in diretta TV da seicento milioni di telespettatori, ce ne sono tanti. Le medaglie sovietiche lasciate in gran segreto sulla Luna per commemorare Vladimir Komarov, morto durante il rientro della sua capsula Soyuz 1 per la mancata apertura del paracadute, e Yuri Gagarin, primo uomo a orbitare intorno alla Terra, perito in un incidente aereo nel 1968. Nemici e rivali nella Guerra Fredda, ma colleghi d'aviazione e compagni d'avventura nello spazio, dove le frontiere nazionali perdono ogni senso. La comunione fatta da Aldrin sulla Luna, senza poterne parlare pubblicamente per mantenere la neutralità religiosa della NASA, scottata da una causa legale scaturita dalla mirabile lettura di alcuni passi della Genesi da parte degli astronauti durante la missione Apollo 8 (Aldrin divenne così il primo uomo a bere alcolici su un altro corpo celeste). L'interruttore d'innesco dell'unico motore di risalita, trovato rotto al rientro nel modulo lunare dopo la storica passeggiata e riparato grazie a un pennarello usato per chiudere il contatto.

Si mormora di pillole al cianuro per suicidarsi se quell'interruttore rabberciato, o qualunque altro componente vitale, non avesse funzionato, lasciando Armstrong e Aldrin intrappolati sulla Luna, senza alcuna possibilità di soccorso, e obbligando il loro compagno Collins, rimasto in orbita lunare, a tornare a Terra da solo. Ma Aldrin liquida l'idea con indifferenza: in un ambiente ostile come quello lunare non occorrono pillole per morire. Prima o poi l'ossigeno finisce e ci si addormenta per sempre. Tutto qui.

Sono invece molto più di un mormorio le rivalità fra i due protagonisti del primo sbarco sulla Luna. Collins, nella sua magnifica autobiografia Carrying the Fire, descrive Aldrin e Armstrong come due “amiable strangers”: estranei cordiali. Dopo il ritorno sulla Terra, ciascuno dei tre astronauti è andato per la propria strada, incontrando gli altri solo in rare occasioni ufficiali. Dopo tutti questi anni, Aldrin non sembra ancora aver preso bene la decisione della NASA di far scendere per primo Armstrong, consegnando il suo nome ai libri di storia e relegando invece Aldrin al ruolo di eterno secondo anche se raggiunse Armstrong sulla superficie lunare meno di venti minuti dopo. La giustificazione ufficiale è che il portello del modulo lunare si apriva verso Aldrin nello strettissimo spazio della cabina, rendendo quasi impossibile farlo scendere per primo nonostante fosse il più qualificato in fatto di escursioni extraveicolari. Quella meno ufficiale è che Armstrong era un civile e quindi politicamente più presentabile all'opinione pubblica mondiale: la NASA temeva che far scendere per primo un militare dell'aviazione USA, quale era Aldrin, avrebbe dato l'impressione sbagliata di una presa di possesso della Luna. Quella ancora meno ufficiale è che si temeva che Aldrin non avrebbe retto allo stress della popolarità immensa che sarebbe ricaduta per sempre sul primo uomo a mettere piede sulla Luna.

Fonte: Big Bang Theory.
È vero che gli anni di alcol e depressione che fecero seguito alla missione lunare, raccontati da Aldrin senza pudori nelle sue due autobiografie (Return to Earth, 1973, e Magnificent Desolation, 2009), confermarono questa intuizione degli psicologi della NASA. Ma è anche vero che oggi Buzz ha superato questi problemi ed è fra i più attivi promotori dell'esplorazione spaziale: tiene frequenti conferenze sul futuro dell'esplorazione spaziale in giro per il mondo, è prolifico su Twitter (@TheRealBuzz), ha girato dei video comici per il sito Funny or Die con Lorenzo Lamas, ha inciso una canzone con Snoop Dogg (Rocket Experience) e ha partecipato a Futurama e Transformers 3 (interpretando se stesso) oltre che a 30 Rock, a Big Bang Theory e all'edizione americana di Ballando con le stelle. Scelte non convenzionali per un ex astronauta, ma efficaci nel riportarlo all'attenzione dell'opinione pubblica e nel raggiungere una generazione che non sapeva quasi nulla dell'epopea spaziale degli anni Sessanta.

Fonte: profilo Facebook di Christina Rasch-Korp.
Alla fine del 2012 Aldrin è tornato alla ribalta anche per motivi meno entusiasmanti: ha divorziato dalla terza moglie, Lois, citando “differenze inconciliabili” dopo ventitré anni di matrimonio (e al termine di una procedura di divorzio iniziata nel giugno del 2011), e ha avviato una causa contro Lisa Cannon, figlia dell'ex moglie, che li aiutava nella gestione delle attività promozionali dell'astronauta lunare. Ora (2013) è con Christina Rasch-Korp (foto qui accanto).

Buzz ha padroneggiato le complessità dei rendez-vous orbitali e le tecnologie del volo spaziale, ma non quelle della vita sulla Terra: una caratteristica che lo accomuna a molti altri astronauti, la cui dedizione totale alla missione ha sfasciato matrimoni e carriere post-volo spaziale. Chissà se ora farà quel volo proibito sul quel MiG-15.