La Rai ospita sul proprio sito un documentario, Apollo 11 - Il lato oscuro della Luna, presentato da Giovanni Minoli, che presenta quasi esclusivamente le tesi di complotto, senza alcuna verifica da parte di Minoli o degli altri responsabili della produzione (secondo i titoli di testa, il programma è di Piero A. Corsini, Massimiliano De Santis, Daniela Ghezzi, Marco Melega e Stefano Rizzelli ed è a cura di Giuliana Mancini; il direttore di produzione è Ernesto Carboni e il produttore esecutivo è Alessandra Bacci; la regia è di Maurizio Malabruzzi). A quanto mi risulta, il documentario fu trasmesso per la prima volta ad agosto del 2006.
Quella che segue è una critica tecnica alle principali affermazioni fatte durante il documentario. La versione originale di questa critica risale appunto al 2006 ed è pubblicata qui su Disinformatico.info.
Per chi avesse problemi nella visualizzazione della versione pubblicata dalla Rai (e inclusa qui sopra), su Youtube c'è una copia identica (ho verificato che sono perfettamente uguali).
La prima cosa da notare è che non si tratta di una produzione Rai, ma di un documentario della TV tedesca, firmato da Willy Brunner (complottista) e Gerhard Wisnewski (complottista). Il massimo dell'obiettività, insomma.
1:45. L’astronomo Phil Plait parla di “250 persone” che alla Nasa avrebbero dovuto sapere e partecipare al complotto. Ma riascoltando la registrazione si scopre che l’audio inglese dice chiaramente “250.000 people involved”. La traduzione italiana trasforma d’incanto 250.000 in duecentocinquanta, facendo sembrare facile zittire un numero così modesto di cospiratori. Un errore grossolano che è sfuggito a tutta la filiera di produzione Rai. Possibile che nessuno si sia chiesto come abbia fatto la NASA ad andare sulla Luna impiegando solo 250 persone?
01:50. La sigla mostra le immagini di una missione sbagliata (una successiva all'Apollo 11) montate sopra l'audio della voce di Neil Armstrong (dell'Apollo 11).
02:30. Minoli dice che Armstrong lascerà sulla Luna “l’impronta piú famosa della storia dell’umanità”, ma mostra una foto di un’impronta lasciata dal collega Aldrin.
03:50. Parla Ralph René (1933-2008), definito “scrittore scientifico”. Ecco la sua scheda nella Wikipedia: guarda caso, sosteneva anche che gli attentati dell’11 settembre furono un complotto (esattamente come Brunner e Wisnewski, gli autori del documentario; coincidenza straordinaria). Non sembra aver scritto nulla di scientifico che giustifichi la qualifica di “scrittore scientifico”. Perché presentarlo con un titolo così altisonante? Sul suo sito vendeva libri che “dimostrano” la falsità degli sbarchi lunari.
René mostra una foto: lui dice che mostra la passeggiata spaziale di Michael Collins durante il volo con la Gemini 10 e che è presentata in un libro di Collins intitolato “Carrying the Fire”. Afferma che è stata artefatta prendendo un'immagine di un'esercitazione a bordo di un aereo (il celebre Vomit Comet usato per simulare l'assenza di peso). La foto è mostrata qui accanto. Secondo René, una delle immagini del trittico (quella di mezzo) è presentata falsamente nel libro dell'astronauta Collins come immagine di passeggiata spaziale.
Ma il falso lo sta commettendo René. Minoli non lo dice, ma James Oberg, grande storico delle missioni spaziali e debunker, ha documentato che il libro di Collins non presenta affatto la foto dicendo che si tratta di una passeggiata spaziale: il libro dice chiaramente che è fatta a bordo di un aereo usato per l’addestramento all'assenza di peso. Come le altre mostrate accanto. Anzi, nel libro Collins dice chiaramente, con rammarico, che non ci sono foto della sua passeggiata spaziale. René, insomma, s'è inventato tutto. Ma Minoli non controlla e abbocca alla panzana del complottista.
Non solo: riguardando con attenzione la registrazione del documentario, si scopre che Brunner e Wisnewski hanno barato nel montaggio. Prima mostrano la copertina del libro di Collins, poi mostrano subito dopo una pagina che contiene la foto incriminata sotto la dicitura “Gemini 10 space walk”. Ma la pagina non è tratta dal libro di Collins: è presa da quello di René. Lo si capisce leggendone il testo, chiaramente riconoscibile nel fermo immagine.
06:30. René presenta la teoria delle ombre misteriosamente convergenti nelle foto lunari. Ma le ombre nelle foto devono essere convergenti: si chiama prospettiva.
07:00. René presenta una foto lunare nella quale c’è una sorta di lettera C su una roccia. La voce fuori campo ipotizza che sia “la prova che si tratta di materiale di scena”. Perché un attrezzista di scena che dovesse allestire un set lunare dove ci sono rocce dappertutto, marcherebbe ogni roccia con una singola lettera. Cosa fa quando arriva alla ventiseiesima roccia? E non solo se la dimentica bene in vista lui; non se ne accorge nessun altro degli addetti alla messinscena. Se ne accorge solo Ralph René. Che senso ha?
07:05. Ancora i reseau mark (le crocettine) che scompaiono, e persino le stelle che mancano, quelle che persino Mazzucco di Luogocomune.net dice che giustamente non devono esserci. Tutta roba vecchia e rifritta.
07:25. Parla un altro “scrittore scientifico”, Gernot Geise. Questo è il suo sito. Ma guarda: anche lui complottista. Dice che “in alcune foto è possibile vedere dei puntini luminosi simili a riflettori. C'è addirittura una foto in cui la visiera del casco di un astronauta riflette un'intera fila di riflettori”. Lo spezzone video della sua affermazione è qui.
La foto mostrata è quella qui accanto. Il documentario non lo dice, ma è una foto della missione Apollo 12. Precisamente, è un dettaglio della foto AS12-49-7281, scattata durante la seconda passeggiata lunare effettuata durante quella missione.
L'astronauta ritratto è Alan Bean; quello riflesso nella visiera è Charles “Pete” Conrad. L'immagine originale è consultabile presso la Apollo Image Gallery. Guardando l'originale, si nota subito che i “riflettori” sono in realtà semplicemente graffi irregolari che riflettono la luce. I dettagli sono qui.
08:10. Fin qui sono state presentate le “prove” complottiste. Viene finalmente citato l’astronomo Phil Plait, gestore del sito di debunking e divulgazione Bad Astronomy, ma non gli viene dato spazio per parlare. Parla invece Ernst Stuhlinger, collaboratore di von Braun. Non dice nulla di costruttivo, ma semplicemente che “si è fidato”.
09:50. La voce narrante dice che dopo il decollo del grande razzo dal Cape Kennedy “anche per gli addetti ai lavori non ci sono più immagini”, come se questo potesse consentire una finta nella quale il razzo “si è limitato a girare intorno alla Terra”. Ma non è vero che non c’erano più immagini: c’erano quelle dei telescopi degli osservatori astronomici che seguivano i veicoli in rotta verso la Luna. Se gli astronauti fossero rimasti in orbita intorno alla Terra, i sovietici se ne sarebbero accorti e avrebbero denunciato la messinscena. Non è successo. Ma di questo Minoli e i suoi colleghi non fanno menzione.
10:50. Minoli dice che la diretta dello sbarco sulla Luna “a ben guardare suscita più domande che risposte.” Le suscita solo in chi non si documenta e non guarda bene.
11:30. Parla Richard West, dell'ESO, “all’epoca commentatore della televisione danese”. Dice che la NASA gli aveva fornito un dettagliatissimo piano della missione, e questa sarebbe una prova che la messinscena aveva un copione. Perché la NASA avrebbe invece dovuto andare sulla Luna alla sperindio, senza una tabella di marcia.
12:00. Mostrando uno spezzone della diretta della TV tedesca ARD per l'allunaggio, si afferma che la famosa frase “un piccolo passo per l'uomo, un grande balzo per l’umanità” di Neil Armstrong “non è stata mai pronunciata in diretta”. La sentirono milioni di telespettatori, quella notte, come documentano le registrazioni della stessa RAI e i titoli dei giornali dell’indomani, ma per Minoli tutto questo non conta. Conta solo il fatto che il complottista Gernot Geise non se la ricorda. Accidenti, che prova schiacciante. Addirittura si accusa la NASA di aver “miracolosamente” fatto ricomparire la frase nelle registrazioni disponibili su Internet.
14:00. Vengono citati come prova di complotto i “reticoli ottici” (reseau marks o fiducials) che scompaiono dietro gli oggetti. Falso: lo sa qualsiasi fotografo che una linea sottile davanti a un oggetto chiaro viene “mangiata” e che nelle foto originali questi reticoli ci sono eccome. Finalmente parla un fotografo, Michael Light, autore del bellissimo Full Moon (che ho e consiglio), che critica i complottisti, perché usano copie di copie di copie sgranate per le loro “dimostrazioni”. Viene presentata di nuovo la roccia con la C: ma quale C, è un peluzzo infilatosi nello scanner, come ha scoperto un filocomplottista, Steve Troy di Lunaranomalies.com.
15:00. La NASA, dice la voce narrante, rifiuta le richieste dei complottisti di vedere le pellicole originali. Certo, se le “prove” dei complottisti sono queste, li posso anche capire. Si dice anche che le pellicole originali sono inaccessibili, ma è una fandonia, dato che sono state sottoposte a scansione da parte della Arizona State University per pubblicarle su Internet.
15:50. Altra “prova”: le illustrazioni NASA hanno le stelle, le foto no. Nessuno che si chieda perché gli autori della presunta messinscena sarebbero così cretini da dimenticarsi le stelle nelle foto dopo averle messe nelle illustrazioni. Il concetto che un’illustrazione possa concedersi una licenza artistica per abbellire un cielo altrimenti nero evidentemente è troppo complesso da capire. Per fortuna questa bufala, almeno, viene sbufalata brevemente da Michael Light.
16:20. Si dice che è strano che dalla Luna non sia stata scattata nessuna foto delle stelle. Non è strano: è falso. Apollo 12 fotografò Venere e Apollo 16 addirittura portò un telescopio per fotografare le stelle dalla Luna, come mostrato qui.
17:40. Si parla delle pellicole e del calore che avrebbe impedito le foto: “non esiste celluloide in grado di resistere a sbalzi del genere”. Anche questa è una vecchia storia. Le pellicole lunari stavano nel vuoto, che è un pessimo conduttore di calore; mica per nulla si usa il vuoto nei thermos. La fotocamera che li conteneva era riflettente, respingeva gran parte del calore del sole e c’era poco contatto fra fotocamera e pellicola. Oltretutto la pellicola era del tipo Estar usato per le riprese aeree dei ricognitori d’alta quota, capace di resistere a grandi escursioni termiche. Tutti dati facilmente accessibili a chiunque si prenda la briga di cercarli. E parlare di celluloide è una castroneria colossale: la celluloide non si usa nelle pellicole fotografiche dagli anni Cinquanta del secolo scorso.
18:10. Gli sbalzi termici ai quali era soggetto il Modulo Lunare sarebbero un altro mistero. Ma anche no: proprio per evitarli, il guscio metallico del veicolo era rivestito da una coperta termica (quella che spesso viene chiamata “stagnola” dai complottisti). Parla Marcello Coradini (coordinatore missioni nel sistema solare - ESA) e spiega come si fa la protezione termica sulla Luna e nello spazio: sandwich di neoprene, mylar e altro materiale per rivestire capsule, strumenti e tute. Nessun problema e nessun mistero.
19:30. Le impronte degli astronauti vicino al Modulo Lunare sono una “prova” di messinscena: non dovrebbero esserci, dice Ralph René, perché il veicolo dovrebbe aver spazzato via tutta la polvere col motore d’allunaggio: “i cameramen hanno dimenticato di pulire le impronte dei piedi” (ma secondo i complottisti alla NASA sono tutti cretini?).
Perla di traduzione: “il propulsore del freno”. Avete mai visto un freno dotato di propulsore? Semmai sarebbe il propulsore di frenata.
Philip Plait spiega invece come mai è rimasta polvere sotto il veicolo: mica atterra in verticale, come pensano i complottisti, ma scende in diagonale e spegne il motore prima di toccare il suolo. René dice che il veicolo non poteva sopravvivere alla caduta da tre metri d’altezza, ma alla NASA non erano stupidi e quindi avevano dotato il Modulo lunare di ammortizzatori proprio per attutire la caduta, che è comunque a 1/6 della gravità e dell’accelerazione terrestre. La polvere c’è perché deve esserci.
Geise dice che i propulsori avrebber dovuto formare “un buco al suolo”. Nella roccia basaltica? Plait spiega che la spinta era ridotta perché il veicolo, a fine discesa, era molto leggero, specialmente nella gravità lunare.
21:15. Si cita il famoso incidente del simulatore LLTV che coinvolse Neil Armstrong, ma si dimentica di dire che il simulatore non era un prototipo del modulo lunare. Si dice che il modulo non sarebbe mai stato collaudato nello spazio, ma è una balla, e Coradini lo spiega sommariamente. Il Modulo Lunare fu infatti portato in orbita per collaudi (Apollo 9, Apollo 10), scendendo fino a 14 chilometri dalla superficie lunare. L’unica fase che non fu ovviamente possibile collaudare prima fu l’allunaggio.
24:40. Il documentario parla di “raggi radioattivi” ed “emissioni radioattive” dal Sole, che avrebbero fritto gli astronauti lunari. Probabilmente una traduzione letterale di “radioactive rays”, ma mi suona dannatamente impropria. Anzi, mi sa tanto di Goldrake: “Raggi radioattivi! Alabarda spaziale!!”. Non sarebbe più giusto parlare di radiazioni?
Si parla delle fasce di Van Allen, che sono pericolose per le loro radiazioni. Si dice che solo i moduli lunari hanno attraversato queste fasce, ma è una fandonia: lo hanno fatto anche i moduli di comando, maggiormente schermati dei moduli lunari. Lo hanno fatto le sonde sovietiche che hanno portato intorno alla Luna degli animali (Zond 5). René strilla che nessuno ha mai superato le fasce di Van Allen e sfida la NASA a dimostrargli il contrario.
Complimenti al traduttore, fra l’altro, anche per la “cintura di Van Allen” (traduzione letterale di “Van Allen belt”). In italiano si chiama fascia.
Risponde Plait: i veicoli erano schermati proprio per questo. Chiede almeno una fonte bibliografica che dimostri le affermazioni dei complottisti, secondo le quali gli astronauti non avrebbero dovuto sopravvivere al passaggio nelle fasce di Van Allen e avrebbero avuto bisogno di una schermatura enorme.
26:50. Rischio radiazioni sulla Luna: le tute spaziali vengono descritte come se fossero degli abitini leggeri, quando invece erano doppie (una pressurizzata interna e una esterna proprio contro le radiazioni e i micrometeoroidi. Coradini spiega che il rischio era prevedibile e arginabile.
27:40. Minoli parla di von Braun. La voce narrante dice che le ricerche “hanno fatto scoprire” una foto di von Braun con Walt Disney. Questa scoperta viene presentata come se fosse un indizio di una collaborazione per il falso, ma la foto è in realtà famosissima e la collaborazione con Disney per divulgare l’esplorazione spaziale non era certo un segreto (ci sono documentari pubblici della Disney condotti da von Braun, e il documentario.
30:00. Le “immagini di grande significato simbolico” del cinema di fantascienza sono “stranamente” simili a quelle degli sbarchi, e questo è un altro motivo di sospetto. Accidenti, che prove possenti. Non è che per caso le immagini simboliche del cinema erano una logica previsione di quello che sarebbe stato fatto/visto negli sbarchi reali?
31:50. Viene citato l'incidente del 1967 (Apollo 1, tre astronauti morti sulla rampa di lancio durante un'esercitazione, foto qui sotto), che sarebbe la ragione per cui si sono fatte le missioni finte. Perché è ovvio: quando una cosa non funziona, non la si riprogetta da cima a fondo e si fa in modo che funzioni. No, si affitta di corsa un set di Hollywood per fare una grande finta e si spera che non se ne accorga nessuno e nessuno spifferi.
Tutto quello che resta dell’interno della capsula dell’Apollo 1 che conteneva i tre astronauti Gus Grissom, Edward White e Roger Chaffee. |
33:10. Il programma dice che le foto Apollo 11 fanno pensare a un teatro di posa, mancano di profondità. Sono “troppo simili” a quelle fatte durante le simulazioni. Non è che magari è così perché le simulazioni erano fatte bene, visto che c'era in gioco il successo della missione?
33:30. La foto di Aldrin che scende e sarebbe troppo illuminato. Ma guardate il suolo sullo sfondo: è bianco da tanto che è stato sovraesposto per riuscire a esporre correttamente Aldrin. Il suolo lunare è grigio scurissimo.
34:30. I dipinti degli artisti non corrispondono alle immagini della Luna! Ecco la prova schiacciante. Ma allora perché gli scenografi della Nasa, quelli che avrebbero girato in studio le avventure lunari, non hanno fatto la Luna finta uguale ai dipinti degli artisti, per non allarmare nessuno?
36:50. Non c'è il getto infuocato del motore, previsto da Von Braun sotto il modulo lunare. Ma perché dovrebbe esserci? È un gas che si espande nel vuoto. Viene proposto un confronto con le scie dei motori di manovra dello Shuttle, citate da Gernot Geise. Coradini spiega che non si formano fiamme nel vuoto (e le scie dello Shuttle sono illuminate dal sole in controluce, solo questo le rende visibili).
37:50. Rocce lunari. Geise dice che sono state raccolte da sonde automatiche. Non presenta prove, ma dice che le rocce dei musei sono false. Non ha prove. Ci dobbiamo fidare di lui, ovviamente, ma non dei geologi che le hanno studiate per cinquant’anni.
38:40. Phil Plait viene di nuovo tradotto alterando “250.000 persone” in “250 persone”.
39:10. Minoli insinua che affidare a Bob Gilruth la gestione delle missioni, anziché a von Braun, è prova di un mistero. Dice anche che sul sito della NASA ci sono pochissime foto di Gilruth e nessuna lo ritrae insieme a von Braun. Due panzane clamorose: foto di loro due insieme sono qui, qui, qui, qui e qui.
Gilruth e von Braun sono agli angoli opposti del tavolo, 26 maggio 1958 (didascalia). Da NASA.gov. |
40:20. René dice che non c'era nessuna corsa alla Luna. Ma le missioni N-1 sovietiche allora non esistono, i tentativi sovietici di arrivare sulla Luna sono falsi anche quelli?
42:20. Una frase di von Braun ad Armstrong in cui diceva che secondo le statistiche l’astronauta sarebbe dovuto morire nello spazio viene presentata come “prova” del falso sbarco. Qui si sta veramente raschiando il fondo del barile.
42:50. Si dice che il telescopio del monte Paranal, in Cile, dovrebbe poter vedere i resti delle missioni sulla Luna. Ma è dal 2009 che abbiamo le foto che documentano la presenza dei veicoli Apollo sulla Luna, grazie alla sonda Lunar Reconnaissance Orbiter. In tutti questi anni la Rai non ha aggiornato o rettificato questa sottospecie di documentario.
Il documentario finisce e Minoli intervista l’astronauta italiano Roberto Vittori, che spiega che ha studiato sotto la direzione dell’astronauta lunare John Young. Già questo semplice fatto dovrebbe far cestinare tutti i complottismi lunari: insinuare che gli astronauti non sono andati sulla Luna significa dare del contaballe a John Young e quindi del cretino a Vittori (perché non si sarebbe accorto che Young è un impostore e gli ha mentito quando gli ha insegnato l’astronautica). Ma a Minoli, a quanto pare, la coerenza non interessa.