2011/12/22
Contact Light aggiornato; disponibile anche in italiano
di Paolo Attivissimo
Ho aggiornato e riveduto Contact Light, il documentario che segue in tempo reale la discesa sulla Luna dell'Apollo 11. L'animazione del LM è stata migliorata, sono stati standardizzati i sottotitoli, sono state aggiunte le informazioni di quota, la disposizione degli elementi è stata riordinata e sono stati aggiornati e migliorati i titoli di coda.
Questa versione è disponibile anche in italiano:
Ho aggiornato e riveduto Contact Light, il documentario che segue in tempo reale la discesa sulla Luna dell'Apollo 11. L'animazione del LM è stata migliorata, sono stati standardizzati i sottotitoli, sono state aggiunte le informazioni di quota, la disposizione degli elementi è stata riordinata e sono stati aggiornati e migliorati i titoli di coda.
Questa versione è disponibile anche in italiano:
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I primi minuti di Moonscape
Ecco il montaggio preliminare del primo quarto d'ora di Moonscape: la discesa di Neil Armstrong. Mancano i titoli di testa e la voce narrante, ma dovrebbe già darvi un'idea di come sarà Moonscape in versione finale.
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2011/12/20
Disponibile “Luna?” edizione 2012 per Kindle
di Paolo Attivissimo. Questo articolo vi arriva grazie alla donazione di guglielmettiv*.
È ora disponibile anche sulla versione italiana del sito di Amazon l'edizione aggiornata per il 2012 del mio libro “Luna? Sì, ci siamo andati!” che risponde ai complottisti lunari e alle domande dei dubbiosi e celebra il coraggio e l'ingegno di coloro che lavorarono al progetto Apollo. Il prezzo è simbolico: meno di sei euro (l'importo esatto dipende dall'IVA).
Per fruire dei libri digitali di Amazon non occorre comperare un Kindle: si può anche scaricare il software gratuito di lettura per computer Windows e Mac, iPhone, iPad, Blackberry e dispositivi Android e Windows Phone 7.
L'edizione Kindle del mio libro non è lucchettata con DRM, ma comunque per non creare dipendenze da una piattaforma specifica ho reso scaricabili gratuitamente le edizioni 2011 di “Luna?” in formato PDF ed EPUB. Resta disponibile anche l'edizione cartacea. Le differenze fra le edizioni sono elencate qui. Buone letture.
È ora disponibile anche sulla versione italiana del sito di Amazon l'edizione aggiornata per il 2012 del mio libro “Luna? Sì, ci siamo andati!” che risponde ai complottisti lunari e alle domande dei dubbiosi e celebra il coraggio e l'ingegno di coloro che lavorarono al progetto Apollo. Il prezzo è simbolico: meno di sei euro (l'importo esatto dipende dall'IVA).
Per fruire dei libri digitali di Amazon non occorre comperare un Kindle: si può anche scaricare il software gratuito di lettura per computer Windows e Mac, iPhone, iPad, Blackberry e dispositivi Android e Windows Phone 7.
L'edizione Kindle del mio libro non è lucchettata con DRM, ma comunque per non creare dipendenze da una piattaforma specifica ho reso scaricabili gratuitamente le edizioni 2011 di “Luna?” in formato PDF ed EPUB. Resta disponibile anche l'edizione cartacea. Le differenze fra le edizioni sono elencate qui. Buone letture.
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2011/10/29
Tramonto di Luna a Lugano
Un paio d'ore fa ho colto per caso questa falce di Luna che calava dietro la collina.
In questa seconda foto, scattata con un tempo di posa più lungo, si nota che la zona in ombra del disco lunare è in realtà leggermente rischiarata. L'effetto è prodotto dalla luce del Sole che viene riflessa dalla Terra (che in questo momento è quasi piena nel cielo lunare) e cade sulla Luna. A sua volta la Luna, poi, riflette questa luce verso di noi.
Camminare nella zona in ombra della Luna, mentre il paesaggio è illuminato dalla luce della Terra che brilla nel cielo, dev'essere un'esperienza magica. Nessuno lo ha mai fatto. Neanche gli astronauti Apollo.
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2011/09/14
La NASA annuncia il nuovo vettore pesante
di Paolo Attivissimo. Questo articolo vi arriva grazie alla donazione per il libro “Luna? Sì, ci siamo andati!" di manrico.cor* ed è stato aggiornato dopo la pubblicazione iniziale.
È terminata poco fa la conferenza stampa nella quale la NASA ha annunciato la selezione del progetto per lo Space Launch System, il nuovo vettore pesante concepito per portare gli astronauti oltre l'orbita terrestre, verso gli asteroidi e Marte.
Nel contempo le attività della Stazione Spaziale Internazionale sono state prolungate formalmente fino ad almeno il 2020.
L'SLS trasporterà gli astronauti nella capsula Orion MPCV (Multi-Purpose Crew Vehicle), che è già in costruzione.
Come si può notare nella grafica qui accanto, la somiglianza con i veicoli Apollo è notevole. La capsula Orion è conica come quella Apollo, ma è più grande e capiente, ed è dotata di un razzo d'emergenza molto simile al Launch Escape System dei veicoli Apollo. Il primo stadio dell'SLS avrà cinque motori, come l'S-IC del Saturn V, ma userà idrogeno e ossigeno liquidi come propellente sia per il primo stadio sia per il secondo (a differenza del Saturn V, che usava kerosene e ossigeno liquido nel primo stadio) e avrà anche dei booster laterali che almeno inizialmente saranno a propellente solido. I motori centrali del primo stadio saranno degli RS-25 molto simili a quelli dell'Orbiter dello Shuttle.
Il motore J2X del secondo stadio dell'SLS sarà una derivazione del motore J-2 del terzo stadio del Saturn V. La capacità di carico iniziale sarà di 70 tonnellate e passerà a 130 man mano che verrà affinato il progetto. A titolo di paragone, il Saturn V era in grado di portare 118 tonnellate in orbita bassa e lo Shuttle ne poteva portare 24. Durante la seconda conferenza stampa, quella tecnica, la NASA ha indicato che l'SLS avrà una spinta dal 10 al 20% maggiore di quella del Saturn V e nella versione iniziale sarà leggermente più basso del Saturn V; la versione da 130 tonnellate di carico sarà circa 12 metri più alta. Il primo volo di sviluppo dello Space Launch System è previsto per la fine del 2017.
Dal punto di vista delle tesi di complotto intorno alle missioni lunari Apollo, l'annuncio di oggi pone un problema fondamentale: secondo alcuni lunacomplottisti i viaggi lunari sarebbero impossibili anche oggi a causa delle radiazioni, ma ora la NASA ha dichiarato concretamente che intende portare degli astronauti nello spazio profondo al di fuori dell'orbita terrestre. Quando questo avverrà, sotto gli occhi del mondo che potrà verificare telescopicamente l'evento, verrà quindi a cadere uno dei pilastri del cospirazionismo lunare.
Fonti: SpaceflightNow; NASA.
Alcuni dati sull'SLS: la versione iniziale avrà due booster a propellente solido derivati da quelli dello Shuttle e con cinque segmenti, agganciati a un primo stadio avente un diametro di 8,38 metri (27,5 piedi, lo stesso del serbatoio dello Shuttle) spinto da tre motori RS-25D/E provenienti dal programma Shuttle, per una spinta totale al decollo di 3742 tonnellate (8,25 milioni di libbre). La versione con cinque motori Shuttle avrà una spinta al decollo di circa 4000 tonnellate (9 milioni di libbre). Sarà quindi più potente del Saturn V.
Il costo stimato è di 3 miliardi di dollari l'anno, paragonabile a quello che spendeva la NASA per la gestione degli Shuttle, fino al 2017. Il totale di 18 miliardi di dollari è ripartito in 10 milardi per la progettazione vera e propria dell'SLS, 6 miliardi per la capsula Orion e 2 miliardi per le modifiche e gli aggiornamenti delle infrastrutture di lancio al Kennedy Space Center.
Le missioni previste sono verso asteroidi vicini (2020), orbita e atterraggio su Marte (2030 circa), riparazione di satelliti in orbita geostazionaria (a 36.000 km dalla Terra) o anche nei punti di Lagrange a 1,6 milioni di chilometri dalla Terra.
La NASA ha pubblicato un'animazione in alta definizione di un lancio dell'SLS (oltre 600 megabyte).
Fonti: SpaceflightNow, SpaceflightNow.
Anteprima grafica dell'aspetto dello Space Launch System. Credit: NASA. |
Nel contempo le attività della Stazione Spaziale Internazionale sono state prolungate formalmente fino ad almeno il 2020.
L'SLS trasporterà gli astronauti nella capsula Orion MPCV (Multi-Purpose Crew Vehicle), che è già in costruzione.
Come si può notare nella grafica qui accanto, la somiglianza con i veicoli Apollo è notevole. La capsula Orion è conica come quella Apollo, ma è più grande e capiente, ed è dotata di un razzo d'emergenza molto simile al Launch Escape System dei veicoli Apollo. Il primo stadio dell'SLS avrà cinque motori, come l'S-IC del Saturn V, ma userà idrogeno e ossigeno liquidi come propellente sia per il primo stadio sia per il secondo (a differenza del Saturn V, che usava kerosene e ossigeno liquido nel primo stadio) e avrà anche dei booster laterali che almeno inizialmente saranno a propellente solido. I motori centrali del primo stadio saranno degli RS-25 molto simili a quelli dell'Orbiter dello Shuttle.
Il motore J2X del secondo stadio dell'SLS sarà una derivazione del motore J-2 del terzo stadio del Saturn V. La capacità di carico iniziale sarà di 70 tonnellate e passerà a 130 man mano che verrà affinato il progetto. A titolo di paragone, il Saturn V era in grado di portare 118 tonnellate in orbita bassa e lo Shuttle ne poteva portare 24. Durante la seconda conferenza stampa, quella tecnica, la NASA ha indicato che l'SLS avrà una spinta dal 10 al 20% maggiore di quella del Saturn V e nella versione iniziale sarà leggermente più basso del Saturn V; la versione da 130 tonnellate di carico sarà circa 12 metri più alta. Il primo volo di sviluppo dello Space Launch System è previsto per la fine del 2017.
Dal punto di vista delle tesi di complotto intorno alle missioni lunari Apollo, l'annuncio di oggi pone un problema fondamentale: secondo alcuni lunacomplottisti i viaggi lunari sarebbero impossibili anche oggi a causa delle radiazioni, ma ora la NASA ha dichiarato concretamente che intende portare degli astronauti nello spazio profondo al di fuori dell'orbita terrestre. Quando questo avverrà, sotto gli occhi del mondo che potrà verificare telescopicamente l'evento, verrà quindi a cadere uno dei pilastri del cospirazionismo lunare.
Fonti: SpaceflightNow; NASA.
2011/09/15
Alcuni dati sull'SLS: la versione iniziale avrà due booster a propellente solido derivati da quelli dello Shuttle e con cinque segmenti, agganciati a un primo stadio avente un diametro di 8,38 metri (27,5 piedi, lo stesso del serbatoio dello Shuttle) spinto da tre motori RS-25D/E provenienti dal programma Shuttle, per una spinta totale al decollo di 3742 tonnellate (8,25 milioni di libbre). La versione con cinque motori Shuttle avrà una spinta al decollo di circa 4000 tonnellate (9 milioni di libbre). Sarà quindi più potente del Saturn V.
Il costo stimato è di 3 miliardi di dollari l'anno, paragonabile a quello che spendeva la NASA per la gestione degli Shuttle, fino al 2017. Il totale di 18 miliardi di dollari è ripartito in 10 milardi per la progettazione vera e propria dell'SLS, 6 miliardi per la capsula Orion e 2 miliardi per le modifiche e gli aggiornamenti delle infrastrutture di lancio al Kennedy Space Center.
Le missioni previste sono verso asteroidi vicini (2020), orbita e atterraggio su Marte (2030 circa), riparazione di satelliti in orbita geostazionaria (a 36.000 km dalla Terra) o anche nei punti di Lagrange a 1,6 milioni di chilometri dalla Terra.
La NASA ha pubblicato un'animazione in alta definizione di un lancio dell'SLS (oltre 600 megabyte).
Fonti: SpaceflightNow, SpaceflightNow.
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2011/09/02
Le nuove foto dei siti Apollo verranno pubblicate il 6 settembre
di Paolo Attivissimo. Questo articolo vi arriva grazie alla donazione per il libro “Luna? Sì, ci siamo andati!" di m.longo.
La NASA ha diramato ieri sera un comunicato stampa nel quale ha annunciato per martedì 6 settembre a mezzogiorno (EDT, le 18 ora italiana) una teleconferenza per presentare nuove immagini di tre dei siti degli allunaggi delle missioni Apollo, riprese alla fine di agosto dalla sonda automatica Lunar Reconnaissance Orbiter (LRO), come segnalato in questo articolo.
Le informazioni e le immagini di supporto per la teleconferenza verranno presentate presso http://www.nasa.gov/lro e l'audio sarà disponibile presso http://www.nasa.gov/newsaudio.
Ho contattato John Keller, del Goddard Space Flight Center, che mi ha spiegato che la variazione dell'orbita della sonda non serve soltanto a consentire queste immagini ravvicinate, ma consente anche di effettuare rilevamenti scientifici a bassa quota, come per esempio la variazione dei raggi cosmici in base alla quota tramite lo strumento CRaTER.
La NASA ha diramato ieri sera un comunicato stampa nel quale ha annunciato per martedì 6 settembre a mezzogiorno (EDT, le 18 ora italiana) una teleconferenza per presentare nuove immagini di tre dei siti degli allunaggi delle missioni Apollo, riprese alla fine di agosto dalla sonda automatica Lunar Reconnaissance Orbiter (LRO), come segnalato in questo articolo.
Le informazioni e le immagini di supporto per la teleconferenza verranno presentate presso http://www.nasa.gov/lro e l'audio sarà disponibile presso http://www.nasa.gov/newsaudio.
Ho contattato John Keller, del Goddard Space Flight Center, che mi ha spiegato che la variazione dell'orbita della sonda non serve soltanto a consentire queste immagini ravvicinate, ma consente anche di effettuare rilevamenti scientifici a bassa quota, come per esempio la variazione dei raggi cosmici in base alla quota tramite lo strumento CRaTER.
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Lunar Reconnaissance Orbiter
2011/08/23
45 anni fa, la prima foto della Terra vista dalla Luna
di Paolo Attivissimo. Questo articolo vi arriva grazie alla donazione per il libro “Luna? Sì, ci siamo andati!" di evilwillneverd* ed è stato aggiornato dopo la pubblicazione iniziale.
Molti ricordano la celebre foto della Terra vista dalla Luna, scattata dagli astronauti della missione Apollo 8 nel 1968, ma non è la prima immagine di questo genere in assoluto. Infatti il 23 agosto 1966 la sonda automatica statunitense Lunar Orbiter I, inviata per cercare siti adatti agli allunaggi Apollo, scattò e trasmise via radio a Terra questa fotografia del nostro pianeta visto dalla Luna.
Fu la prima immagine nitida della Terra: prima di allora, le immagini trasmesse dalle sonde erano state sgranate e a bassa risoluzione. Questa del Lunar Orbiter, invece, come si può vedere negli archivi del Lunar and Planetary Institute e presso la NASA (che fornisce dettagli geografici molto interessanti), aveva una risoluzione di 5478 per 7167 pixel: l'equivalente di quasi 40 megapixel. Nel 1966. Quando qualcuno dice che la tecnologia dell'epoca era troppo primitiva per consentire i viaggi verso la Luna, può essere utile ricordare fatti come questo.
Per fortuna la NASA non si limitò a stampare su pellicola le immagini trasmesse dalla sonda, ma conservò su nastro anche i dati originali inviati dal Lunar Orbiter (che scattava le foto su pellicola, le sviluppava a bordo e ne inviava a Terra una scansione), in modo da poter rielaborare in seguito le immagini e stamparle con tecnologie più moderne. Ma il trionfo delle missioni Apollo, che inclusero anche ricognizioni fotografiche della superficie lunare simili a quelle del Lunar Orbiter, fece trascurare queste prime immagini. I nastri furono conservati ma rimasero inutilizzati e i registratori a bobine analogici da 2 pollici Ampex FR-900 furono dismessi dalla NASA.
Nancy Evans, cofondatrice del Planetary Data System della NASA, ricevette in custodia i nastri del Lunar Orbiter presso il Jet Propulsion Laboratory verso la metà degli anni Ottanta e tentò invano di procurarsi dei registratori FR-900 per riversare digitalmente i vecchi nastri: il progetto fallì per mancanza di fondi.
Evans non si diede per vinta e quando lasciò il lavoro alla NASA portò con sé i registratori, tenendoli in garage per vent'anni. Nel 2007 trovò due sponsor privati, Dennis Wingo e Keith Cowing, che ottennero l'uso di un McDonald's abbandonato all'interno del centro di ricerca Ames della NASA, dove revisionarono i quattro registratori, grandi come frigoriferi, e depositarono i 1500 nastri delle sonde Lunar Orbiter.
Il progetto oggi si chiama LOIRP (Lunar Orbiter Image Recovery Project), ha ricevuto un finanziamento da parte della NASA ed ha iniziato la pubblicazione, presso Moonviews.com, delle immagini restaurate e ripulite scattate quarantacinque anni fa. Maggiori dettagli sono disponibili in un articolo di CollectSpace.
Oltre ad essere testimonianze storiche straordinarie, queste immagini d'epoca hanno anche una funzione pratica: sono la più vecchia registrazione dello stato della superficie lunare e permettono quindi di confrontarne l'evoluzione nel corso di quasi mezzo secolo, valutando per esempio la frequenza degli impatti meteorici, che sono un problema non trascurabile per le future basi permanenti sulla Luna.
Il lavoro di restauro ha dato risultati notevolissimi: qui sotto vedete la porzione centrale della stessa fotografia mostrata all'inizio dell'articolo, prima della versione originale e poi in quella ricostruita direttamente dai nastri originali, elaborata digitalmente e pubblicata da Spaceref.com.
Consiglio di cliccarvi sopra ed esaminarla in tutta la sua spettacolare risoluzione.
Molti ricordano la celebre foto della Terra vista dalla Luna, scattata dagli astronauti della missione Apollo 8 nel 1968, ma non è la prima immagine di questo genere in assoluto. Infatti il 23 agosto 1966 la sonda automatica statunitense Lunar Orbiter I, inviata per cercare siti adatti agli allunaggi Apollo, scattò e trasmise via radio a Terra questa fotografia del nostro pianeta visto dalla Luna.
Foto 1102H2 del Lunar Orbiter I, 23 agosto 1966. Credit: NASA. |
Fu la prima immagine nitida della Terra: prima di allora, le immagini trasmesse dalle sonde erano state sgranate e a bassa risoluzione. Questa del Lunar Orbiter, invece, come si può vedere negli archivi del Lunar and Planetary Institute e presso la NASA (che fornisce dettagli geografici molto interessanti), aveva una risoluzione di 5478 per 7167 pixel: l'equivalente di quasi 40 megapixel. Nel 1966. Quando qualcuno dice che la tecnologia dell'epoca era troppo primitiva per consentire i viaggi verso la Luna, può essere utile ricordare fatti come questo.
Per fortuna la NASA non si limitò a stampare su pellicola le immagini trasmesse dalla sonda, ma conservò su nastro anche i dati originali inviati dal Lunar Orbiter (che scattava le foto su pellicola, le sviluppava a bordo e ne inviava a Terra una scansione), in modo da poter rielaborare in seguito le immagini e stamparle con tecnologie più moderne. Ma il trionfo delle missioni Apollo, che inclusero anche ricognizioni fotografiche della superficie lunare simili a quelle del Lunar Orbiter, fece trascurare queste prime immagini. I nastri furono conservati ma rimasero inutilizzati e i registratori a bobine analogici da 2 pollici Ampex FR-900 furono dismessi dalla NASA.
Nancy Evans, cofondatrice del Planetary Data System della NASA, ricevette in custodia i nastri del Lunar Orbiter presso il Jet Propulsion Laboratory verso la metà degli anni Ottanta e tentò invano di procurarsi dei registratori FR-900 per riversare digitalmente i vecchi nastri: il progetto fallì per mancanza di fondi.
Evans non si diede per vinta e quando lasciò il lavoro alla NASA portò con sé i registratori, tenendoli in garage per vent'anni. Nel 2007 trovò due sponsor privati, Dennis Wingo e Keith Cowing, che ottennero l'uso di un McDonald's abbandonato all'interno del centro di ricerca Ames della NASA, dove revisionarono i quattro registratori, grandi come frigoriferi, e depositarono i 1500 nastri delle sonde Lunar Orbiter.
Il progetto oggi si chiama LOIRP (Lunar Orbiter Image Recovery Project), ha ricevuto un finanziamento da parte della NASA ed ha iniziato la pubblicazione, presso Moonviews.com, delle immagini restaurate e ripulite scattate quarantacinque anni fa. Maggiori dettagli sono disponibili in un articolo di CollectSpace.
Oltre ad essere testimonianze storiche straordinarie, queste immagini d'epoca hanno anche una funzione pratica: sono la più vecchia registrazione dello stato della superficie lunare e permettono quindi di confrontarne l'evoluzione nel corso di quasi mezzo secolo, valutando per esempio la frequenza degli impatti meteorici, che sono un problema non trascurabile per le future basi permanenti sulla Luna.
Il lavoro di restauro ha dato risultati notevolissimi: qui sotto vedete la porzione centrale della stessa fotografia mostrata all'inizio dell'articolo, prima della versione originale e poi in quella ricostruita direttamente dai nastri originali, elaborata digitalmente e pubblicata da Spaceref.com.
La porzione centrale della foto 1102H2 prima del restauro. Credit: NASA. |
L'immagine precedente restaurata. Credit: NASA/LOIRP. |
Consiglio di cliccarvi sopra ed esaminarla in tutta la sua spettacolare risoluzione.
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Lunar Orbiter
2011/08/17
All'asta la limousine "lunare"
di Paolo Attivissimo
Gizmag segnala che verrà messa all'asta il 19 agosto prossimo la limousine Lehmann-Peterson Lincoln Continental, lunga quasi sette metri, utilizzata per le celebrazioni degli astronauti dell'Apollo 8, dell'Apollo 11 e dell'Apollo 13 al loro rientro sulla Terra, oltre che per la visita a New York di Papa Paolo VI del 1965.
Maggiori dettagli sono pubblicati da Bonhams.com. Il valore stimato è fra 250.000 e 350.000 dollari.
Gizmag segnala che verrà messa all'asta il 19 agosto prossimo la limousine Lehmann-Peterson Lincoln Continental, lunga quasi sette metri, utilizzata per le celebrazioni degli astronauti dell'Apollo 8, dell'Apollo 11 e dell'Apollo 13 al loro rientro sulla Terra, oltre che per la visita a New York di Papa Paolo VI del 1965.
Maggiori dettagli sono pubblicati da Bonhams.com. Il valore stimato è fra 250.000 e 350.000 dollari.
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chicche
2011/08/16
Neil DeGrasse Tyson e i complottisti lunari
di Paolo Attivissimo
– Neil DeGrasse Tyson, astrofisico, su Twitter, 15 agosto 2011
Vuoi sapere qual è il modo migliore per convertire chi nega gli sbarchi lunari? Non farlo. Ci ricordano quanto sembravano magiche, un tempo, le nostre conquiste.
In originale: Best way to convert Moon landing deniers, you ask? Don't. They remind us how magical our achievements once looked.
– Neil DeGrasse Tyson, astrofisico, su Twitter, 15 agosto 2011
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Neil DeGrasse Tyson
2011/08/11
In arrivo foto ancora migliori dei veicoli Apollo sulla Luna?
di Paolo Attivissimo
Universe Today segnala che la sonda automatica Lunar Reconnaissance Orbiter (LRO), attualmente orbitante intorno alla Luna, cambierà la propria orbita per scendere da 50 a 20 chilometri in modo da acquisire immagini ancora più ravvicinate dei luoghi degli allunaggi Apollo.
La variazione di orbita è temporanea e le immagini verranno acquisite fra il 14 e il 19 agosto. Al termine di questa fase la sonda riprenderà la propria orbita standard a 50 chilometri di quota fino a dicembre.
Non è detto che le immagini riprese da questa quota temporanea più bassa siano migliori di quelle finora acquisite: secondo il feed Twitter dell'LRO, infatti, la sonda non rallenterà rispetto alla propria velocità normale (1,6 chilometri al secondo) e quindi è possibile che le immagini siano leggermente mosse.
L'annuncio non lo specifica, ma presumo che si tratti di un'orbita ellittica con periselene di 20 chilometri, non di un'orbita circolare: questo spiegherebbe la velocità della sonda.
Universe Today segnala che la sonda automatica Lunar Reconnaissance Orbiter (LRO), attualmente orbitante intorno alla Luna, cambierà la propria orbita per scendere da 50 a 20 chilometri in modo da acquisire immagini ancora più ravvicinate dei luoghi degli allunaggi Apollo.
La variazione di orbita è temporanea e le immagini verranno acquisite fra il 14 e il 19 agosto. Al termine di questa fase la sonda riprenderà la propria orbita standard a 50 chilometri di quota fino a dicembre.
Non è detto che le immagini riprese da questa quota temporanea più bassa siano migliori di quelle finora acquisite: secondo il feed Twitter dell'LRO, infatti, la sonda non rallenterà rispetto alla propria velocità normale (1,6 chilometri al secondo) e quindi è possibile che le immagini siano leggermente mosse.
L'annuncio non lo specifica, ma presumo che si tratti di un'orbita ellittica con periselene di 20 chilometri, non di un'orbita circolare: questo spiegherebbe la velocità della sonda.
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LRO
2011/08/05
Buzz Aldrin fa causa alla figliastra [UPD 2011/08/17]
di Paolo Attivissimo. L'articolo è stato aggiornato dopo la pubblicazione iniziale.
Dopo la recente notizia del divorzio di Buzz Aldrin dalla terza moglie Lois Driggs Cannon (con lui da 23 anni) e la causa per violazione di contratto contro di lui intentata dalla moglie e dalla figliastra presso la Superior Court di Los Angeles, l'astronauta dell'Apollo 11 torna all'attenzione dei media con una nuova azione legale, stando a TMZ.
L'ottantunenne Aldrin ha avviato una causa contro Lisa Cannon, figlia dell'ex moglie, che aiutava nella gestione della StarBuzz Enterprises LLC, la ditta che coordina il marketing e la promozione dell'astronauta. Nella causa, Aldrin sostiene che Lisa, in qualità di suo assistente legale, lo ha ingannato convincendolo a firmare un accordo che concede alla StarBuzz tutti i diritti sul nome, il lavoro e l'immagine di Aldrin. L'ex moglie e la figliastra detengono oltre il 60% della ditta.
Sempre secondo TMZ, l'azione legale di Aldrin dichiara che Lois e Lisa possiedono "la maggior parte di quanto [Aldrin] ha acquisito dal giorno in cui ha camminato sulla Luna" e chiede che il giudice renda nullo l'accordo.
UPI, ABC News e Courthouse News hanno pubblicato ulteriori dettagli su queste vicende legali il 16 agosto 2011.
Dopo la recente notizia del divorzio di Buzz Aldrin dalla terza moglie Lois Driggs Cannon (con lui da 23 anni) e la causa per violazione di contratto contro di lui intentata dalla moglie e dalla figliastra presso la Superior Court di Los Angeles, l'astronauta dell'Apollo 11 torna all'attenzione dei media con una nuova azione legale, stando a TMZ.
L'ottantunenne Aldrin ha avviato una causa contro Lisa Cannon, figlia dell'ex moglie, che aiutava nella gestione della StarBuzz Enterprises LLC, la ditta che coordina il marketing e la promozione dell'astronauta. Nella causa, Aldrin sostiene che Lisa, in qualità di suo assistente legale, lo ha ingannato convincendolo a firmare un accordo che concede alla StarBuzz tutti i diritti sul nome, il lavoro e l'immagine di Aldrin. L'ex moglie e la figliastra detengono oltre il 60% della ditta.
Sempre secondo TMZ, l'azione legale di Aldrin dichiara che Lois e Lisa possiedono "la maggior parte di quanto [Aldrin] ha acquisito dal giorno in cui ha camminato sulla Luna" e chiede che il giudice renda nullo l'accordo.
UPI, ABC News e Courthouse News hanno pubblicato ulteriori dettagli su queste vicende legali il 16 agosto 2011.
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2011/08/03
"Luna? Sì, ci siamo andati!" in allegato a Coelum
di Paolo Attivissimo
Il numero 151 della rivista italiana di astronomia Coelum include un DVD che raccoglie le annate 2007 e 2008 della rivista, la mappa lunare navigabile ad altissima risoluzione generata dal Lunar Reconnaissance Orbiter e il PDF integrale in alta risoluzione del mio libro "Luna? Sì, ci siamo andati!", dedicato alle teorie di complotto intorno agli sbarchi umani sulla Luna. Il sommario e l'anteprima della rivista sono sfogliabili qui.
Il numero 151 della rivista italiana di astronomia Coelum include un DVD che raccoglie le annate 2007 e 2008 della rivista, la mappa lunare navigabile ad altissima risoluzione generata dal Lunar Reconnaissance Orbiter e il PDF integrale in alta risoluzione del mio libro "Luna? Sì, ci siamo andati!", dedicato alle teorie di complotto intorno agli sbarchi umani sulla Luna. Il sommario e l'anteprima della rivista sono sfogliabili qui.
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2011/07/19
Lo sbarco sulla Luna, visto dieci anni dopo
di Paolo Attivissimo
Discovery Enterprise segnala la presenza su Youtube delle registrazioni amatoriali (tratte da nastri Betamax) di due notevolissimi documentari della BBC datati 1979 e curati dal giornalista James Burke. The Men Who Walked on the Moon e The Other Side of the Moon fotografano un periodo nel quale, a soli dieci anni di distanza dallo sbarco dell'Apollo 11, era ancora possibile radunare facilmente i giovani astronauti Apollo in una stanza e sentirli parlare (e anche battibeccare) sulla storia delle loro avventure ma ancora non si sapeva (ufficialmente) del tentativo russo di battere gli Stati Uniti nella gara lunare.
Al tempo stesso, Burke comincia a smontare il mito della perfezione delle missioni Apollo e a chiarire il vero peso delle motivazioni politiche e per nulla scientifiche dell'impresa, intervistando tutti i protagonisti e raccontando una vasta serie di aneddoti illuminanti mentre visita alcuni dei luoghi più memorabili del progetto Apollo. Che differenza di stile e di toni rispetto a oggi. A proposito, domani è il quarantaduesimo anniversario dello sbarco sulla Luna. Buona visione.
Discovery Enterprise segnala la presenza su Youtube delle registrazioni amatoriali (tratte da nastri Betamax) di due notevolissimi documentari della BBC datati 1979 e curati dal giornalista James Burke. The Men Who Walked on the Moon e The Other Side of the Moon fotografano un periodo nel quale, a soli dieci anni di distanza dallo sbarco dell'Apollo 11, era ancora possibile radunare facilmente i giovani astronauti Apollo in una stanza e sentirli parlare (e anche battibeccare) sulla storia delle loro avventure ma ancora non si sapeva (ufficialmente) del tentativo russo di battere gli Stati Uniti nella gara lunare.
Al tempo stesso, Burke comincia a smontare il mito della perfezione delle missioni Apollo e a chiarire il vero peso delle motivazioni politiche e per nulla scientifiche dell'impresa, intervistando tutti i protagonisti e raccontando una vasta serie di aneddoti illuminanti mentre visita alcuni dei luoghi più memorabili del progetto Apollo. Che differenza di stile e di toni rispetto a oggi. A proposito, domani è il quarantaduesimo anniversario dello sbarco sulla Luna. Buona visione.
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2011/07/15
Nello spazio nessuno può sentirti fischiare
di Paolo Attivissimo. Questo articolo vi arriva grazie alla donazione per il libro “Luna? Sì, ci siamo andati!" di ecclesiaste.e*.
È impossibile fischiare durante una passeggiata spaziale: la scoperta bizzarra è attribuita all'astronauta Dan Barry e risale al 1999, durante la missione Shuttle STS-96. Altri astronauti, come Jeff Hoffman, hanno tentato di fischiare durante l'attività extraveicolare e non ci sono riusciti.
La ragione di quest'impossibilità, secondo Barry, è la pressione. Dentro la tuta spaziale, quando è nel vuoto, la pressione dell'ossigeno puro respirato dagli astronauti è pari a 4,3 psi (libbre per pollice quadrato, circa 0,3 atmosfere) e non ci sono quindi abbastanza molecole d'ossigeno che scivolano fra le labbra.
Questa particolarità è riemersa pochi giorni fa in occasione della passeggiata spaziale di Mike Fossum e Ron Garan, membri dell'equipaggio della missione Shuttle STS-135. Mentre erano nella camera d'equilibrio, già chiusi nelle proprie tute in preparazione per la loro passeggiata, hanno provato a fischiare man mano che la pressione nella camera scendeva a zero. Il calo di pressione esterna ha causato l'espansione della tuta e ha quindi ridotto ulteriormente la pressione interna alla tuta: fischiare è un metodo semplice ed efficace per verificare questa riduzione di pressione. Parlare non permette questa verifica, perché anche alla pressione di 0,3 atmosfere è comunque possibile conversare. Se gli astronauti non riescono a fischiare dentro le proprie tute, sanno che nella camera d'equilibrio in cui si trovano c'è il vuoto.
A bordo della Stazione Spaziale Internazionale, invece, fischiare è possibile, come dimostrato nel video della BBC citato qui sotto nelle fonti. L'aria a bordo della Stazione è infatti a pressione atmosferica normale.
Va notato, tuttavia, che l'astronauta Pete Conrad riuscì con fatica a fischiare durante la sua passeggiata sulla Luna nel 1969, durante la missione Apollo 12 (a 117:22:59, tempo della missione), come si può sentire a 29:32 in questo file audio; tuttavia sembra che il suo fischiettìo breve e non modulato non fu prodotto con le labbra ma facendo passare l'aria fra i denti. Conrad notò, nell'Apollo Lunar Surface Journal, che non riusciva a fischiare a 0,25 atmosfere (la pressione della tuta lunare), a bordo della capsula Apollo e anche a bordo dello Skylab, e aggiunse che fischiare non era possibile neanche a 0,34 atmosfere (5 psi).
Fonti: ABC News, 22/2/2007; BBC (video), 15/7/2011; Discovery.com, 12/7/2011; Spaceref.com; Shuttlepresskit.com; Time, 28/11/1969; Apollo Lunar Surface Journal.
Da sinistra: Pete Conrad, Dick Gordon e Alan Bean, Apollo 12 (1969). Foto 69-H-1554. Credit: NASA |
La ragione di quest'impossibilità, secondo Barry, è la pressione. Dentro la tuta spaziale, quando è nel vuoto, la pressione dell'ossigeno puro respirato dagli astronauti è pari a 4,3 psi (libbre per pollice quadrato, circa 0,3 atmosfere) e non ci sono quindi abbastanza molecole d'ossigeno che scivolano fra le labbra.
Questa particolarità è riemersa pochi giorni fa in occasione della passeggiata spaziale di Mike Fossum e Ron Garan, membri dell'equipaggio della missione Shuttle STS-135. Mentre erano nella camera d'equilibrio, già chiusi nelle proprie tute in preparazione per la loro passeggiata, hanno provato a fischiare man mano che la pressione nella camera scendeva a zero. Il calo di pressione esterna ha causato l'espansione della tuta e ha quindi ridotto ulteriormente la pressione interna alla tuta: fischiare è un metodo semplice ed efficace per verificare questa riduzione di pressione. Parlare non permette questa verifica, perché anche alla pressione di 0,3 atmosfere è comunque possibile conversare. Se gli astronauti non riescono a fischiare dentro le proprie tute, sanno che nella camera d'equilibrio in cui si trovano c'è il vuoto.
A bordo della Stazione Spaziale Internazionale, invece, fischiare è possibile, come dimostrato nel video della BBC citato qui sotto nelle fonti. L'aria a bordo della Stazione è infatti a pressione atmosferica normale.
Va notato, tuttavia, che l'astronauta Pete Conrad riuscì con fatica a fischiare durante la sua passeggiata sulla Luna nel 1969, durante la missione Apollo 12 (a 117:22:59, tempo della missione), come si può sentire a 29:32 in questo file audio; tuttavia sembra che il suo fischiettìo breve e non modulato non fu prodotto con le labbra ma facendo passare l'aria fra i denti. Conrad notò, nell'Apollo Lunar Surface Journal, che non riusciva a fischiare a 0,25 atmosfere (la pressione della tuta lunare), a bordo della capsula Apollo e anche a bordo dello Skylab, e aggiunse che fischiare non era possibile neanche a 0,34 atmosfere (5 psi).
Fonti: ABC News, 22/2/2007; BBC (video), 15/7/2011; Discovery.com, 12/7/2011; Spaceref.com; Shuttlepresskit.com; Time, 28/11/1969; Apollo Lunar Surface Journal.
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2011/07/04
Edgar Mitchell (Apollo 14) accusato di appropriazione indebita di una cinepresa lunare
di Paolo Attivissimo. Questo articolo vi arriva grazie alla donazione di Simone G.
Il 29 giugno scorso il governo statunitense ha depositato presso il tribunale federale di Miami un'azione legale contro l'ex astronauta Edgar Mitchell, uno dei due che effettuarono l'escursione sulla superficie lunare durante la missione Apollo 14 nel 1971. L'accusa è di possesso illegale di una cinepresa di bordo della sua missione (una Data Acquisition Camera simile a quella mostrata qui accanto) e di tentata vendita della cinepresa stessa.
A marzo 2011 la NASA era venuta a sapere che la casa d'aste britannica Bonhams aveva intenzione di mettere all'asta a New York un oggetto descritto come “Movie Camera from the Lunar Surface” (“cinepresa dalla superficie lunare”) e presentato come una delle due cineprese provenienti dal modulo lunare dell'Apollo 14. Secondo la descrizione della Bonhams, la cinepresa proveniva dalla collezione personale di Mitchell, con un valore stimato fra i 60.000 e gli 80.000 dollari.
Secondo i documenti della causa, alla NASA non risulta alcuna traccia della cessione della cinepresa a Mitchell e pertanto l'oggetto apparterebbe ancora alla NASA. I documenti dell'azione legale indicano inoltre che il governo statunitense ha chiesto ripetutamente a Mitchell e al suo avvocato la restituzione della cinepresa, senza mai ricevere risposta.
L'avvocato di Mitchell, Donald Jacobson, ha dichiarato che i dirigenti della NASA erano al corrente del possesso della cinepresa da parte di Mitchell, iniziato quarant'anni fa, e lo avevano approvato. A suo dire, vari oggetti provenienti dalle missioni lunari furono donati agli astronauti.
In attesa della risoluzione della causa, la cinepresa è stata tolta dal catalogo dell'asta. Sul sito ufficiale di Mitchell non ci sono dichiarazioni in merito.
Fonti: Reuters 30/6/2011, Il Messaggero 1/7/2011; CNet, 30/6/2011; Palm Beach Post, 30/6/2011.
Il 29 giugno scorso il governo statunitense ha depositato presso il tribunale federale di Miami un'azione legale contro l'ex astronauta Edgar Mitchell, uno dei due che effettuarono l'escursione sulla superficie lunare durante la missione Apollo 14 nel 1971. L'accusa è di possesso illegale di una cinepresa di bordo della sua missione (una Data Acquisition Camera simile a quella mostrata qui accanto) e di tentata vendita della cinepresa stessa.
A marzo 2011 la NASA era venuta a sapere che la casa d'aste britannica Bonhams aveva intenzione di mettere all'asta a New York un oggetto descritto come “Movie Camera from the Lunar Surface” (“cinepresa dalla superficie lunare”) e presentato come una delle due cineprese provenienti dal modulo lunare dell'Apollo 14. Secondo la descrizione della Bonhams, la cinepresa proveniva dalla collezione personale di Mitchell, con un valore stimato fra i 60.000 e gli 80.000 dollari.
Secondo i documenti della causa, alla NASA non risulta alcuna traccia della cessione della cinepresa a Mitchell e pertanto l'oggetto apparterebbe ancora alla NASA. I documenti dell'azione legale indicano inoltre che il governo statunitense ha chiesto ripetutamente a Mitchell e al suo avvocato la restituzione della cinepresa, senza mai ricevere risposta.
L'avvocato di Mitchell, Donald Jacobson, ha dichiarato che i dirigenti della NASA erano al corrente del possesso della cinepresa da parte di Mitchell, iniziato quarant'anni fa, e lo avevano approvato. A suo dire, vari oggetti provenienti dalle missioni lunari furono donati agli astronauti.
In attesa della risoluzione della causa, la cinepresa è stata tolta dal catalogo dell'asta. Sul sito ufficiale di Mitchell non ci sono dichiarazioni in merito.
Fonti: Reuters 30/6/2011, Il Messaggero 1/7/2011; CNet, 30/6/2011; Palm Beach Post, 30/6/2011.
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2011/06/29
Buzz Aldrin alla prima di Transformers 3
di Paolo Attivissimo
La trama di Transformers 3 si svolge in parte sulla Luna e vede fra i protagonisti Buzz Aldrin e Neil Armstrong da giovani (interpretati da attori) durante la loro missione lunare. Il vero Aldrin era presente, poche ore fa, alla presentazione del film a New York, come mostrato dalla foto qui accanto, che è cliccabile per ingrandirla. Notate il saluto vulcaniano.
Aldrin ha recentemente avviato le pratiche di divorzio per “differenze inconciliabili” fra lui e la moglie Lois Driggs Cannon, che per ammissione dello stesso Aldrin lo ha salvato dalla depressione e dall'alcolismo. Erano sposati dal 1988 (TMZ; CNN; ET Online). Per contro la moglie e la figliastra Lisa Cannon hanno avviato una causa per violazione di contratto nei confronti di Aldrin in relazione alla società Starbuzz, di cui i tre sono soci (ET Online; TMZ). La vita sulla Terra è molto più complicata di quella sulla Luna.
La trama di Transformers 3 si svolge in parte sulla Luna e vede fra i protagonisti Buzz Aldrin e Neil Armstrong da giovani (interpretati da attori) durante la loro missione lunare. Il vero Aldrin era presente, poche ore fa, alla presentazione del film a New York, come mostrato dalla foto qui accanto, che è cliccabile per ingrandirla. Notate il saluto vulcaniano.
Aldrin ha recentemente avviato le pratiche di divorzio per “differenze inconciliabili” fra lui e la moglie Lois Driggs Cannon, che per ammissione dello stesso Aldrin lo ha salvato dalla depressione e dall'alcolismo. Erano sposati dal 1988 (TMZ; CNN; ET Online). Per contro la moglie e la figliastra Lisa Cannon hanno avviato una causa per violazione di contratto nei confronti di Aldrin in relazione alla società Starbuzz, di cui i tre sono soci (ET Online; TMZ). La vita sulla Terra è molto più complicata di quella sulla Luna.
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2011/06/27
Apollo 15 nella mappa lunare del Lunar Reconnaissance Orbiter
di Paolo Attivissimo. L'articolo è stato aggiornato dopo la pubblicazione iniziale.
Presso http://wms.lroc.asu.edu/lroc#damoon e http://target.lroc.asu.edu/da/qmap.html sono disponibili due mappe interattive della Luna, basate sulle immagini raccolte dalla sonda Lunar Reconnaissance Orbiter che sta orbitando intorno al nostro satellite dal 2009. È la stessa sonda che ci ha regalato l'immagine da 500 megabyte della faccia visibile della Luna.
Grazie al lavoro di ricerca di Danny Caes, membro di ProjectApollo, e del lettore Stephen McPuppa è possibile esplorare alcuni punti significativi di queste mappe, come quello che vi propongo adesso.
Partiamo dalla prima mappa, la WMS Image Map:
Immettiamo 26.132 nella casella Center Latitude e 3.658 nella casella Center Longitude e poi clicchiamo su Recenter. La Luna è vista da un'angolazione differente rispetto a quella precedente, che era centrata sull'equatore lunare e sulla longitudine zero: ora è centrata esattamente sopra il luogo di allunaggio della missione Apollo 15.
Possiamo ora ingrandire e ricentrare progressivamente l'immagine:
La risoluzione di questa mappa si ferma a questo punto, quando l'inquadratura presenta la porzione di superficie lunare mostrata qui accanto e delimitata dal quadrato rosso. Ma possiamo proseguire cambiando mappa e passando alla ACT-REACT Quick Map e immettendo gli stessi dati (3.658 nella casella Lon e 26.132 nella casella Lat).
Clicchiamo sul segno "+" in alto a destra e disattiviamo l'opzione Nac footprints (che traccia linee rosse che ora non ci interessano); clicchiamo sul segno "-" in basso a destra per disattivare la vista d'insieme.
Selezioniamo 500 m/pix, ossia la risoluzione alla quale un pixel corrisponde a cinquecento metri, e a seconda delle dimensioni della finestra del browser otteniamo un'immagine che corrisponde sostanzialmente a quella finale della mappa precedente. Solo che stavolta possiamo aumentare ancora la risoluzione scegliendo valori più piccoli per m/pix:
Centrando e ingrandendo, si ottiene questa immagine:
La stessa visualizzazione è possibile per gli altri veicoli Apollo a coordinate leggermente sfalsate rispetto a quelle riportate qui:
Apollo 11: Lon 23.435, Lat 0.672 (link)
Apollo 12: Lon -23.422, Lat -3.01 (link)
Apollo 14: Lon -17.476, Lat -3.646 (link)
Apollo 15: Lon 3.658, Lat 26.132 (link)
Apollo 16: Lon 15.500, Lat -8.977 (link)
Apollo 17: Lon 30.75, Lat 20.19 (link)
Presso http://wms.lroc.asu.edu/lroc#damoon e http://target.lroc.asu.edu/da/qmap.html sono disponibili due mappe interattive della Luna, basate sulle immagini raccolte dalla sonda Lunar Reconnaissance Orbiter che sta orbitando intorno al nostro satellite dal 2009. È la stessa sonda che ci ha regalato l'immagine da 500 megabyte della faccia visibile della Luna.
Grazie al lavoro di ricerca di Danny Caes, membro di ProjectApollo, e del lettore Stephen McPuppa è possibile esplorare alcuni punti significativi di queste mappe, come quello che vi propongo adesso.
Partiamo dalla prima mappa, la WMS Image Map:
Immettiamo 26.132 nella casella Center Latitude e 3.658 nella casella Center Longitude e poi clicchiamo su Recenter. La Luna è vista da un'angolazione differente rispetto a quella precedente, che era centrata sull'equatore lunare e sulla longitudine zero: ora è centrata esattamente sopra il luogo di allunaggio della missione Apollo 15.
Possiamo ora ingrandire e ricentrare progressivamente l'immagine:
La risoluzione di questa mappa si ferma a questo punto, quando l'inquadratura presenta la porzione di superficie lunare mostrata qui accanto e delimitata dal quadrato rosso. Ma possiamo proseguire cambiando mappa e passando alla ACT-REACT Quick Map e immettendo gli stessi dati (3.658 nella casella Lon e 26.132 nella casella Lat).
Clicchiamo sul segno "+" in alto a destra e disattiviamo l'opzione Nac footprints (che traccia linee rosse che ora non ci interessano); clicchiamo sul segno "-" in basso a destra per disattivare la vista d'insieme.
Selezioniamo 500 m/pix, ossia la risoluzione alla quale un pixel corrisponde a cinquecento metri, e a seconda delle dimensioni della finestra del browser otteniamo un'immagine che corrisponde sostanzialmente a quella finale della mappa precedente. Solo che stavolta possiamo aumentare ancora la risoluzione scegliendo valori più piccoli per m/pix:
C'è un po' di confusione da 32 m/pix fino a 2 m/pix a causa della sovrapposizione di varie immagini della stessa zona che non sono perfettamente allineate fra loro, poi l'immagine ritorna nitida. La porzione che ci interessa è quella segnata nell'immagine qui sotto:
Ingrandendo quella porzione si ottiene questa immagine, che in basso a destra mostra un puntino chiaro circondato da un alone molto scuro: è lo stadio di discesa dell'Apollo 15.
Gli altri punti luminosi sono rispettivamente il Rover (l'automobile elettrica, a destra) e gli strumenti della serie ALSEP (a sinistra). Le linee irregolari scure sono le tracce delle impronte degli astronauti, immutate dopo quarant'anni.
La stessa visualizzazione è possibile per gli altri veicoli Apollo a coordinate leggermente sfalsate rispetto a quelle riportate qui:
Apollo 11: Lon 23.435, Lat 0.672 (link)
Apollo 12: Lon -23.422, Lat -3.01 (link)
Apollo 14: Lon -17.476, Lat -3.646 (link)
Apollo 15: Lon 3.658, Lat 26.132 (link)
Apollo 16: Lon 15.500, Lat -8.977 (link)
Apollo 17: Lon 30.75, Lat 20.19 (link)
2011/06/25
Recuperata la polvere lunare rubata dell'Apollo 11
di Paolo Attivissimo
Nel 1969, il fotografo della NASA Terry Slezak fu incaricato di sviluppare la pellicola proveniente da una fotocamera utilizzata durante la missione Apollo 11. Nell'aprire uno dei caricatori di pellicola, il caricatore S, si trovò le mani coperte di polvere lunare. Il caricatore era infatti caduto sulla Luna e s'era impolverato, come documentato dall'Apollo Lunar Surface Journal, a 111:31:04 (Mag S Rescue).
Slezak divenne così il primo uomo ad entrare in diretto contatto con del materiale lunare. Poiché all'epoca si temeva che la Luna potesse ospitare agenti patogeni, anche Slezak fu messo in quarantena come gli astronauti dell'Apollo 11 (Nasa.gov).
Slezak si pulì le mani usando degli asciugamani e del nastro adesivo e poi conservò un pezzo di nastro, che in seguito attaccò a un poster (a sinistra in questa foto) che gli era stato donato, autografato dagli astronauti dell'Apollo 11.
Il poster, valutato intorno ai 35.000 dollari (CollectSpace), fu venduto all'asta in Germania nel 2001 e a giugno del 2011 un pezzetto del nastro (nel frattempo suddiviso in porzioni vendute separatamente ad acquirenti ignoti) stava per tornare all'asta a St. Louis, in Missouri, presso la Regency-Superior Auctions (foto qui accanto, tratta da Justice.gov).
Ma i funzionari federali statunitensi ne sono venuti a conoscenza e sono intervenuti gli investigatori della NASA: d'intesa con la casa d'aste, specializzata in oggetti riguardanti le missioni spaziali, il reperto lunare è stato tolto dall'asta. La proprietaria attuale aveva ereditato la polvere di Luna dal marito e l'ha restituita al governo statunitense, che ne era il legittimo proprietario.
Negli Stati Uniti non è illegale possedere campioni di roccia o polvere lunare proveniente dalle missioni Apollo, ma è illegale la sottrazione o ricettazione di qualunque oggetto di proprietà governativa, comprese quindi le rocce lunari Apollo (CollectSpace; Forbes). Infatti i campioni lunari Apollo che sono in circolazione vengono solo prestati a funzionari governativi e ricercatori, ma restano di proprietà del governo. Il materiale lunare raccolto da Slezak non gli era mai stato dato formalmente e quindi era ancora proprietà governativa. Esiste un vero e proprio mercato nero di polvere e rocce lunari provenienti dalle missioni Apollo e sottratte indebitamente al governo USA (Boingboing). Chi non volesse correre rischi può comunque acquistare pezzetti di Luna di origine meteorica, sui quali non c'è alcun vincolo governativo.
La polvere rubata è stata riportata ai laboratori del Johnson Space Center a Houston, in Texas. I test preliminari confermano che si tratta con tutta probabilità di materiale lunare.
Fonti: BBC, Justice.gov, Time Magazine.
Nel 1969, il fotografo della NASA Terry Slezak fu incaricato di sviluppare la pellicola proveniente da una fotocamera utilizzata durante la missione Apollo 11. Nell'aprire uno dei caricatori di pellicola, il caricatore S, si trovò le mani coperte di polvere lunare. Il caricatore era infatti caduto sulla Luna e s'era impolverato, come documentato dall'Apollo Lunar Surface Journal, a 111:31:04 (Mag S Rescue).
Slezak divenne così il primo uomo ad entrare in diretto contatto con del materiale lunare. Poiché all'epoca si temeva che la Luna potesse ospitare agenti patogeni, anche Slezak fu messo in quarantena come gli astronauti dell'Apollo 11 (Nasa.gov).
Slezak si pulì le mani usando degli asciugamani e del nastro adesivo e poi conservò un pezzo di nastro, che in seguito attaccò a un poster (a sinistra in questa foto) che gli era stato donato, autografato dagli astronauti dell'Apollo 11.
Il poster, valutato intorno ai 35.000 dollari (CollectSpace), fu venduto all'asta in Germania nel 2001 e a giugno del 2011 un pezzetto del nastro (nel frattempo suddiviso in porzioni vendute separatamente ad acquirenti ignoti) stava per tornare all'asta a St. Louis, in Missouri, presso la Regency-Superior Auctions (foto qui accanto, tratta da Justice.gov).
Ma i funzionari federali statunitensi ne sono venuti a conoscenza e sono intervenuti gli investigatori della NASA: d'intesa con la casa d'aste, specializzata in oggetti riguardanti le missioni spaziali, il reperto lunare è stato tolto dall'asta. La proprietaria attuale aveva ereditato la polvere di Luna dal marito e l'ha restituita al governo statunitense, che ne era il legittimo proprietario.
Negli Stati Uniti non è illegale possedere campioni di roccia o polvere lunare proveniente dalle missioni Apollo, ma è illegale la sottrazione o ricettazione di qualunque oggetto di proprietà governativa, comprese quindi le rocce lunari Apollo (CollectSpace; Forbes). Infatti i campioni lunari Apollo che sono in circolazione vengono solo prestati a funzionari governativi e ricercatori, ma restano di proprietà del governo. Il materiale lunare raccolto da Slezak non gli era mai stato dato formalmente e quindi era ancora proprietà governativa. Esiste un vero e proprio mercato nero di polvere e rocce lunari provenienti dalle missioni Apollo e sottratte indebitamente al governo USA (Boingboing). Chi non volesse correre rischi può comunque acquistare pezzetti di Luna di origine meteorica, sui quali non c'è alcun vincolo governativo.
La polvere rubata è stata riportata ai laboratori del Johnson Space Center a Houston, in Texas. I test preliminari confermano che si tratta con tutta probabilità di materiale lunare.
Terry Slezak. Foto NASA S69-40054. |
2011/06/14
“Luna?” in EPUB gratuito [UPD 2011/06/16]
Come promesso a suo tempo, il testo integrale del mio libro “Luna? Sì, ci siamo andati!”, che smonta una per una le tesi di cospirazione intorno agli sbarchi lunari e racconta aspetti poco noti ma intriganti di queste missioni spaziali, è da oggi disponibile anche in versione EPUB per lettori di e-book.
Il file EPUB è privo di lucchetti digitali ed è liberamente copiabile e distribuibile. Tutti i dettagli sono disponibili qui, insieme alle istruzioni per scaricare la versione PDF o acquistare l'edizione cartacea (o mandarmi una donazione, se quello che leggete vi piace e volete incentivarmi a scrivere ancora).
Siccome questo è il mio primo e-book interamente autoprodotto, vi chiedo un debug rigoroso e un test sui vostri lettori di e-book: indicate nei commenti qui sotto marca e modello e gli eventuali problemi riscontrati.
Preparerò la versione per Kindle dopo aver completato il debug della versione EPUB.
Se l'esperimento ha successo, scriverò altri libri digitali utilizzando le stesse tecniche e la stessa formula, dando anche l'opzione di acquistare l'e-book tramite i normali canali di vendita per chi non vuole tribolare con il download gratuito ma manuale.
Per i curiosi: ho esportato il file ODT del libro (che è il master, scritto con NeoOffice/OpenOffice.org), convertendolo in HTML, e poi l'ho dato in pasto a Sigil, editor di EPUB multipiattaforma. È stato comunque necessario un lavoro massiccio di ripulitura manuale del codice e di ristrutturazione del testo in Sigil, per cui ho colto l'occasione per aggiornare qua e là il libro e inserire versioni differenti delle fotografie che dovrebbero essere più fruibili su un lettore di e-book. Buona lettura e buon debug!
Con l'aiuto dei vostri consigli e delle vostre segnalazioni ho pubblicato una versione aggiornata del file EPUB, la 0.92.
Il file EPUB è privo di lucchetti digitali ed è liberamente copiabile e distribuibile. Tutti i dettagli sono disponibili qui, insieme alle istruzioni per scaricare la versione PDF o acquistare l'edizione cartacea (o mandarmi una donazione, se quello che leggete vi piace e volete incentivarmi a scrivere ancora).
Siccome questo è il mio primo e-book interamente autoprodotto, vi chiedo un debug rigoroso e un test sui vostri lettori di e-book: indicate nei commenti qui sotto marca e modello e gli eventuali problemi riscontrati.
Preparerò la versione per Kindle dopo aver completato il debug della versione EPUB.
Se l'esperimento ha successo, scriverò altri libri digitali utilizzando le stesse tecniche e la stessa formula, dando anche l'opzione di acquistare l'e-book tramite i normali canali di vendita per chi non vuole tribolare con il download gratuito ma manuale.
Per i curiosi: ho esportato il file ODT del libro (che è il master, scritto con NeoOffice/OpenOffice.org), convertendolo in HTML, e poi l'ho dato in pasto a Sigil, editor di EPUB multipiattaforma. È stato comunque necessario un lavoro massiccio di ripulitura manuale del codice e di ristrutturazione del testo in Sigil, per cui ho colto l'occasione per aggiornare qua e là il libro e inserire versioni differenti delle fotografie che dovrebbero essere più fruibili su un lettore di e-book. Buona lettura e buon debug!
Aggiornamento (2011/06/16)
Con l'aiuto dei vostri consigli e delle vostre segnalazioni ho pubblicato una versione aggiornata del file EPUB, la 0.92.
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2011/06/01
Stelle nelle foto spaziali (finalmente)
di Paolo Attivissimo
Dalla Stazione Spaziale Internazionale è arrivata ieri questa magnifica fotografia dello Shuttle Endeavour attraccato alla Stazione, con un cielo riccamente stellato e le luci notturne delle città sorvolate dal complesso orbitante. L'originale ad alta risoluzione è disponibile qui.
Uno dei tormentoni del lunacomplottismo è la tesi che nelle fotografie scattate sulla Luna si dovrebbero vedere le stelle in cielo, e questa foto può sembrare una prova a supporto di questa tesi, ma occorre fare attenzione a un dettaglio importante: questa fotografia dello Shuttle mostra il cielo stellato perché è stata scattata regolando la fotocamera per tenere conto della poca luce notturna. I dati EXIF nell'immagine riportano una sensibilità di ben 25600 ISO, un diaframma regolato a f/2.8 e un tempo di posa di ben 3 secondi (per questo le luci delle città sono striate e mosse).
Le fotografie lunari, invece, furono scattate regolando la fotocamera per la luce diurna, quindi con tempi di posa, diaframmi e sensibilità molto inferiori (1/250, f/11, 160 ISO). Infatti le stelle mancano anche nelle fotografie scattate dalla Stazione Spaziale Internazionale, quando vengono fatte durante il sorvolo della faccia illuminata della Terra. Lo si nota per esempio nella foto qui sotto, tratta dalla medesima visita dello Shuttle Endeavour alla Stazione (l'originale ad alta risoluzione è qui):
I dati EXIF di questa seconda immagine sono 1/320, f/10.5, 200 ISO. In altre parole, valori che raccolgono molta meno luce di quella in cui si vedono le stelle.
Le foto di oggi, insomma, confermano visivamente quanto già spiegato a suo tempo dagli esperti: nelle foto scattate di giorno sulla Luna, regolate per luce diurna, non ci sono le stelle perché non ci devono essere.
Credit: NASA. |
Dalla Stazione Spaziale Internazionale è arrivata ieri questa magnifica fotografia dello Shuttle Endeavour attraccato alla Stazione, con un cielo riccamente stellato e le luci notturne delle città sorvolate dal complesso orbitante. L'originale ad alta risoluzione è disponibile qui.
Uno dei tormentoni del lunacomplottismo è la tesi che nelle fotografie scattate sulla Luna si dovrebbero vedere le stelle in cielo, e questa foto può sembrare una prova a supporto di questa tesi, ma occorre fare attenzione a un dettaglio importante: questa fotografia dello Shuttle mostra il cielo stellato perché è stata scattata regolando la fotocamera per tenere conto della poca luce notturna. I dati EXIF nell'immagine riportano una sensibilità di ben 25600 ISO, un diaframma regolato a f/2.8 e un tempo di posa di ben 3 secondi (per questo le luci delle città sono striate e mosse).
Le fotografie lunari, invece, furono scattate regolando la fotocamera per la luce diurna, quindi con tempi di posa, diaframmi e sensibilità molto inferiori (1/250, f/11, 160 ISO). Infatti le stelle mancano anche nelle fotografie scattate dalla Stazione Spaziale Internazionale, quando vengono fatte durante il sorvolo della faccia illuminata della Terra. Lo si nota per esempio nella foto qui sotto, tratta dalla medesima visita dello Shuttle Endeavour alla Stazione (l'originale ad alta risoluzione è qui):
Credit: NASA. |
Le foto di oggi, insomma, confermano visivamente quanto già spiegato a suo tempo dagli esperti: nelle foto scattate di giorno sulla Luna, regolate per luce diurna, non ci sono le stelle perché non ci devono essere.
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stelle mancanti
2011/05/27
Riflessione per i lunacomplottisti
di Paolo Attivissimo
Domanda semplice per tutti coloro che sospettano o affermano che le fotografie, i video e i filmati delle escursioni lunari sono falsi girati su un set: come sarebbe stato possibile fare le riprese sul set senza inquadrare il cameraman e la troupe riflessi nelle visiere dorate dei caschi?
Tenete presente che nel 1969 non c'era Photoshop.
Se non avete questo genere di dubbi, girate la domanda a qualcuno che li ha, e intanto che si arrovella per trovare una soluzione godetevi invece questa bella fotografia del casco di Jim Lovell, mai utilizzato per un'escursione lunare a causa dell'incidente che colpì la missione Apollo 13 e oggi esposto all'Adler Planetarium di Chicago. L'originale, di Jeff Stvan, è qui su Flickr, insieme alla cuff checklist e al guanto sinistro dello stesso Lovell.
Notate il riflesso inevitabile del fotografo al centro della visiera.
Domanda semplice per tutti coloro che sospettano o affermano che le fotografie, i video e i filmati delle escursioni lunari sono falsi girati su un set: come sarebbe stato possibile fare le riprese sul set senza inquadrare il cameraman e la troupe riflessi nelle visiere dorate dei caschi?
Tenete presente che nel 1969 non c'era Photoshop.
Se non avete questo genere di dubbi, girate la domanda a qualcuno che li ha, e intanto che si arrovella per trovare una soluzione godetevi invece questa bella fotografia del casco di Jim Lovell, mai utilizzato per un'escursione lunare a causa dell'incidente che colpì la missione Apollo 13 e oggi esposto all'Adler Planetarium di Chicago. L'originale, di Jeff Stvan, è qui su Flickr, insieme alla cuff checklist e al guanto sinistro dello stesso Lovell.
Notate il riflesso inevitabile del fotografo al centro della visiera.
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Apollo 13,
Jim Lovell
2011/05/14
Debunking delle tesi di complotto lunare alla Radiotelevisione Svizzera
di Paolo Attivissimo
L'11 aprile scorso ho partecipato alla diretta notturna della Radiotelevisione Svizzera per parlare di tesi di complotto lunare e di vere chicche dell'esplorazione spaziale. In attesa che la RSI pubblichi il podcast, ho messo a vostra disposizione su Attivissimo.net il file MP3 (73 MB, circa 70 minuti). Buon ascolto.
L'11 aprile scorso ho partecipato alla diretta notturna della Radiotelevisione Svizzera per parlare di tesi di complotto lunare e di vere chicche dell'esplorazione spaziale. In attesa che la RSI pubblichi il podcast, ho messo a vostra disposizione su Attivissimo.net il file MP3 (73 MB, circa 70 minuti). Buon ascolto.
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debunking
2011/05/01
Voli umani commerciali intorno alla Luna
di Paolo Attivissimo
La Space Adventures, la società che da ormai dieci anni organizza voli spaziali privati per passeggeri molto facoltosi, propone ora un volo umano circumlunare. Il volo avverrà a bordo di una capsula Soyuz appositamente modificata, che entrerà inizialmente in orbita terrestre, dove poi si accoppierà con un veicolo propulsore automatico lanciato separatamente.
Il propulsore verrà poi acceso per accelerare la capsula fino alla velocità sufficiente per compiere un'orbita ellittica molto allungata, che la porterà a girare intorno alla Luna, a circa 100 chilometri di distanza dalla superficie, per poi rientrare a Terra.
La missione durerà complessivamente sette o otto giorni, potrebbe comprendere una tappa presso la Stazione Spaziale Internazionale e consentirà ai passeggeri di vedere con i propri occhi la superficie della Luna da vicino, compresa la faccia nascosta, come l'hanno vista sinora soltanto una ventina di persone al mondo. Potranno assistere anche allo spettacolo della Terra che sorge da dietro la Luna.
Il prezzo è stratosferico: Space.com parla di circa 150 milioni di dollari a testa per ciascuno dei due passeggeri, rispetto ai 20-35 milioni dei voli privati verso la Stazione Spaziale Internazionale. Ciononostante, Space Adventures dice di avere già un cliente pagante. Se si farà avanti un secondo cliente, la missione potrebbe essere effettuata nel giro di tre-cinque anni.
L'idea che dopo quasi cinquant'anni si tornerà a volare verso la Luna, come fece per la prima volta l'Apollo 8 nel 1968, e che stavolta saranno i privati a farlo, è indubbiamente affascinante per chiunque sia appassionato delle missioni spaziali. Lo è molto meno, invece, per i cospirazionisti che negano le missioni lunari Apollo.
Queste persone, infatti, hanno spesso argomentato che lo sbarco umano sulla Luna è un falso perché le radiazioni delle fasce di Van Allen e le radiazioni cosmiche dello spazio profondo avrebbero ucciso qualunque astronauta che si fosse avventurato al di fuori dell'orbita terrestre senza schermature pesantissime, inesistenti nei veicoli spaziali dell'era Apollo (e anche in quelli odierni). Ma il volo circumlunare della Space Adventures, effettuato con ampia possibilità di verifica telescopica, stroncherebbe definitivamente questo caposaldo del cospirazionismo.
Per farla breve: i lunacomplottisti dicono che i voli umani verso la Luna sono impossibili. Allora come mai la Space Adventures li sta proponendo? Sarà interessante leggere le loro giustificazioni.
La Space Adventures, la società che da ormai dieci anni organizza voli spaziali privati per passeggeri molto facoltosi, propone ora un volo umano circumlunare. Il volo avverrà a bordo di una capsula Soyuz appositamente modificata, che entrerà inizialmente in orbita terrestre, dove poi si accoppierà con un veicolo propulsore automatico lanciato separatamente.
Il propulsore verrà poi acceso per accelerare la capsula fino alla velocità sufficiente per compiere un'orbita ellittica molto allungata, che la porterà a girare intorno alla Luna, a circa 100 chilometri di distanza dalla superficie, per poi rientrare a Terra.
La missione durerà complessivamente sette o otto giorni, potrebbe comprendere una tappa presso la Stazione Spaziale Internazionale e consentirà ai passeggeri di vedere con i propri occhi la superficie della Luna da vicino, compresa la faccia nascosta, come l'hanno vista sinora soltanto una ventina di persone al mondo. Potranno assistere anche allo spettacolo della Terra che sorge da dietro la Luna.
Il prezzo è stratosferico: Space.com parla di circa 150 milioni di dollari a testa per ciascuno dei due passeggeri, rispetto ai 20-35 milioni dei voli privati verso la Stazione Spaziale Internazionale. Ciononostante, Space Adventures dice di avere già un cliente pagante. Se si farà avanti un secondo cliente, la missione potrebbe essere effettuata nel giro di tre-cinque anni.
L'idea che dopo quasi cinquant'anni si tornerà a volare verso la Luna, come fece per la prima volta l'Apollo 8 nel 1968, e che stavolta saranno i privati a farlo, è indubbiamente affascinante per chiunque sia appassionato delle missioni spaziali. Lo è molto meno, invece, per i cospirazionisti che negano le missioni lunari Apollo.
Queste persone, infatti, hanno spesso argomentato che lo sbarco umano sulla Luna è un falso perché le radiazioni delle fasce di Van Allen e le radiazioni cosmiche dello spazio profondo avrebbero ucciso qualunque astronauta che si fosse avventurato al di fuori dell'orbita terrestre senza schermature pesantissime, inesistenti nei veicoli spaziali dell'era Apollo (e anche in quelli odierni). Ma il volo circumlunare della Space Adventures, effettuato con ampia possibilità di verifica telescopica, stroncherebbe definitivamente questo caposaldo del cospirazionismo.
Per farla breve: i lunacomplottisti dicono che i voli umani verso la Luna sono impossibili. Allora come mai la Space Adventures li sta proponendo? Sarà interessante leggere le loro giustificazioni.
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2011/04/30
Neil Armstrong seguace di Sai Baba?
di Paolo Attivissimo. L'articolo è stato aggiornato dopo la pubblicazione iniziale.
Numerose testate giornalistiche, in occasione della recente morte del santone indiano Sai Baba, hanno aggiunto un dettaglio intrigante: Neil Armstrong, l'astronauta che insieme a Buzz Aldrin mosse i primi passi dell'umanità sulla Luna, sarebbe stato fra gli adepti di Sai Baba. Per esempio, La Stampa ha pubblicato un articolo intitolato “I Beatles, Craxi, e Neil Armstrong stregati dal guru” e l'asserzione è stata ripresa anche in un altro articolo dello stesso giornale e dal TGCom: “E perfino il primo uomo sulla luna, l'astronauta Neil Armstrong, non e' sfuggito al fascino del guru indiano”. Anche la Radiotelevisione Svizzera ne ha parlato nella puntata di Modem del 27 aprile scorso.
Stranamente, però, non ho trovato nessun accenno a Neil Armstrong sul sito Sathyasai.org, curato dai seguaci di Sai Baba, e anzi varie fonti critiche nei confronti di Sai Baba indicano che l'affiliazione citata dai giornali è priva di fondamento.
La fonte degli articoli giornalistici sembra essere una notizia d'agenzia, specificamente un'ANSA delle 8:00 del 24 aprile, nella quale viene riportata esattamente la frase citata dal TGCom, cambiandone solo la grafia: “E perfino il primo uomo sulla Luna, l'astronauta Neil Armstrong, non è sfuggito al fascino del guru indiano.”
Può parere strano che un uomo moderato e riservatissimo come Armstrong, noto per la sua passione per la tecnologia, per il suo distacco e per il suo sangue freddo, si sia legato a un guru controverso come Sai Baba, ma è anche vero che numerosi astronauti hanno vissuto conversioni religiose molto profonde in seguito all'esperienza del proprio viaggio spaziale. Come stanno realmente le cose? Se un uomo di ghiaccio si fosse sciolto di fronte a un guru, sarebbe certamente uno scoop. Ma potrebbe essere anche un'invenzione per aumentare il prestigio di un'organizzazione religiosa sfruttando l'immagine di Armstrong.
Ho contattato l'ANSA il 25 aprile 2011 per sapere da dove provenisse la notizia, ma a tutt'oggi non ho ricevuto risposta. Chiedere lumi al diretto interessato sembrerebbe impossibile: Armstrong è miticamente schivo e riluttante a comunicare con i giornalisti o a prendere parte a diatribe che riguardino la sua vita personale.
Ma ci ho provato lo stesso: ho contattato James Hansen, biografo ufficiale di Neil Armstrong (nel monumentale libro First Man), che ha inoltrato all'astronauta la mia domanda. Nel giro di ventiquattr'ore ho ricevuto via mail una risposta diretta personale da Armstrong, nella quale l'astronauta scrive, con la semplice e diretta concisione che lo caratterizza, che non sapeva neppure dell'esistenza di Sai Baba, non ha mai comunicato in alcun modo con i suoi associati o seguaci, e non è sorpreso dell'asserzione che lo riguarda, dato che molte organizzazioni religiose l'hanno indicato come loro membro.
L'indagine antibufala rivela quindi inaspettatamente due bufale mediatiche anziché una: la prima è l'asserita affiliazione di Neil Armstrong al movimento religioso di Sai Baba, la seconda è la presunta irraggiungibilità del primo uomo sulla Luna.
Numerose testate giornalistiche, in occasione della recente morte del santone indiano Sai Baba, hanno aggiunto un dettaglio intrigante: Neil Armstrong, l'astronauta che insieme a Buzz Aldrin mosse i primi passi dell'umanità sulla Luna, sarebbe stato fra gli adepti di Sai Baba. Per esempio, La Stampa ha pubblicato un articolo intitolato “I Beatles, Craxi, e Neil Armstrong stregati dal guru” e l'asserzione è stata ripresa anche in un altro articolo dello stesso giornale e dal TGCom: “E perfino il primo uomo sulla luna, l'astronauta Neil Armstrong, non e' sfuggito al fascino del guru indiano”. Anche la Radiotelevisione Svizzera ne ha parlato nella puntata di Modem del 27 aprile scorso.
Stranamente, però, non ho trovato nessun accenno a Neil Armstrong sul sito Sathyasai.org, curato dai seguaci di Sai Baba, e anzi varie fonti critiche nei confronti di Sai Baba indicano che l'affiliazione citata dai giornali è priva di fondamento.
La fonte degli articoli giornalistici sembra essere una notizia d'agenzia, specificamente un'ANSA delle 8:00 del 24 aprile, nella quale viene riportata esattamente la frase citata dal TGCom, cambiandone solo la grafia: “E perfino il primo uomo sulla Luna, l'astronauta Neil Armstrong, non è sfuggito al fascino del guru indiano.”
Può parere strano che un uomo moderato e riservatissimo come Armstrong, noto per la sua passione per la tecnologia, per il suo distacco e per il suo sangue freddo, si sia legato a un guru controverso come Sai Baba, ma è anche vero che numerosi astronauti hanno vissuto conversioni religiose molto profonde in seguito all'esperienza del proprio viaggio spaziale. Come stanno realmente le cose? Se un uomo di ghiaccio si fosse sciolto di fronte a un guru, sarebbe certamente uno scoop. Ma potrebbe essere anche un'invenzione per aumentare il prestigio di un'organizzazione religiosa sfruttando l'immagine di Armstrong.
Ho contattato l'ANSA il 25 aprile 2011 per sapere da dove provenisse la notizia, ma a tutt'oggi non ho ricevuto risposta. Chiedere lumi al diretto interessato sembrerebbe impossibile: Armstrong è miticamente schivo e riluttante a comunicare con i giornalisti o a prendere parte a diatribe che riguardino la sua vita personale.
Ma ci ho provato lo stesso: ho contattato James Hansen, biografo ufficiale di Neil Armstrong (nel monumentale libro First Man), che ha inoltrato all'astronauta la mia domanda. Nel giro di ventiquattr'ore ho ricevuto via mail una risposta diretta personale da Armstrong, nella quale l'astronauta scrive, con la semplice e diretta concisione che lo caratterizza, che non sapeva neppure dell'esistenza di Sai Baba, non ha mai comunicato in alcun modo con i suoi associati o seguaci, e non è sorpreso dell'asserzione che lo riguarda, dato che molte organizzazioni religiose l'hanno indicato come loro membro.
L'indagine antibufala rivela quindi inaspettatamente due bufale mediatiche anziché una: la prima è l'asserita affiliazione di Neil Armstrong al movimento religioso di Sai Baba, la seconda è la presunta irraggiungibilità del primo uomo sulla Luna.
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2011/04/21
Incontro con Walter Cunningham (Apollo 7): i video
di Paolo Attivissimo
È pronta la mia ripresa video dell'incontro pubblico di Walter Cunningham, astronauta della missione Apollo 7, svoltosi a Tradate il 16 aprile 2011 grazie a Roberto Crippa e Luigi Pizzimenti della Fondazione Osservatorio Astrononico "Messier 13". La parte introduttiva dell'incontro è disponibile nella ripresa dell'evento realizzata da Bruno Moretti Turri.
Come noterete, nessun lunacomplottista ha avuto il coraggio di palesarsi.
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2011/04/06
Pronta l'edizione aggiornata e in alta risoluzione di “Luna?”
di Paolo Attivissimo
Come promesso tempo addietro, ho reso disponibile per lo scaricamento gratuito l'edizione con grafica in alta risoluzione del mio libro “Luna? Sì, ci siamo andati!”.
Il file è inevitabilmente un po' più pesante di prima (circa 160 megabyte contro i sette della versione con grafica ridotta), ma dal punto di vista delle immagini dovrebbe essere molto più gradevole da sfogliare sullo schermo.
Ho colto l'occasione per integrare alcune correzioni e un paio di aggiornamenti e per semplificare le opzioni di distribuzione. Scompare la versione stampata a colori, troppo onerosa da gestire in proprio; al suo posto c'è l'edizione cartacea in bianco e nero, con una rilegatura più robusta e un costo leggermente inferiore rispetto alla versione in bianco e nero precedente, e c'è (o meglio, ci sarà tra poco) la possibilità di scaricare le 260 illustrazioni come file originali, spesso in altissima risoluzione.
Tutta la gestione del libro (sia cartaceo, sia PDF) ora passa tramite Lulu.com, per cui diventa possibile farsi spedire a casa il libro in tutto il mondo a 17 euro più le spese di spedizione. Il PDF in alta qualità è scaricabile gratis da Lulu.com. Tutti i dettagli e i link per lo scaricamento e l'acquisto sono in questa pagina. Se trovate problemi o aspetti non chiari, segnalatemelo via mail o nei commenti.
È ormai passato un anno dal debutto del libro e sono soddisfattissimo dei commenti ricevuti e degli sviluppi del progetto: autoprodurre un libro non è una passeggiata e gli errori di crescita sono inevitabili. Li ho pagati di tasca mia, ovviamente, ma sto acquisendo l'esperienza che mi permetterà di continuare su questa strada con nuovi libri su questo ed altri argomenti.
Grazie a tutti per l'incoraggiamento. Ad astra!
Come promesso tempo addietro, ho reso disponibile per lo scaricamento gratuito l'edizione con grafica in alta risoluzione del mio libro “Luna? Sì, ci siamo andati!”.
Il file è inevitabilmente un po' più pesante di prima (circa 160 megabyte contro i sette della versione con grafica ridotta), ma dal punto di vista delle immagini dovrebbe essere molto più gradevole da sfogliare sullo schermo.
Ho colto l'occasione per integrare alcune correzioni e un paio di aggiornamenti e per semplificare le opzioni di distribuzione. Scompare la versione stampata a colori, troppo onerosa da gestire in proprio; al suo posto c'è l'edizione cartacea in bianco e nero, con una rilegatura più robusta e un costo leggermente inferiore rispetto alla versione in bianco e nero precedente, e c'è (o meglio, ci sarà tra poco) la possibilità di scaricare le 260 illustrazioni come file originali, spesso in altissima risoluzione.
Tutta la gestione del libro (sia cartaceo, sia PDF) ora passa tramite Lulu.com, per cui diventa possibile farsi spedire a casa il libro in tutto il mondo a 17 euro più le spese di spedizione. Il PDF in alta qualità è scaricabile gratis da Lulu.com. Tutti i dettagli e i link per lo scaricamento e l'acquisto sono in questa pagina. Se trovate problemi o aspetti non chiari, segnalatemelo via mail o nei commenti.
È ormai passato un anno dal debutto del libro e sono soddisfattissimo dei commenti ricevuti e degli sviluppi del progetto: autoprodurre un libro non è una passeggiata e gli errori di crescita sono inevitabili. Li ho pagati di tasca mia, ovviamente, ma sto acquisendo l'esperienza che mi permetterà di continuare su questa strada con nuovi libri su questo ed altri argomenti.
Grazie a tutti per l'incoraggiamento. Ad astra!
2011/04/05
I costi del programma Apollo
di Paolo Attivissimo
Uno dei miti dell'esplorazione spaziale riguarda il suo costo in termini strettamente monetari. Si pensa comunemente che il programma Apollo per portare l'uomo sulla Luna abbia comportato costi immensi e insostenibili: un sondaggio del 1997 indicò che l'opinione pubblica americana stimava in media che il costo dell'esplorazione spaziale umana ammontasse al 20% del bilancio federale degli Stati Uniti (Public Opinion Polls and Perceptions of US Human Spaceflight).
Il mito, tuttavia, non regge alla verifica dei fatti. Secondo il documento The Manhattan Project, the Apollo Program, and Federal Energy Technology R+D Programs: A Comparative Analysis, redatto nel 2009 dal Congressional Research Service statunitense, nell'anno di massima spesa il programma Apollo assorbì il 2,2% del bilancio federale, pari allo 0,4% del prodotto interno lordo. Wikipedia in inglese ha un confronto, anno per anno, fra spese della NASA e bilancio federale; l'Appendice H di Chariots for Apollo elenca le spese in dettaglio, e lo stesso fa l'Appendice 2 di Where No Man Has Gone Before.
Passando dalle percentuali agli importi, nel 1973 fu dichiarato che il costo complessivo del programma Apollo era stato di 25,4 miliardi di dollari (House Subcommittee on Manned Space Flight of the Committee on Science and Astronautics, 1974 NASA Authorization, Hearings on H.R. 4567, 93/2, Part 2, pagina 1271). Espresso in dollari del 2005, l'importo equivale a circa 170 miliardi distribuiti su dieci anni (A Budgetary Analysis of NASA’s New Vision for Space, settembre 2004, citato in NASA's Joint Confidence Level Paradox - A History of Denial (2009).
A titolo di paragone, la spesa annuale statunitense per la difesa ammontava nel 2005 a 493 miliardi di dollari, quella per la previdenza sociale a 518 miliardi e quella per l'assistenza sanitaria a 513 miliardi (CBO Historical Tables 1971-2010).
In altre parole, gli Stati Uniti spendono per la difesa ogni anno circa tre volte il costo dell'intero programma Apollo.
Uno dei miti dell'esplorazione spaziale riguarda il suo costo in termini strettamente monetari. Si pensa comunemente che il programma Apollo per portare l'uomo sulla Luna abbia comportato costi immensi e insostenibili: un sondaggio del 1997 indicò che l'opinione pubblica americana stimava in media che il costo dell'esplorazione spaziale umana ammontasse al 20% del bilancio federale degli Stati Uniti (Public Opinion Polls and Perceptions of US Human Spaceflight).
Il mito, tuttavia, non regge alla verifica dei fatti. Secondo il documento The Manhattan Project, the Apollo Program, and Federal Energy Technology R+D Programs: A Comparative Analysis, redatto nel 2009 dal Congressional Research Service statunitense, nell'anno di massima spesa il programma Apollo assorbì il 2,2% del bilancio federale, pari allo 0,4% del prodotto interno lordo. Wikipedia in inglese ha un confronto, anno per anno, fra spese della NASA e bilancio federale; l'Appendice H di Chariots for Apollo elenca le spese in dettaglio, e lo stesso fa l'Appendice 2 di Where No Man Has Gone Before.
Passando dalle percentuali agli importi, nel 1973 fu dichiarato che il costo complessivo del programma Apollo era stato di 25,4 miliardi di dollari (House Subcommittee on Manned Space Flight of the Committee on Science and Astronautics, 1974 NASA Authorization, Hearings on H.R. 4567, 93/2, Part 2, pagina 1271). Espresso in dollari del 2005, l'importo equivale a circa 170 miliardi distribuiti su dieci anni (A Budgetary Analysis of NASA’s New Vision for Space, settembre 2004, citato in NASA's Joint Confidence Level Paradox - A History of Denial (2009).
A titolo di paragone, la spesa annuale statunitense per la difesa ammontava nel 2005 a 493 miliardi di dollari, quella per la previdenza sociale a 518 miliardi e quella per l'assistenza sanitaria a 513 miliardi (CBO Historical Tables 1971-2010).
In altre parole, gli Stati Uniti spendono per la difesa ogni anno circa tre volte il costo dell'intero programma Apollo.
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2011/03/04
L'UFO della Gemini VII: il “bogey” di Frank Borman
di Paolo Attivissimo. Questo articolo è apparso inizialmente nel blog Nufologia.
Un lettore, Luca, mi segnala il caso di uno dei presunti avvistamenti di UFO da parte degli astronauti citati spesso dai siti ufologici: quello di Frank Borman e James Lovell durante la missione Gemini VII, nel dicembre del 1965. L'episodio viene raccontato attribuendo agli astronauti delle comunicazioni radio che parlano inequivocabilmente di un veicolo non identificato e la narrazione è spesso accompagnata dalla fotografia mostrata qui accanto.
La versione di Misteriufo:
La versione del CUN (Centro ufologico nazionale) italiano:
Alieni e Misteri ha anche uno spezzone di audio.
Andando a controllare i fatti pubblicati su Nasa.gov, la missione Gemini VII ebbe luogo dal 4 al 18 dicembre 1965 ed ebbe a bordo Frank Borman (pilota comandante) e James Lovell (pilota), entrambi al loro primo volo spaziale. I due astronauti stabilirono un record di durata che rimase imbattuto per cinque anni.
Gli archivi della NASA mettono a disposizione l'audio originale e la trascrizione delle comunicazioni radio della missione, che contengono questo scambio in cui si parla di “bogey”, termine del gergo militare aeronautico che indica un velivolo nemico o non identificato. È l'unico riferimento a un “bogey” nell'intera trascrizione delle comunicazioni da e verso Terra. “C” è il comandante Borman; “CC” è il Capcom, ossia l'addetto alle comunicazioni con gli astronauti che si trova a terra, nel centro di controllo di Houston.
Il confronto fra la trascrizione che include anche il PAO (l'addetto alle comunicazioni al pubblico) e lo spezzone di audio presentato da Alieni e Misteri indica un rimontaggio: le parole del PAO, che sono a pagina 79 del PAO Mission Commentary Transcript, vengono pronunciate dopo che ci sono stati vari altri scambi di messaggi con gli astronauti.
La cosa più importante è che l'estrapolazione delle frasi dal loro contesto fa sembrare misteriosa una comunicazione che in realtà non lo è quando si legge l'intera trascrizione delle comunicazioni e si conosce la missione. Lo spiega molto lucidamente lo storico dell'astronautica James Oberg in Gemini-7: Lessons and Legends - A 30th Anniversary Revisit "Formation Flying", "Lessons Learned" Later, and one "Bogey" (15 settembre 1995): uno degli scopi della missione Gemini VII era un rendezvous con il secondo stadio del missile Titan-2, anch'esso arrivato in orbita intorno alla Terra.
Per una semplice necessità di meccanica celeste, la Gemini VII si trovò a ripassare più volte attraverso la nube di frammenti d'ogni dimensione staccatisi spontaneamente dallo stadio. Nello spazio e a velocità orbitale, l'assenza d'aria e di peso fanno sì che questi frammenti proseguano lungo la propria traiettoria viaggiando di conserva. Quello che videro gli astronauti era semplicemente un frammento più luminoso proveniente dal proprio missile. Non per nulla l'avvistamento avviene proprio in concomitanza con uno dei passaggi attraverso la nube di frammenti.
Del resto, il tono assolutamente calmo e rilassato con il quale gli astronauti dialogano con il centro di controllo a Houston indica che l'avvistamento non ha nulla di straordinario. Se davvero si fosse trattato di un veicolo alieno, presumibilmente le reazioni verbali sarebbero state ben altre.
Resta da chiarire la fotografia. La prima cosa che si nota è un fenomeno ricorrente nelle immagini ufologiche: la pessima qualità e la mancanza di una fonte precisa. Anche qui viene in soccorso James Oberg, che nell'articolo già citato ricorda la sua analisi dell'immagine, datata 1976 e pubblicata in Search Magazine.
Si tratta di una versione alterata e sgranata della foto S65-63722, scattata durante la missione. Secondo il documento Earth Photographs From Gemini VI Through XII, è la prima foto del rullino 24, scattata durante la settantasettesima rivoluzione intorno alla Terra, il 9 dicembre 1965 alle 21:51 GMT, quindi vari giorni dopo il presunto avvistamento, sopra l'Oceano Pacifico occidentale.
La versione originale di questa foto, presentata qui sopra, mostra in realtà il muso (scuro e in ombra) della capsula, sul quale si vede il riflesso metallico sfuocato degli ugelli dei piccoli razzi di regolazione d'assetto del veicolo spaziale. La forma del muso e la posizione degli ugelli è chiarita da questa fotografia di un rendezvous fra le capsule Gemini 6 e 7.
La fotografia ufologica è stata insomma alterata, in modo che il muso scuro si confonda con la Terra altrettanto scura che si vede sullo sfondo, e poi capovolta e ritagliata.
Il riflesso degli ugelli si nota anche in altre fotografie delle missioni Gemini, come quella mostrata qui sotto, la S65-45753, riferita alla Gemini V.
Un esempio ancora più chiaro di come gli ugelli dei motori di manovra brillino quando il muso della capsula Gemini è in ombra o penombra è dato dalla foto S66-63060, tratta dalla missione Gemini XII e datata 14 novembre 1966:
Un lettore, Luca, mi segnala il caso di uno dei presunti avvistamenti di UFO da parte degli astronauti citati spesso dai siti ufologici: quello di Frank Borman e James Lovell durante la missione Gemini VII, nel dicembre del 1965. L'episodio viene raccontato attribuendo agli astronauti delle comunicazioni radio che parlano inequivocabilmente di un veicolo non identificato e la narrazione è spesso accompagnata dalla fotografia mostrata qui accanto.
La versione di Misteriufo:
Durante la seconda orbita Borman segnala un oggetto luminoso davanti alla capsula, che non può essere il razzo vettore, in quanto anche quest'ultimo risulta visibile attraverso l'oblò. Più tardi vengono fotografate strane luminosità azzurrognole, munite di appendici vaporose, che passano sotto la Gemini. Per il primo avvistamento, la NASA parla di un ignoto frammento di vettore in orbita, forse i resti di un Titan ma il NORAD (l'ente che segue le rotte di ogni satellite) dichiara: «E' impossibile che resti di un Titan o di qualsiasi altro missile si possano trovare in quella posizione». Per il secondo avvistamento si parlò di fulmini globulari nell'alta atmosfera.
La versione del CUN (Centro ufologico nazionale) italiano:
Nel Dicembre del 1965, anche gli astronauti Gemini James Lovell e Frank Borman videro un UFO nel corso della seconda orbita del loro volo record di 14 giorni.
Borman riportò di aver visto un'astronave sconosciuta poco distante dalla loro capsula. Il Controllo Gemini a Cape Kennedy gli disse che stava osservando
I'ultimo stadio del loro stesso razzo Titan. Borman confermò di poter vedere perfettamente il razzo, ma che poteva vedere anche qualcosa di completamente diverso. Questa comunicazione fu riportata durante il volo di James Lovell sulla Gemini 7:
Lovell: "Oggetto non identificato a ore 10 in alto".
Controllo: "Qui Houston. Ripetete, Sette"
Lovell: "Ho detto che abbiamo un oggetto non identificato a ore 10 in alto"
Controllo: "Gemini 7, è il razzo o un avvistamento effettivo?"
Lovell: "Abbiamo diversi avvistamenti effettivi."
Controllo: "Distanza o dimensioni stimate?"
Lovell:"Abbiamo in vista anche il razzo."
Alieni e Misteri ha anche uno spezzone di audio.
Andando a controllare i fatti pubblicati su Nasa.gov, la missione Gemini VII ebbe luogo dal 4 al 18 dicembre 1965 ed ebbe a bordo Frank Borman (pilota comandante) e James Lovell (pilota), entrambi al loro primo volo spaziale. I due astronauti stabilirono un record di durata che rimase imbattuto per cinque anni.
Gli archivi della NASA mettono a disposizione l'audio originale e la trascrizione delle comunicazioni radio della missione, che contengono questo scambio in cui si parla di “bogey”, termine del gergo militare aeronautico che indica un velivolo nemico o non identificato. È l'unico riferimento a un “bogey” nell'intera trascrizione delle comunicazioni da e verso Terra. “C” è il comandante Borman; “CC” è il Capcom, ossia l'addetto alle comunicazioni con gli astronauti che si trova a terra, nel centro di controllo di Houston.
C Gemini VII here. Houston, how do you read?
CC Loud and clear, VII. Go ahead.
C I have a bogey at 10:00 o'clock high.
CC This is Houston. Say again, VII.
C Said we have a bogey at l0:00 o'clock high.
CC Roger.
CC Gemini VII, is that the booster or is that an actual sighting?
C ...
CC Say again, VII.
C Said ... we have several - looks like ... actual sighting.
CC Do you have any more information, estimated distance, or size?
C We also have the booster in sight.
CC Understand you also have the booster in sight. Roger.
C ... there are very many - looks like hundreds of little particles going by from the left out about 3 or 4 miles.
CC Understand you have many small particles going by on the left. At what distance?
C ... looks like ...
CC Roger. Understand they're about 3 or 4 miles away?
C They're past now; they're in a polar orbit.
CC Roger. And understand they were about 3 to 4 miles away?
C That's what it appeared like, or farther.
CC Roger.
CC Gemini VII, Houston. Were these particles in addition to the booster and the bogey at 10:OO o'clock high?
C ...
CC Roger.
(Gemini VII Composite Air-to-Ground and Onboard Voice Tape Transcription, Vol. 1, pagg. 32-34, da 01:43:17 a 01:45:28)
Il confronto fra la trascrizione che include anche il PAO (l'addetto alle comunicazioni al pubblico) e lo spezzone di audio presentato da Alieni e Misteri indica un rimontaggio: le parole del PAO, che sono a pagina 79 del PAO Mission Commentary Transcript, vengono pronunciate dopo che ci sono stati vari altri scambi di messaggi con gli astronauti.
La cosa più importante è che l'estrapolazione delle frasi dal loro contesto fa sembrare misteriosa una comunicazione che in realtà non lo è quando si legge l'intera trascrizione delle comunicazioni e si conosce la missione. Lo spiega molto lucidamente lo storico dell'astronautica James Oberg in Gemini-7: Lessons and Legends - A 30th Anniversary Revisit "Formation Flying", "Lessons Learned" Later, and one "Bogey" (15 settembre 1995): uno degli scopi della missione Gemini VII era un rendezvous con il secondo stadio del missile Titan-2, anch'esso arrivato in orbita intorno alla Terra.
Per una semplice necessità di meccanica celeste, la Gemini VII si trovò a ripassare più volte attraverso la nube di frammenti d'ogni dimensione staccatisi spontaneamente dallo stadio. Nello spazio e a velocità orbitale, l'assenza d'aria e di peso fanno sì che questi frammenti proseguano lungo la propria traiettoria viaggiando di conserva. Quello che videro gli astronauti era semplicemente un frammento più luminoso proveniente dal proprio missile. Non per nulla l'avvistamento avviene proprio in concomitanza con uno dei passaggi attraverso la nube di frammenti.
Del resto, il tono assolutamente calmo e rilassato con il quale gli astronauti dialogano con il centro di controllo a Houston indica che l'avvistamento non ha nulla di straordinario. Se davvero si fosse trattato di un veicolo alieno, presumibilmente le reazioni verbali sarebbero state ben altre.
Resta da chiarire la fotografia. La prima cosa che si nota è un fenomeno ricorrente nelle immagini ufologiche: la pessima qualità e la mancanza di una fonte precisa. Anche qui viene in soccorso James Oberg, che nell'articolo già citato ricorda la sua analisi dell'immagine, datata 1976 e pubblicata in Search Magazine.
Si tratta di una versione alterata e sgranata della foto S65-63722, scattata durante la missione. Secondo il documento Earth Photographs From Gemini VI Through XII, è la prima foto del rullino 24, scattata durante la settantasettesima rivoluzione intorno alla Terra, il 9 dicembre 1965 alle 21:51 GMT, quindi vari giorni dopo il presunto avvistamento, sopra l'Oceano Pacifico occidentale.
Scansione per gentile concessione di Ed Hengeveld, Apollo Lunar Surface Journal. |
La versione originale di questa foto, presentata qui sopra, mostra in realtà il muso (scuro e in ombra) della capsula, sul quale si vede il riflesso metallico sfuocato degli ugelli dei piccoli razzi di regolazione d'assetto del veicolo spaziale. La forma del muso e la posizione degli ugelli è chiarita da questa fotografia di un rendezvous fra le capsule Gemini 6 e 7.
Foto NASA S65-63194. |
La fotografia ufologica è stata insomma alterata, in modo che il muso scuro si confonda con la Terra altrettanto scura che si vede sullo sfondo, e poi capovolta e ritagliata.
Il riflesso degli ugelli si nota anche in altre fotografie delle missioni Gemini, come quella mostrata qui sotto, la S65-45753, riferita alla Gemini V.
Un esempio ancora più chiaro di come gli ugelli dei motori di manovra brillino quando il muso della capsula Gemini è in ombra o penombra è dato dalla foto S66-63060, tratta dalla missione Gemini XII e datata 14 novembre 1966:
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Frank Borman,
Gemini,
Jim Lovell,
UFO
2011/02/07
Apollo 15 e LRO
di Paolo Attivissimo
Il blog Fuffologia ha pubblicato un bell'articolo nel quale vengono messe a confronto le riprese filmate del decollo dalla Luna dell'Apollo 15 nel 1971 e le fotografie scattate nell'aprile del 2010 alla stessa zona della superficie lunare dalla sonda automatica Lunar Reconnaissance Orbiter (LRO).
Durante il decollo, la cinepresa del modulo lunare dell'Apollo 15, con a bordo gli astronauti David Scott e James Irwin, inquadrò brevemente dall'alto la zona di allunaggio. È quindi possibile isolare dal filmato i fotogrammi che mostrano la zona e verificare se quanto viene mostrato coincide con quello che risulta oggi esserci sulla Luna in quell'area. Il risultato è eloquentissimo. Come avrebbe fatto la NASA a fabbricare nel 1971 una ripresa che mostra esattamente quello che c'è sulla Luna oggi, con tanto di strumenti, stadio inferiore del modulo lunare e scie di impronte degli astronauti e della loro auto elettrica?
Qui vi mostro solo l'immagine animata di raffronto: per i dettagli del procedimento e per le riprese originali leggete l'articolo originale di Gabriele.
Il blog Fuffologia ha pubblicato un bell'articolo nel quale vengono messe a confronto le riprese filmate del decollo dalla Luna dell'Apollo 15 nel 1971 e le fotografie scattate nell'aprile del 2010 alla stessa zona della superficie lunare dalla sonda automatica Lunar Reconnaissance Orbiter (LRO).
Durante il decollo, la cinepresa del modulo lunare dell'Apollo 15, con a bordo gli astronauti David Scott e James Irwin, inquadrò brevemente dall'alto la zona di allunaggio. È quindi possibile isolare dal filmato i fotogrammi che mostrano la zona e verificare se quanto viene mostrato coincide con quello che risulta oggi esserci sulla Luna in quell'area. Il risultato è eloquentissimo. Come avrebbe fatto la NASA a fabbricare nel 1971 una ripresa che mostra esattamente quello che c'è sulla Luna oggi, con tanto di strumenti, stadio inferiore del modulo lunare e scie di impronte degli astronauti e della loro auto elettrica?
Qui vi mostro solo l'immagine animata di raffronto: per i dettagli del procedimento e per le riprese originali leggete l'articolo originale di Gabriele.
2011/01/11
L'antenna impossibile della capsula Gemini
di Paolo Attivissimo. L'articolo è stato aggiornato dopo la pubblicazione iniziale.
In una conferenza sulle missioni lunari che ho tenuto a Brescia qualche tempo fa ho commesso un errore tecnico di cui vorrei scusarmi pubblicamente. Ho dato una risposta inesatta a una domanda di una persona del pubblico, che aveva sollevato la questione dell'apparente assurdità di alcune fotografie delle capsule Gemini scattate dopo l'ammaraggio. In queste fotografie le capsule mostravano un'asta molto lunga che sporgeva dal muso del veicolo e si ergeva a mo' di albero d'imbarcazione.
Il mio interlocutore aveva sottolineato che quell'asta non sarebbe stata in grado di sopravvivere al calore e alla resistenza aerodinamica del rientro in atmosfera e che a suo parere le fotografie erano state scattate durante un addestramento in mare e poi spacciate per immagini del rientro a Terra degli astronauti americani.
Una tesi per certi versi analoga e più articolata è sostenuta da Ralph René nel suo libro NASA Mooned America! (1994) a pagina 4. Scrive René, mostrando una copia sgranata in bianco e nero della fotografia a colori presentata all'inizio di questo articolo:
È interessante notare che secondo René la spiegazione più semplice e sensata (si tratta di un dispositivo collocato dopo il rientro) è inaccettabile e “l'unica conclusione logica” è una complicatissima operazione ultrasegreta di lancio da un aereo della CIA, di cui René non offre alcuna documentazione o prova. Oltretutto l'asta o antenna sarebbe stata un ostacolo fragile e ingombrante anche in caso di lancio da un velivolo, per cui la congettura di René in realtà non risolve e non giustifica nulla.
René omette di specificare il numero di catalogo della fotografia in questione, complicando inutilmente le verifiche, ma una ricerca negli archivi pubblici della NASA consente di determinare che si tratta della foto S65-61886, datata 16 dicembre 1965 e riferita all'ammaraggio della missione Gemini 6. Una versione ad alta risoluzione è disponibile presso Archive.org e presso NasaImages.
Nelle descrizioni di questa fotografia non c'è alcun accenno all'asta, ma viene precisato che si tratta di un'immagine scattata dopo l'ammaraggio, non durante un addestramento (“Navy divers assist Gemini 6 crew to open hatches after landing – A water level view of Navy divers assisting Gemini 6 crewmembers Stafford and Schirra to open hatches after landing in the Atlantic”). Anzi, le immagini dell'addestramento di altre missioni Gemini non presentano affatto quest'antenna (S65-39907, Gemini 5; S65-55562, Gemini 8). La NASA, insomma, dichiara esplicitamente che si tratta di una fotografia riguardante il rientro e l'ammaraggio al termine della missione.
L'asta o antenna è visibile anche nella foto S340/118 della medesima missione, che la mostra per intero ed è presentata qui accanto. La si può scorgere anche nelle foto S340/100, S65-18645 e S65-19229 riguardanti il rientro della Gemini 3. In tutte queste immagini se ne apprezza la lunghezza considerevole. Altre immagini del recupero della missione Gemini 6, come la S65-61824, mostrano invece la capsula senza antenna; lo stesso vale per immagini del recupero di altre missioni (S340/045, Gemini 8; S340/111, Gemini 10).
Durante la conferenza ho recuperato dal mio archivio portatile una delle fotografie citate dallo spettatore e ho risposto che l'asta era un'antenna radio retrattile, che veniva estratta dopo l'ammaraggio, e che sulla superficie esterna della capsula Gemini c'era infatti un solco conforme nel quale l'asta si inseriva a misura. Ma la mia risposta è stata imprecisa, per cui la correggo qui.
L'asta era sì un'antenna retrattile, e quindi non aveva bisogno di resistere alle sollecitazioni termiche e aerodinamiche del rientro, ma non si inseriva nel solco conforme. Si tratta infatti dell'antenna per comunicazioni in alta frequenza (HF whip antenna), che veniva utilizzata come radiofaro per la localizzazione in mare (recovery beacon) e collocata in un alloggiamento tubolare, separato e disassato rispetto al solco. Il suo funzionamento è descritto presso la Case Western Reserve University (sezione Reentry di Gemini Program), presso Skyrocket.de e in dettaglio nel Project Gemini Familiarization Manual (sezione HF Whip Antennas).
Da queste fonti risulta che quest'antenna era composta da sei elementi retrattili che, quando erano estesi completamente, formavano un'asta lunga circa 13 piedi e 3 pollici (circa 4 metri) che pesava circa 9 libbre (4 kg). L'antenna veniva estratta dopo l'ammaraggio mediante un comando presente nella cabina.
La tesi di René è quindi sbagliata: l'antenna era retrattile eccome e rispondeva a frequenze non utilizzate nello spazio per la semplice ragione che non veniva utilizzata nello spazio. Inoltre i “difensori della NASA” non affermano affatto che veniva montata dai sommozzatori, per l'altrettanto semplice ragione che era già a bordo del veicolo. La documentazione parla chiaro.
Un esemplare di quest'antenna è conservato al museo Smithsonian, che ne ha pubblicato una fotografia in configurazione retratta, mostrata qui sotto, e ne ha indicato le misure: 5 centimetri di diametro e 62 centimetri di lunghezza.
Nel solco conforme erano invece alloggiate altre antenne, mostrate per esempio qui (S65-13244), insieme ad altri componenti: in particolare, in questo solco veniva collocata la briglia posteriore (aft bridle strap) del paracadute principale.
A differenza delle capsule Apollo e Mercury, infatti, la Gemini non scendeva e ammarava in posizione verticale con gli astronauti disposti supini, ma assumeva un assetto quasi orizzontale (inclinato a circa 35°) con gli astronauti in posizione seduta, molto più simile a una configurazione aeronautica, grazie al fatto che il paracadute era agganciato a due briglie collocate in due punti spaziati lungo l'asse del veicolo. Nella figura qui sotto, la briglia anteriore e quella posteriore sono indicate rispettivamente da forward bridle strap e aft bridle strap.
Questa soluzione “aeronautica” non è la sola caratteristica che rendeva il veicolo Gemini più sofisticato, in alcuni aspetti, rispetto all'Apollo: nei piani iniziali era previsto l'uso di un'ala di Rogallo al posto del paracadute, in modo da permettere una planata controllata e addirittura un atterraggio su una pista, come lo Shuttle, grazie a un carrello retrattile con ruote o pattini. Questi piani arrivarono fino allo stadio di un prototipo in scala 1:1, mostrato nell'immagine qui sotto, ma l'idea fu abbandonata per ridurre i costi e semplificare il veicolo.
Vi furono anche proposte di circumnavigare la Luna e addirittura di atterrarvi con una capsula Gemini e di ampliare il veicolo fino a consentire di trasportare nove astronauti contemporaneamente insieme a 2.500 kg di carico in orbita alta a 480 km (progetto “Big G”). Ma queste sono altre storie straordinarie che meritano di essere raccontate separatamente.
In una conferenza sulle missioni lunari che ho tenuto a Brescia qualche tempo fa ho commesso un errore tecnico di cui vorrei scusarmi pubblicamente. Ho dato una risposta inesatta a una domanda di una persona del pubblico, che aveva sollevato la questione dell'apparente assurdità di alcune fotografie delle capsule Gemini scattate dopo l'ammaraggio. In queste fotografie le capsule mostravano un'asta molto lunga che sporgeva dal muso del veicolo e si ergeva a mo' di albero d'imbarcazione.
Il mio interlocutore aveva sottolineato che quell'asta non sarebbe stata in grado di sopravvivere al calore e alla resistenza aerodinamica del rientro in atmosfera e che a suo parere le fotografie erano state scattate durante un addestramento in mare e poi spacciate per immagini del rientro a Terra degli astronauti americani.
Una tesi per certi versi analoga e più articolata è sostenuta da Ralph René nel suo libro NASA Mooned America! (1994) a pagina 4. Scrive René, mostrando una copia sgranata in bianco e nero della fotografia a colori presentata all'inizio di questo articolo:
Wally Schirra e Tom Stafford stanno per essere recuperati dopo l'ammaraggio nella missione Gemini 6A. Asseriscono di aver effettuato un rendezvous nello spazio con Borman e Lovell, che pilotavano la Gemini 7. Dal muso della capsula vediamo la base di una lunga antenna a frusta in fibra di vetro. È completamente intatta, e non è retrattile, dato che la cabina della capsula non contiene un pozzetto per antenne. Le capsule arrivavano dalla fabbrica lucenti di pellicola argentea (carbonizzata da da temperature superiori a 2700 °C durante il rientro). Qualunque cosa non sia protetta dal rivestimento ablativo anteriore si incenerirà. Nessuna delle altre capsule Gemini mostravano antenne a frusta dopo il rientro. Quest'antenna risponde a frequenze non utilizzate nello spazio e sarebbe utile solo nel localizzare la capsula dopo l'ammaraggio. Una volta trovata la capsula non avrebbe alcuna ulteriore utilità. Perché i difensori della NASA argomentano che i sommozzatori di recupero l'hanno installata dopo che era nell'acqua? L'unica conclusione logica è che questa capsula non ha mai effettuato un rientro dallo spazio ma è stata paracadutata da un aereo da trasporto della CIA.
Wally Schirra and Tom Stafford are about to be rescued after splash-down on Gemini 6A. They claim to have made a rendezvous in space with Borman and Lovell, who were flying Gemini 7. From the front of the capsule we see the base of a long fiberglass whip antenna. It is completely undamaged, and it is not retractable, as the capsule cabin contains no antenna well. The capsules came from the factory gleaming with a silver film (which is charred by temperatures over 5000 degrees during re-entry). Anything not shielded by the forward ablative coating will burn up. None of the other Gemini capsules showed whip antennas after splash-down. This antenna responds to frequencies not used in space and would only be of value in locating the capsule after it landed. Once the capsule was found it would have no further value. Why do NASA apologists argue that the rescue divers installed it after it was in the water? The only logical conclusion left is that this capsule never re-entered from space but was parachuted from a CIA cargo plane.
È interessante notare che secondo René la spiegazione più semplice e sensata (si tratta di un dispositivo collocato dopo il rientro) è inaccettabile e “l'unica conclusione logica” è una complicatissima operazione ultrasegreta di lancio da un aereo della CIA, di cui René non offre alcuna documentazione o prova. Oltretutto l'asta o antenna sarebbe stata un ostacolo fragile e ingombrante anche in caso di lancio da un velivolo, per cui la congettura di René in realtà non risolve e non giustifica nulla.
René omette di specificare il numero di catalogo della fotografia in questione, complicando inutilmente le verifiche, ma una ricerca negli archivi pubblici della NASA consente di determinare che si tratta della foto S65-61886, datata 16 dicembre 1965 e riferita all'ammaraggio della missione Gemini 6. Una versione ad alta risoluzione è disponibile presso Archive.org e presso NasaImages.
Nelle descrizioni di questa fotografia non c'è alcun accenno all'asta, ma viene precisato che si tratta di un'immagine scattata dopo l'ammaraggio, non durante un addestramento (“Navy divers assist Gemini 6 crew to open hatches after landing – A water level view of Navy divers assisting Gemini 6 crewmembers Stafford and Schirra to open hatches after landing in the Atlantic”). Anzi, le immagini dell'addestramento di altre missioni Gemini non presentano affatto quest'antenna (S65-39907, Gemini 5; S65-55562, Gemini 8). La NASA, insomma, dichiara esplicitamente che si tratta di una fotografia riguardante il rientro e l'ammaraggio al termine della missione.
L'asta o antenna è visibile anche nella foto S340/118 della medesima missione, che la mostra per intero ed è presentata qui accanto. La si può scorgere anche nelle foto S340/100, S65-18645 e S65-19229 riguardanti il rientro della Gemini 3. In tutte queste immagini se ne apprezza la lunghezza considerevole. Altre immagini del recupero della missione Gemini 6, come la S65-61824, mostrano invece la capsula senza antenna; lo stesso vale per immagini del recupero di altre missioni (S340/045, Gemini 8; S340/111, Gemini 10).
Durante la conferenza ho recuperato dal mio archivio portatile una delle fotografie citate dallo spettatore e ho risposto che l'asta era un'antenna radio retrattile, che veniva estratta dopo l'ammaraggio, e che sulla superficie esterna della capsula Gemini c'era infatti un solco conforme nel quale l'asta si inseriva a misura. Ma la mia risposta è stata imprecisa, per cui la correggo qui.
L'asta era sì un'antenna retrattile, e quindi non aveva bisogno di resistere alle sollecitazioni termiche e aerodinamiche del rientro, ma non si inseriva nel solco conforme. Si tratta infatti dell'antenna per comunicazioni in alta frequenza (HF whip antenna), che veniva utilizzata come radiofaro per la localizzazione in mare (recovery beacon) e collocata in un alloggiamento tubolare, separato e disassato rispetto al solco. Il suo funzionamento è descritto presso la Case Western Reserve University (sezione Reentry di Gemini Program), presso Skyrocket.de e in dettaglio nel Project Gemini Familiarization Manual (sezione HF Whip Antennas).
Da queste fonti risulta che quest'antenna era composta da sei elementi retrattili che, quando erano estesi completamente, formavano un'asta lunga circa 13 piedi e 3 pollici (circa 4 metri) che pesava circa 9 libbre (4 kg). L'antenna veniva estratta dopo l'ammaraggio mediante un comando presente nella cabina.
Fonte: Project Gemini Familiarization Manual, SEDR 300, agosto 1966 (via Sven Grahn). |
La tesi di René è quindi sbagliata: l'antenna era retrattile eccome e rispondeva a frequenze non utilizzate nello spazio per la semplice ragione che non veniva utilizzata nello spazio. Inoltre i “difensori della NASA” non affermano affatto che veniva montata dai sommozzatori, per l'altrettanto semplice ragione che era già a bordo del veicolo. La documentazione parla chiaro.
Un esemplare di quest'antenna è conservato al museo Smithsonian, che ne ha pubblicato una fotografia in configurazione retratta, mostrata qui sotto, e ne ha indicato le misure: 5 centimetri di diametro e 62 centimetri di lunghezza.
Nel solco conforme erano invece alloggiate altre antenne, mostrate per esempio qui (S65-13244), insieme ad altri componenti: in particolare, in questo solco veniva collocata la briglia posteriore (aft bridle strap) del paracadute principale.
A differenza delle capsule Apollo e Mercury, infatti, la Gemini non scendeva e ammarava in posizione verticale con gli astronauti disposti supini, ma assumeva un assetto quasi orizzontale (inclinato a circa 35°) con gli astronauti in posizione seduta, molto più simile a una configurazione aeronautica, grazie al fatto che il paracadute era agganciato a due briglie collocate in due punti spaziati lungo l'asse del veicolo. Nella figura qui sotto, la briglia anteriore e quella posteriore sono indicate rispettivamente da forward bridle strap e aft bridle strap.
Figura 31 di Project Gemini Technology and Operations - A Chronology, NASA SP-4002 (Part 1B). |
Questa soluzione “aeronautica” non è la sola caratteristica che rendeva il veicolo Gemini più sofisticato, in alcuni aspetti, rispetto all'Apollo: nei piani iniziali era previsto l'uso di un'ala di Rogallo al posto del paracadute, in modo da permettere una planata controllata e addirittura un atterraggio su una pista, come lo Shuttle, grazie a un carrello retrattile con ruote o pattini. Questi piani arrivarono fino allo stadio di un prototipo in scala 1:1, mostrato nell'immagine qui sotto, ma l'idea fu abbandonata per ridurre i costi e semplificare il veicolo.
Figura 57 di Project Gemini Technology and Operations - A Chronology, NASA SP-4002 (Part 2A). |
Vi furono anche proposte di circumnavigare la Luna e addirittura di atterrarvi con una capsula Gemini e di ampliare il veicolo fino a consentire di trasportare nove astronauti contemporaneamente insieme a 2.500 kg di carico in orbita alta a 480 km (progetto “Big G”). Ma queste sono altre storie straordinarie che meritano di essere raccontate separatamente.
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