Photo credit: Andrea Tedeschi |
Luglio 2010. L'uomo accanto a me, sul
palco della multisala di Avezzano allestito per la manifestazione Il Cielo di Argoli, ha un luccichio birichino negli
occhi nonostante gli ottant'anni compiuti da poco. Gli stanno
mostrando una foto di un caccia russo d'epoca, un MiG-15 biposto, e
gli stanno offrendo di provarlo. In volo. Il luccichio è ben
motivato, tanto quanto l'offerta: lui, quei MiG-15, li abbatteva
durante la Guerra di Corea, nei primi anni Cinquanta del secolo
scorso, quando era pilota militare dell'aviazione statunitense.
Trovarsi nei panni dell'ex nemico, indossare le sue ali d'argento,
sarebbe un'esperienza straordinaria.
Ma il bagliore dell'entusiasmo dura un
istante, perché si rende conto che quel caccia ha sulle spalle
cinquant'anni di manutenzione improvvisata e rischia di essere un
trabiccolo letale. L'espressione successiva che gli compare fugace
sul volto è la consapevolezza agrodolce che quand'anche l'aereo
russo lo riportasse a terra intero, sua moglie Lois non gli
perdonerebbe una pazzia del genere. Oltretutto lui, di trabiccoli
letali, se ne intende. È Buzz Aldrin: l'uomo che insieme a Neil
Armstrong toccò per primo il suolo lunare in una notte
indimenticabile del luglio del 1969, sbarcando con un veicolo così
fragile che le pareti della cabina si potevano bucare con una matita
e così risicato nelle prestazioni da dover rinunciare persino ai
sedili. È uno dei dodici uomini che hanno camminato sulla Luna.
Aldrin se ne intende anche, purtroppo,
di manutenzione improvvisata: sopravvissuto all'impresa lunare, è
stato perseguitato dai demoni gemelli della depressione e
dell'alcolismo, dai quali si è liberato con fatica e al prezzo della
carriera militare e di due matrimoni e dopo aver sfasciato, ubriaco,
le auto che si era ridotto a vendere per campare perché non aveva
più un soldo. Solo la volontà di ferro della moglie Lois, sposata nel 1988 e sempre accanto a lui (anche qui ad Avezzano),
lo ha rimesso in sesto.
Se Armstrong è passato alla storia per il
suo sangue freddo e la sua serenità olimpica, Aldrin è la sua
controparte sanguigna ed emotiva. Provocato da un complottista che lo
accusava di aver simulato lo sbarco sulla Luna, Neil Armstrong chiamò
la polizia. Aldrin, invece, rispose con un memorabile cazzotto. E fu
Aldrin a descrivere la Luna, mentre camminava nel suo Mare della
Tranquillità, come una “desolazione magnifica”: uno dei
rari slanci poetici di un gruppo di uomini scelti per la loro
disciplina mentale più che per il loro afflato romantico e troppo
presi dalle complessità tecniche delle missioni per potersi
soffermare a contemplarne le implicazioni filosofiche.
Riconosco quel fugace luccichio negli occhi di Aldrin: è
quello tipico del geek, che
va in salivazione pavloviana quando contempla un gadget o un'idea
tecnologica accattivante e innovativa. E Aldrin è un übergeek:
i suoi colleghi lo avevano soprannominato Dottor
Rendez-vous, perché non faceva
che parlare di rendez-vous orbitali. Ogni volta che gli organizzavano
un incontro con una ragazza, lui portava immancabilmente la
conversazione sulle tecniche di attracco spaziale fra due veicoli.
Non era una tecnica d'abbordaggio tramite metafora freudiana: la sua
tesi di laurea in astronautica al Massachusetts Institute of
Technology era infatti intitolata Tecniche di guida a vista
per il rendez-vous orbitale umano.
Roba tosta, per il 1963, visto che l'era spaziale era iniziata solo sei anni
prima. Ironicamente, la dedica della tesi era rivolta “agli
equipaggi dei programmi spaziali attuali e futuri di questo paese. Se
solo potessi unirmi a loro nelle loro imprese emozionanti!” Non
era preveggenza: Aldrin aveva scelto appositamente quest'argomento di
tesi e aveva già fatto richiesta di diventare astronauta, ma era
stato respinto perché non era pilota collaudatore. La
NASA eliminò questo requisito e lo selezionò come astronauta a
ottobre dello stesso anno.
L'ossessione
di Aldrin per i rendez-vous gli fu assai preziosa nel suo primo volo
spaziale, assai meno celebre di quello lunare dell'Apollo 11: quello
a bordo della Gemini XII, nel 1966, insieme a Jim Lovell (futuro
protagonista della sfortunata missione Apollo 13). Un guasto al radar
di guida del veicolo automatico Agena al quale dovevano attraccare
mentre orbitavano intorno alla Terra rischiava di compromettere la
missione, che aveva fra i propri obiettivi primari quello dimostrare
la capacità di rendez-vous, indispensabile per le future missioni
verso la Luna. Aldrin risolse il problema calcolando a
mente le coordinate, con l'aiuto
del suo fido regolo calcolatore, salvando la missione. Questo talento
contribuì non poco alla sua selezione per le missioni lunari, nelle
quali un mancato attracco poteva significare il fallimento del volo o
la morte dell'equipaggio. Meglio avere a bordo un Dottor Rendez-vous.
La missione Gemini
XII lo vide anche compiere tre passeggiate spaziali, dimostrando che
era davvero possibile lavorare nel vuoto e in assenza di peso: le
escursioni precedenti dei colleghi non avevano avuto altrettanto
successo a causa di guasti tecnici, surriscaldamenti e appannamenti
delle visiere. Parte del merito di questo risultato di Buzz (questo è
il suo nome legale dal 1988; prima era Edwin Eugene) fu dovuto
all'addestramento in una speciale piscina, nella quale gli astronauti
s'immergevano indossando una tuta spaziale modificata, ottenendo una
simulazione delle condizioni di assenza di peso che avrebbero
incontrato nello spazio: un'idea introdotta da Aldrin stesso, che è
tuttora un sub.
Photo credit: Andrea Tedeschi. |
Il suo
geek interiore emerge
anche nelle risposte alle domande del pubblico in sala, che gli
traduco bisbigliandogliele in un orecchio, cercando disperatamente di
non farmi distrarre dal fatto che sto parlando a chi ha fatto la
Storia con la S maiuscola e a un mito assoluto della mia infanzia.
Aldrin è conciso, quasi laconico, nelle domande sulle sue emozioni,
su cosa ha provato durante la sua missione sulla Luna, ma è un fiume
in piena nelle risposte ai quesiti tecnici. Prende in mano il
mio modellino del Modulo Lunare e se lo fa “allunare” traballante sul
ginocchio. Mima con le mani il rientro della sua capsula Apollo 11
nell'atmosfera terrestre, a circa quarantamila chilometri l'ora, e fa
quasi una conferenza a parte, senza mai fermarsi, per spiegare al
pubblico come la forma bombata del fondo della capsula conica
fungesse da superficie aerodinamica, consentendo a Michael Collins,
terzo membro dell'equipaggio, di planare e manovrarla con precisione.
Non invidio il mio collega che deve memorizzare, riassumere e
tradurre questo chilometrico monologo irto di tecnicismi, ma noto
l'estasi degli appassionati d'astronautica in sala per questi
dettagli poco noti dell'impresa, raccontati direttamente da chi li ha
vissuti.
E di dettagli poco
conosciuti, in quello storico primo sbarco seguito in diretta TV da
seicento milioni di telespettatori, ce ne sono tanti. Le medaglie
sovietiche lasciate in gran segreto sulla Luna per commemorare
Vladimir Komarov, morto durante il rientro della sua capsula Soyuz 1
per la mancata apertura del paracadute, e Yuri Gagarin, primo uomo a
orbitare intorno alla Terra, perito in un incidente aereo nel 1968.
Nemici e rivali nella Guerra Fredda, ma colleghi d'aviazione e
compagni d'avventura nello spazio, dove le frontiere nazionali
perdono ogni senso. La comunione fatta da Aldrin sulla Luna, senza
poterne parlare pubblicamente per mantenere la neutralità religiosa
della NASA, scottata da una causa legale scaturita dalla mirabile
lettura di alcuni passi della Genesi da parte degli astronauti
durante la missione Apollo 8 (Aldrin divenne così il primo uomo a
bere alcolici su un altro corpo celeste). L'interruttore d'innesco
dell'unico motore di risalita, trovato rotto al rientro nel modulo
lunare dopo la storica passeggiata e riparato grazie a un pennarello
usato per chiudere il contatto.
Si mormora di
pillole al cianuro per suicidarsi se quell'interruttore rabberciato,
o qualunque altro componente vitale, non avesse funzionato, lasciando
Armstrong e Aldrin intrappolati sulla Luna, senza alcuna possibilità
di soccorso, e obbligando il loro compagno Collins, rimasto in orbita
lunare, a tornare a Terra da solo. Ma Aldrin liquida l'idea con
indifferenza: in un ambiente ostile come quello lunare non occorrono
pillole per morire. Prima o poi l'ossigeno finisce e ci si addormenta
per sempre. Tutto qui.
Sono
invece molto più di un mormorio le rivalità fra i due protagonisti
del primo sbarco sulla Luna. Collins, nella sua magnifica
autobiografia Carrying the Fire,
descrive Aldrin e Armstrong come due “amiable strangers”:
estranei cordiali. Dopo il ritorno sulla Terra, ciascuno dei tre
astronauti è andato per la propria strada, incontrando gli altri solo
in rare occasioni ufficiali. Dopo tutti questi anni, Aldrin non
sembra ancora aver preso bene la decisione della NASA di far scendere
per primo Armstrong, consegnando il suo nome ai libri di storia e
relegando invece Aldrin al ruolo di eterno secondo anche se raggiunse
Armstrong sulla superficie lunare meno di venti minuti dopo. La
giustificazione ufficiale è che il portello del modulo lunare si
apriva verso Aldrin nello strettissimo spazio della cabina, rendendo
quasi impossibile farlo scendere per primo nonostante fosse il più
qualificato in fatto di escursioni extraveicolari. Quella meno
ufficiale è che Armstrong era un civile e quindi politicamente più
presentabile all'opinione pubblica mondiale: la NASA temeva che far
scendere per primo un militare dell'aviazione USA, quale era Aldrin,
avrebbe dato l'impressione sbagliata di una presa di possesso della
Luna. Quella ancora meno ufficiale è che si temeva che Aldrin non
avrebbe retto allo stress della popolarità immensa che sarebbe
ricaduta per sempre sul primo uomo a mettere piede sulla Luna.
Fonte: Big Bang Theory. |
È
vero che gli anni di alcol e depressione che fecero seguito alla
missione lunare, raccontati da Aldrin senza pudori nelle sue due
autobiografie (Return to Earth,
1973, e Magnificent Desolation,
2009), confermarono questa intuizione degli psicologi della NASA. Ma
è anche vero che oggi Buzz ha superato questi problemi ed è fra i più
attivi promotori dell'esplorazione spaziale: tiene
frequenti conferenze sul futuro dell'esplorazione spaziale in giro
per il mondo, è prolifico su Twitter (@TheRealBuzz),
ha girato dei video comici per il sito Funny or Die con Lorenzo
Lamas, ha inciso una canzone con Snoop Dogg (Rocket
Experience) e ha partecipato a
Futurama e
Transformers 3
(interpretando se stesso) oltre che a 30 Rock, a Big Bang Theory e
all'edizione americana di Ballando con le stelle.
Scelte non convenzionali per un ex astronauta, ma efficaci nel
riportarlo all'attenzione dell'opinione pubblica e nel raggiungere
una generazione che non sapeva quasi nulla dell'epopea spaziale degli
anni Sessanta.
Fonte: profilo Facebook di Christina Rasch-Korp. |
Alla fine del 2012 Aldrin è tornato alla ribalta anche per motivi meno
entusiasmanti: ha divorziato dalla terza moglie, Lois, citando
“differenze inconciliabili”
dopo ventitré anni di matrimonio (e al termine di una procedura di divorzio iniziata nel giugno del 2011), e ha avviato una causa contro Lisa
Cannon, figlia dell'ex moglie, che li aiutava nella gestione delle
attività promozionali dell'astronauta lunare. Ora (2013) è con Christina Rasch-Korp (foto qui accanto).
Buzz ha padroneggiato
le complessità dei rendez-vous orbitali e le tecnologie del volo
spaziale, ma non quelle della vita sulla Terra: una caratteristica
che lo accomuna a molti altri astronauti, la cui dedizione totale
alla missione ha sfasciato matrimoni e carriere post-volo spaziale.
Chissà se ora farà quel volo proibito sul quel MiG-15.
5 commenti:
Quanto vorrei il video di quella conferenza...
Quanto vorrei il video di quella conferenza...
Vecchia Spugna,
il video c'è (quello che ho girato io insieme ad alcuni colleghi/amici). Ce l'ho qui, grezzo, da montare. Mi manca solo il tempo di farlo.
Pensa che ho ancora in coda di montaggio l'intervista che feci personalmente a Buzz nel 2009...
wow... tanto forse allora aspetto di più l'intervista che la conferenza!
>La comunione fatta da Aldrin sulla Luna
Ah, è cattolico? Non sapevo.
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