di Paolo Attivissimo, con il contributo di Diego Cuoghi
In un articolo precedente ho segnalato un esempio d'epoca di come le fotografie delle missioni Apollo furono pubblicate, negli anni immediatamente successivi agli eventi, in forma decisamente degradata e con fotoritocchi che possono aver contribuito non poco a una percezione di artificiosità o di falsificazione vera e propria che avrebbe alimentato le tesi di messinscena.
Tuttavia Diego Cuoghi, autore di Moon Hoax? No thanks!, mi segnala che esiste anche un caso moderno di fotoritocco piuttosto clamoroso: il libro Full Moon di Michael Light, pubblicato in Italia da Mondadori col titolo "Luna" nel 1999. Cuoghi cita, per esempio, la foto numero 70 del libro (le pagine non sono numerate). Questa è una scansione parziale della foto così come viene presentata in Full Moon.
Questa è invece la foto originale, la AS15-85-11470, pubblicata dalla NASA qui e disponibile in versione non ritagliata e a definizione molto maggiore presso http://eol.jsc.nasa.gov (acquisire quest'ultima versione è un po' complicato; Cuoghi la offre direttamente sul proprio sito qui).
Il confronto rivela la vistosa e discutibile elaborazione digitale dell'immagine, fatta forse per conferire drammaticità a una fotografia scattata con intenti puramente documentativi. I più attenti noteranno anche l'eliminazione vera e propria di un dettaglio: il sasso fra le ruote del Rover, evidenziato qui sotto.
Spiega Cuoghi: "[Michael Light] ha chiuso tutte le ombre facendole diventare un'unica macchia nera, e tutto il contorno dell'astronauta e del Rover sul fondo nero è alonato, come se in stampa (faccio sempre l'esempio della camera oscura) avessero esagerato con l'esposizione della carta. Queste foto non sono state stampate su carta e poi scansionate, sarebbe assurdo, ma l'effetto è quello. In digitale si può ottenere con PhotoShop, lavorando su diversi livelli sovrapposti, uno sfocato che scurisce il sottostante, poi uno esageratamente contrastato che si sovrappone parzialmente, poi un altro.... Insomma bisogna lavorarci molto per rovinare in quel modo "pittoresco" una foto scientifica."
Cuoghi nota che quasi tutte le fotografie in bianco e nero hanno lo stesso "effettaccio", mentre quelle a colori "hanno risentito, mi pare, solo di un elevato contrasto." Cita anche le fotografie 75 e 76, da confrontare con gli originali (AS15-82-11102 e AS15-90-12233): "Basta guardare come sono state ridotte quelle povere ombre: abissi di nero 100%, grigi inesistenti e bianchi sparati, quando gli originali sono pieni di sfumature e dettagli. E sempre quell'alone sfocato di sotto, a dare un senso di artefatto e di sporco... forse gli originali erano troppo realistici, non abbastanza suggestivi, glamour, shocking."
Trova incomprensibili "le pesantissime elaborazioni che si trovano in quello che è considerato uno dei migliori libri fotografici recenti sulle missioni Apollo." E aggiunge: "Moltissime foto in bianco e nero sono state elaborate per renderle più "drammatiche" con un incomprensibile abuso di contrasto misto a spappolamento dei dettagli, bordi sfumati come se fossero stati scontornati con l'aerografo, ombre chiuse, luci bruciate... Il confronto con le migliori scansioni originali pubblicate nei siti NASA è sconfortante. L'autore confessa di essere intervenuto solo su quattro foto 'eliminando con un procedimento digitale alcuni piccoli particolari per ragioni estetiche', ma non è così, le foto rovinate con quel bianco e nero "pittoresco e suggestivo" sono molte di più."
Il libro di Michael Light, insomma, ha il pregio di riaccendere l'interesse verso le missioni lunari Apollo, ma lo fa sacrificando l'autenticità e il realismo. Va quindi considerato più come libro d'arte che come documento oggettivo degli sbarchi sulla Luna.
2010/10/13
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6 commenti:
Il libro di Michael Light, insomma, ha il pregio di riaccendere l'interesse verso le missioni lunari Apollo, ma lo fa sacrificando l'autenticità e il realismo. Va quindi considerato più come libro d'arte che come documento oggettivo degli sbarchi sulla Luna.
Qualcuno aveva dei dubbi a tal proposito?
È un libro fantastico... basta non pretendere che un fotografo si trasformi magicamente in astrofisico. Fino a prova contraria un fotografo è un artista (o artigiano) e non uno scienziato.
Anche il termine "effettaccio" lo trovo fuori luogo: è un effetto artistico molto suggestivo!
Elaborare le immagini, per migliorarne la visione, per me può andare, se ne viene specificato il perché e come.
Non sono d'accordo sull'elaborazione, in cui, di fatto, si perde qualcosa dell'immagine, come in questo caso le zone in ombra o peggio ancora cancellando dei particolari.
Si poteva ad esempio aumentare il contrasto delle sole zone luminose.
Le ruote del rover sono rivestite di maglia metallica? Come quelle reti antineve che vendono oggi, da sistemare sulle gomme per non perdere aderenza?
Da art director posso dire che queste foto hanno subìto il "classico" eccesso di fotoritocco. Capita quando chi le prende in mano è convinto che Photoshop possa solo migliorare le immagini e lo usa in modo eccessivo. Anzi io ho come l'impressione che le foto sono state acquisite e poi gli sia stato applicato un "contrasto automatico".
Poco professionale.
Zar,
le ruote del Rover non avevano pneumatici o un battistrada continuo, ma erano costituite da una maglia metallica aperta, sulla quale erano applicate lamine di titanio intervallate e disposte a lisca di pesce.
Alessandro ha scritto:È un libro fantastico... basta non pretendere che un fotografo si trasformi magicamente in astrofisico. Fino a prova contraria un fotografo è un artista (o artigiano) e non uno scienziato.
Nel capitolo intitolato "Qualche osservazione sulle fotografie" leggo:
"Questo libro ha utilizzato le più moderne tecniche digitali per assicurare la massima qualità delle riproduzioni fotografiche (...) L'avvento dell'immagine digitale fa sì che le fotografie, più che riprodotte, siano clonate, evitando la somma di passaggi successivi e mantenendo così inalterato un maggior numero di informazioni. (...) In ragione delle finalità scientifiche e documentarie delle immagini delle missioni Apollo, ho posto una attenzione particolare all'utilizzo degli strumenti digitali, per non alterarle più di quanto potrebbe fare un bravo stampatore quando prepara una buona copia a stampa per una mostra."
Con queste premesse il rispetto dei dettagli più fini delle immagini doveva essere assicurato, invece ripeto che guardare certe foto in bianco e nero stampate in quel modo è sconcertante se si conoscono le stesse foto pubblicate nei siti NASA. Le foto in bianco e nero del libro sembrano stampe sottoesposte ottenute da una pellicola HP5 tirata a 3200 ASA e sviluppata in Microphen: grana enorme e contrasto esasperato, quando le scansioni ad alta definizione scaricabili dalla NASA rivelano finezza di grana, sfumature e dettagli.
Verso la fine della pagina Michael Light dice di aver effettuato alcune elaborazioni e di essere "intervenuto con maggiore libertà nel caso di quattro foto, eliminando con un procedimento digitale alcuni piccoli particolari per ragioni estetiche. Dalle immagini 26 e 27 ho tolto un sottile sensore del modulo di comando che compariva nell'inquadratura. Dalle immagini 72 e 78 ho rimosso i segni di griglia, infine ho leggermente sfocato con metodi digitali l'ingrandimento dell'immagine 58, la foto di famiglia sulla superficie della Luna".
Purtroppo non ha fatto solo questo...
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