Ieri la NASA ha pubblicato un rapporto di 400 pagine (scaricabile qui) di approfondimento sul disastro del Columbia, che si disintegrò durante il rientro nell'atmosfera, uccidendo i sette membri dell'equipaggio, l'1 febbraio 2003.
La causa fu un impatto, avvenuto al decollo, con un frammento di schiuma isolante staccatosi dal serbatoio esterno di carburante: il frammento ruppe la protezione termica del bordo dell'ala, producendo un varco dal quale i gas roventi del rientro penetrarono nella struttura dell'ala, fondendola dall'interno fino a distruggerla.
Il rapporto (parzialmente censurato per quanto riguarda i dettagli personali dei resti degli astronauti) documenta che l'equipaggio perì per l'improvvisa perdita d'ossigeno in cabina e per gli impatti traumatici dovuti al distacco della cabina dal resto del veicolo, come già appurato dalla prima indagine svolta subito dopo il disastro, ma aggiunge che i piloti si resero conto dei primi sintomi di cedimento della struttura circa un minuto prima della disintegrazione del velivolo e tentarono di rimediarvi fino all'ultimo istante, dimostrando una determinazione incredibile.
La scelta di pubblicare il rapporto in questi giorni è stata fatta per rispettare i familiari dell'equipaggio del Columbia, dopo Natale ma mentre i bambini sono a casa da scuola, in modo che possano discuterne in privato con la famiglia.
Il rapporto indica che gli astronauti sopravvissero alla frammentazione iniziale del Columbia, quando il modulo abitato del veicolo, contenente le due cabine dell'equipaggio, si staccò praticamente integro dal resto della fusoliera e restò intero per circa 38 secondi, precipitando per 20 chilometri, privo di energia e senza contatto radio. La disgregazione durò altri 24 secondi circa. Nell'immagine qui sotto, i resti della cabina sono indicati dal circolo giallo.
Le cabine, però, si depressurizzarono così rapidamente che l'equipaggio perse conoscenza prima di poter attivare le tute pressurizzate. E' presumibile che nessuno abbia ripreso conoscenza. In ogni caso, la rotazione incontrollata della struttura sottopose i corpi degli astronauti a traumi letali, scuotendone violentemente il tronco e la testa.
Il rapporto sembra indicare, in modo piuttosto sorprendente, che l'equipaggio avrebbe potuto sopravvivere ai traumi della disgregazione del veicolo se fosse stato protetto dai suoi primi effetti fisici e termici mediante una struttura più resistente e sistemi di ritenzione più efficaci, che bloccassero il corpo contro gli scuotimenti (casco imbottito su misura e cinture di sicurezza integrali), e da tute sigillate e pressurizzate. Tuttavia queste misure sarebbero in contrasto con le procedure di rientro dello Shuttle, che prevedono che l'equipaggio debba essere sostanzialmente libero di muoversi in cabina e non sia chiuso nelle tute pressurizzate.
...crew survival under environmental circumstances seen in this mishap could be possible given the appropriate level of physiological and environmental protection.
Il rapporto contribuisce anche a sfatare il mito della disintegrazione totale di un veicolo al rientro nell'atmosfera. Molti resti della cabina, nonché i resti degli astronauti, furono recuperati intatti e privi di segni di combustione o surriscaldamento. L'orologio da polso portato in orbita dall'astronauta David Brown come regalo di compleanno per un ingegnere del centro spaziale Kennedy fu recuperato quasi integro, con le lancette bloccate alle 9:06.
Qui sotto sono mostrate alcune immagini di resti del velivolo: un frammento di pannello della fusoliera e una bombola d'ossigeno. Il rapporto contiene molte altre immagini dei resti insieme a fotogrammi dell'ultimo video ripreso dagli astronauti durante il rientro.
Ulteriori dettagli sono pubblicati in inglese da SpaceflightNow. Una dettagliatissima FAQ preparata dagli specialisti è disponibile in inglese qui.