2010/06/27

In arrivo nuove scansioni delle foto lunari: fino a 12800 x 12800 pixel

di Paolo Attivissimo. L'articolo è stato aggiornato dopo la pubblicazione iniziale.

Entro la fine del 2012 saranno rese disponibili al pubblico nuove scansioni ad altissima risoluzione di tutte le fotografie delle missioni Apollo. Le immagini scattate dagli astronauti con le fotocamere Hasselblad su pellicola 70 mm verranno pubblicate a 6400x6400 pixel (41 megapixel), con risoluzione pari a 100 pixel per millimetro di pellicola; quelle in bianco e nero saranno disponibili a 12.800x12.800 pixel (164 megapixel, 200 pixel per millimetro).

Tutte le pellicole originali delle missioni Apollo (sia quelle utilizzate dagli astronauti, sia quelle degli apparati di ripresa automatici dei veicoli) sono custodite nell'apposito archivio al Building 8 del Johnson Space Center, in un congelatore a -17°C che a sua volta è contenuto in una cella refrigerata che viene mantenuta a 13°C. La foto qui sopra mostra tre dei contenitori delle pellicole; l'immagine qui sotto mostra il congelatore (a sinistra) all'interno della cella refrigerata.


Gli apparati di ripresa automatici delle missioni Apollo utilizzati per realizzare una cartografia lunare dettagliata furono la Mapping Camera o Metric Camera, che generava fotogrammi da 12 x 12 cm, e la Panoramic Camera, che produceva fotogrammi da 12,7 per 120 cm. Entrambe usavano pellicole in bianco e nero per fotogrammetria e furono installate a bordo del modulo di servizio nelle missioni Apollo 15, 16 e 17. Dettagli di questi apparati sono disponibili in Photographic Systems for Apollo (1970) e in altri documenti tecnici.

Le pellicole della Metric Camera (10.153 fotografie) vengono attualmente sottoposte a scansione con uno scanner Leica DSW 700 per fotogrammetria appositamente modificato, producendo immagini da 1,3 gigabyte (24.000 x 24.000 pixel). Alcuni esempi di queste scansioni sono disponibili qui sul sito della Arizona State University. La risoluzione di queste immagini scattate dall'orbita lunare è di 6,2 metri per pixel.

Le pellicole della Panoramic Camera (4.612 fotografie) verranno sottoposte a una scansione analoga, che produrrà immagini da 25.400 x 244.000 pixel (11,8 gigabyte ciascuna).

Vi sono inoltre circa 620 fotografie scattate su pellicola 35 mm, che sono già state sottoposte a scansione, generando file da 3070 x 2044 pixel (18 megabyte l'una), ma non sono ancora disponibili al pubblico. Una versione a risoluzione inferiore è comunque scaricabile dagli archivi dell'Apollo Image Atlas.

Le ultime pellicole ad essere sottoposte a scansione saranno quelle delle fotocamere Hasselblad degli astronauti: si tratta di circa 20.000 immagini in bianco e nero e a colori. A giugno 2010 ho scritto al webmaster del sito della ASU, che ha risposto specificando che le immagini delle escursioni lunari dovrebbero essere sottoposte a scansione "entro 12 mesi" e poi verranno elaborate (ridotte e calibrate per restituire una gamma cromatica e di contrasto corretta e per eliminare le "crocette" o reseau marks) nel corso di "1 o 2 mesi".

I dettagli delle operazioni di scansione e di elaborazione delle immagini sono pubblicati qui dall'ASU.

Aggiornamento: 2013/07/27


Un aggiornamento della situazione, con immagini restaurate, è disponibile qui.

2010/06/26

Giulio Forti (Reflex) e la foto della bandiera sulla Luna

di Paolo Attivissimo. L'articolo è stato aggiornato dopo la pubblicazione iniziale. Pubblicazione iniziale: 2010/06/26. Ultimo aggiornamento: 2018/01/11.


Giulio Forti, direttore della rivista fotografica Reflex, dichiarò quanto segue durante la trasmissione Enigma di Raitre a febbraio del 2003 "...questa qui forse è l'unica foto che la NASA ha ammesso tra i denti di non essere assolutamente vera. La storia già di allora diceva che si erano dimenticati di fare questa fotografia e quindi questa... [interruzione del presentatore] la bandiera fu applicata successivamente".

Questo è lo spezzone della trasmissione in cui Forti sembra accusare specificamente la NASA non solo di aver falsificato una fotografia della missione Apollo 11, la AS11-40-5875, ma addirittura di aver ammesso di averlo fatto. Ringrazio rixx per la registrazione d'archivio.



Quale sia la fonte di questa presunta ammissione della NASA, e dove e quando sia stata fatta questa confessione straordinaria, non si sa: Giulio Forti non lo specifica. Pochi giorni fa ho contattato la redazione di Reflex per avere chiarimenti in merito, e Forti mi ha risposto spiegando che non ha "né fonti né documenti" a supporto di quanto detto, ma solo un ricordo di dicerie.

A settembre 2010, dopo la pubblicazione iniziale di questo articolo e un cordiale scambio di e-mail e documenti, Forti mi ha chiarito via mail la propria posizione sulla faccenda: ha semplicemente riferito una diceria che circolava ma che non condivide.

Infatti, basta seguire con attenzione il video per sentirmi dire che una tale falsificazione "è probabile e fattibile" il che non significa che sia stata fatta. Quella spiegazione, inoltre, inizia con un "forse" e poi c'è un "si diceva" che mette in dubbio non solo il fatto, ma la stessa storia che circolava (l'unica cosa che so per certo della faccenda).

Come tutte le storie o leggende metropolitane, però, non si sa mai da dove abbiano avuto inizio o come siano montate nel passa parola. Aggiungo che allora non eravamo così preparati alle bufale come oggi. Tuttavia, ho ritenuto utile raccontarlo in un programma che voleva affrontare i lati oscuri della missione.


(da sua e-mail dell'1/9/2010, citata con il suo permesso)

Chi interpreta le parole di Forti come prova che le missioni lunari furono una messinscena è quindi in errore, anche perché se fosse stato necessario applicare la bandiera alla foto, vorrebbe dire che sulla Luna c'erano andati davvero. Altrimenti sarebbe stato molto più semplice e sicuro rifare la foto in studio. Forti stesso, inoltre, mi ha precisato giustamente che un'eventuale foto falsificata non implicherebbe che gli sbarchi lunari non furono effettuati.

Va detto anche che la foto mostrata non è l'unica immagine di quella scena. Ce n'è un'altra, la AS11-40-5874, nella quale si vede la mano destra di Aldrin portata all'altezza del viso, in un gesto di saluto militare. Che senso avrebbe avuto scattare una foto in cui Aldrin saluta il nulla e poi applicare la bandiera?

  AS11-40-5874 (immagine integrale)

AS11-40-5874 (dettaglio). Si notano le dita della mano destra che sporgono da dietro il casco.

Le due immagini furono scattate da due posizioni leggermente differenti: di conseguenza, se messe a confronto, possono essere utilizzate come stereogramma per verificare su che piano stereoscopico si trova la bandiera, come mostrato qui sotto nella versione a occhi incrociati.


L'esame stereoscopico non rivela anomalie nel posizionamento tridimensionale della bandiera.

Lo stesso istante è inoltre visibile nella diretta televisiva:


Il saluto alla bandiera è documentato anche dalla ripresa cinematografica su pellicola a colori in formato 16mm realizzata dalla cinepresa automatica Maurer montata sul finestrino del modulo lunare. Questo è un fotogramma della ripresa, sul quale si può verificare la perfetta corrispondenza delle posizioni di ombre, rocce e altri dettagli del terreno:


Lo spezzone corrispondente della ripresa cinematografica, effettuata alla cadenza di un fotogramma al secondo e quindi caratterizzato da un movimento a scatti degli astronauti, è questo.


La presenza della bandiera nella posizione e situazione mostrate nella foto che secondo i lunacomplottisti sarebbe un falso ammesso dalla NASA è quindi ben documentata. Se esistono queste altre riprese che documentano questo momento propagandisticamente molto significativo e simbolico, non ha molto senso pensare che l'ente spaziale statunitense abbia voluto rischiare inutilmente fabbricando un fotomontaggio.

2010/06/21

Come costruire una copia dimostrativa della bandiera lunare

di Paolo Attivissimo. L'articolo è stato aggiornato dopo la pubblicazione iniziale. Ultimo aggiornamento: 2012/09/30.

Quando si parla di tesi di complotto lunare, una delle domande più frequenti riguarda la bandiera piantata dagli astronauti, che secondo queste tesi sventolerebbe come se fosse in presenza d'aria (assente sulla Luna) e quindi rivelerebbe che le immagini furono riprese in uno studio cinematografico sulla Terra.

In realtà la bandiera sembra sventolare perché è sorretta da un'asta orizzontale, come si vede nella foto qui accanto (dettaglio della fotografia AS11-40-5874), e oscilla soltanto quando viene mossa dagli astronauti che stanno conficcando l'asta nel terreno o quando la urtano. Il modo in cui oscilla, oltretutto, è diverso da quello terrestre: sulla Terra, in presenza d'atmosfera, le oscillazioni del drappo si smorzano subito; nelle riprese lunari, invece, continuano a lungo, confermando quindi che le riprese furono effettuate nel vuoto, come si può vedere in questo esperimento.

Per rispondere a questa domanda frequente è molto utile avere a disposizione un modello fisico della bandiera, che permette oltretutto di scoprire un fatto poco noto: la bandiera lunare è molto più grande di quello che sembra nelle fotografie. L'inganno visivo è dovuto al fatto che nell'osservare le immagini della bandiera abbiamo come unico riferimento di scala gli astronauti. Ma gli astronauti indossano una tuta e un casco che ne aumentano notevolmente altezza e dimensioni, facendoli sembrare più grandi di quanto siano, e da qui nasce l'equivoco.

Ecco come fabbricare una bandiera con la relativa asta verticale e orizzontale, in scala 1:1, in modo che sia facilmente trasportabile, per esempio per dimostrazioni o conferenze.


Le dimensioni dell'originale


Innanzi tutto occorre determinare le dimensioni della bandiera e della sua asta. Il documento tecnico Apollo 11 Post Launch Mission Operation Report No. 1, a pagina 5, dice che l'equipaggio dell'Apollo 11 "piantò una bandiera americana da 3 x 5 piedi su un'asta di 8 piedi" ("the crew erected a 3 x 5-foot American flag on an 8-foot aluminum staff").  Il drappo misura quindi 91 x 152 centimetri e l'asta è alta 244 centimetri.

Queste misure vengono confermate dal documento Where No Flag Has Gone Before: Political and Technical Aspects of Placing a Flag on the Moon, di Anne Platoff, NASA Contractor Report 188251, agosto 1993, che parla di "una bandiera di nylon da 3 x 5 piedi, procurata tramite il catalogo delle forniture governative" ("A 3 x 5 ft. nylon flag, obtained through the government supply catalog") e precisa che l'asta orizzontale era incernierata a scatto a quella verticale e che l'asta verticale era divisa in due parti: una inferiore, dotata di un puntale d'acciaio da conficcare nel terreno tramite un martello da geologi, e una superiore, da inserire a incastro in quella inferiore.

Intorno alla base dell'asta, a 18 pollici (45,7 cm) di altezza, c'era un anello rosso per aiutare gli astronauti a capire quanto era penetrata nel terreno l'asta stessa ("A red ring was painted around the base of the assembly 18 inches from the bottom to aid the astronauts in judging the distance that the pole had penetrated the surface"). Tuttavia nelle fotografie delle missioni Apollo 11 e 12 questo anello non è visibile, nonostante l'asta non sia penetrata tanto da nasconderlo: per esempio, sulla base delle fotografie e delle indicazioni degli astronauti, l'asta della bandiera dell'Apollo 11 penetrò nel suolo lunare per circa 20 cm.

Neil Armstrong e Buzz Aldrin assemblano la bandiera e l'asta. Fotogramma della ripresa automatica su pellicola 16 mm della missione Apollo 11.

I tubi di alluminio usati per l'asta della bandiera lunare avevano un diametro di circa 2,5 cm e pareti spesse circa 0,8 millimetri. Il costo complessivo fu di circa 80 dollari dell'epoca (circa 460 dollari di oggi).

Uno schizzo preliminare della bandiera e dell'asta, tratto dall'Apollo Lunar Surface Journal. Le misure sono in pollici e non sono quelle definitive.

Il catalogo di un'asta di oggetti utilizzati nei programmi spaziali, pubblicato nel 2007 da RegencyStamps.com, include un prototipo della bandiera, descritto come "identico a quello lasciato sulla superficie lunare dall'equipaggio dell'Apollo 11" (immagine qui accanto).

Questo prototipo è costituito da "un'asta in due parti, con placcatura dorata, da 96 pollici [244 cm] con una bandiera in nylon che misura 59x35 pollici [150x89 cm]". Anche la barra orizzontale ha una placcatura dorata.

Le varie fonti, insomma, concordano con buona precisione sulle dimensioni della bandiera e della sua asta: il drappo misura circa 150 x 90 cm e l'asta verticale misura 244 cm.


Costruzione


Per gli scopi di una dimostrazione non è indispensabile riprodurre il meccanismo d'incernieramento dell'asta e della barra o la suddivisione dell'asta in parti da accoppiare: è sufficiente ottenere una forma a L rovesciata che sia molto rigida, perché lo sbraccio orizzontale è notevole (un metro e mezzo) e l'angolo fra asta e barra deve restare il più possibile retto, sopportando anche le oscillazioni imposte quando si fa dondolare la bandiera per le dimostrazioni. È semmai importante ottenere un simulacro facilmente trasportabile e quindi smontabile.

La soluzione che ho adottato è quella di usare corti spezzoni tubi di ferro zincato da 3/4 di pollice, facilmente reperibili nei negozi di hobbistica, che hanno le estremità filettate e unibili mediante raccordi diritti e a L. Questa soluzione permette di ridurre al minimo le operazioni di fabbricazione e produce un'asta robusta ma smontabile rapidamente in parti corte e compatte. L'uso del ferro, inoltre, consente di usare piccole calamite per fissare il drappo alla barra orizzontale e all'asta verticale senza dover perdere tempo in operazioni di infilaggio. L'unico svantaggio è il peso non trascurabile (alcuni chili), che può essere disagevole quando si maneggia l'asta assemblata (una variante in alluminio è descritta negli aggiornamenti).

Il drappo, invece, è da acquistare direttamente delle misure giuste (io l'ho acquistato presso Funshop.ch): comunque per gli scopi di una dimostrazione va bene qualunque drappo, anche non raffigurante la bandiera statunitense, purché di grandezza equivalente.

Il risultato finale è mostrato nella fotografia qui accanto. Si notano bene le dimensioni ragguardevoli della bandiera (io sono alto 1,84). L'intero kit, una volta smontato, sta in una scatola di plastica da 40 x 27 x 10 cm ed è quindi facilmente trasportabile; montaggio e smontaggio richiedono pochi minuti.


2010/08/02


Per farla corrispondere meglio all'originale, l'asta verticale è stata rivestita con una lamina dorata (quella delle coperte termiche d'emergenza). Il risultato è stato battezzato da un collaudatore d'eccezione: Buzz Aldrin in persona, ad Avezzano (AQ), il 17 luglio 2010. La foto dell'evento è pubblicata qui.


2012/09/30


Ho realizzato una variante più leggera in tubi di alluminio rivestiti di lamina dorata.

2010/06/13

Gli esemplari sopravvissuti del Saturn V

di Paolo Attivissimo. Fonti: mailing list "Project Apollo" e A Field Guide to American Spacecraft.

Esistono tre esemplari completi del Saturn V, liberamente accessibili al pubblico, che sono una testimonianza fisica del progetto Apollo. Per gli appassionati di settore si tratta di cimeli straordinari; per i dubbiosi, quest'enorme massa di oggetti tangibili, con l'infinita serie di dettagli tecnici ispezionabili, è una smentita molto eloquente.

Quando si parla del progetto Apollo, infatti, non si parla di qualcosa di cui rimane traccia solo nei libri di storia, ma di missili alti oltre cento metri, da vedere e toccare, di tute spaziali, di capsule e moduli lunari e di mille altri oggetti. Chi ha dei dubbi vada nei luoghi dove sono custoditi e si chieda se davvero sarebbe possibile falsificare tutto questo materiale in modo perfettamente realistico, tanto che gli esperti di ingegneria aerospaziale di tutto il mondo che li visitano non si accorgano di nulla.


Kennedy Space Center, Florida


L'esemplare custodito presso il Saturn V Center del Visitors Complex del KSC è composto da uno stadio S-IC di collaudo, dagli stadi S-II e S-IVB costruiti per la missione Apollo 19 (mai effettuata), e da un modulo di comando e servizio di collaudo (boilerplate). Mancano gli anelli interstadio; quello del secondo stadio si trova al Parque de las Ciencias a Bayamon, in Portorico.

Tutti i componenti sono originali restaurati. La livrea è stata modificata per corrispondere a quella dell'Apollo 11. Un'ottima serie di fotografie di questo Saturn V e degli altri componenti dei veicoli Apollo costruiti per le missioni lunari ma mai utilizzati è disponibile qui.


Johnson Space Center di Houston, Texas


Presso l'area visitatori del JSC c'è un esemplare di Saturn V costituito da componenti originali rimasti inutilizzati dopo la cancellazione del progetto Apollo. Il primo stadio e il terzo furono costruiti per la missione Apollo 18 o 19; il secondo fu realizzato come riserva per la missione Skylab; la Instrument Unit proviene dai componenti costruiti per la missione Apollo 20.

Dopo molti anni all'aperto, che hanno causato un certo deterioramento, questo esemplare è stato racchiuso in un edificio e sottoposto a rigoroso restauro. Alcune foto della sua collocazione originale e di quella attuale sono qui.


U.S. Space and Rocket Center, Huntsville, Alabama


L'esemplare all'interno del Davidson Center dell'USSRC è il Dynamic Test Vehicle, il primo Saturn V realizzato per gli studi preliminari sulle vibrazioni indotte dai motori, e dalla capsula di prova (boilerplate) BP-23. Terminata la fase di studio, questo Saturn V fu conservato su richiesta di Wernher Von Braun e poi affidato alle cure dello Smithsonian Institution. Per molti anni è rimasto all'aperto, ma nel 2008 è stato restaurato e trasferito al coperto. Alcune immagini della sua collocazione attuale e di quella precedente sono disponibili qui.

Il Saturn V montato verticalmente all'aperto presso lo stesso U.S. Space and Rocket Center è invece un modello in scala 1:1. Lo si può rilevare da alcuni dettagli della livrea, non conformi agli originali, e da vari dettagli esterni: per esempio, le dimensioni del LES (il sottile razzo d'emergenza in cima al Saturn V) sono maggiorate di circa 25 cm rispetto a quelle autentiche per consentire a una persona di entrare per manutenzione, dato che l'altezza della struttura impone che sia dotata di luci anticollisione per il traffico aereo.

Foto e dettagli della sua costruzione sono qui. La verifica dei dettagli è facilitata da siti per modellisti di precisione come ApolloSaturn.com, ricchi di immagini d'epoca che evidenziano le differenze fra i vari esemplari di Saturn V e di veicoli Apollo.


Michoud Assembly Facility, New Orleans, Louisiana


Al MAF, dove venivano costruiti i primi stadi del vettore Saturn V e per decenni sono stati assemblati i grandi componenti dello Shuttle, è custodito un esemplare del primo stadio, l'S-IC, che fu costruito per la missione annullata Apollo 20. Questo S-IC monta i motori F1 utilizzati per i collaudi statici di accensione.

Altre fotografie di questo componente sono disponibili qui.