di Paolo Attivissimo. Questo articolo vi arriva grazie alla donazione per il libro “Luna? Sì, ci siamo andati!" di paolo.pizzag* ed è stato aggiornato dopo la pubblicazione iniziale.
Per tentare di battere gli americani nella corsa alla Luna, i russi costruirono un razzo gigantesco, l'N-1, che però esplose ripetutamente sulla rampa di lancio o poco dopo il decollo. Il progetto fu quindi insabbiato e il governo sovietico diede ordine di distruggere tutto e finse di non aver mai provato a portare un cosmonauta sul suolo lunare.
Questo è il vero complotto, concreto e ben documentato, intorno allo sbarco sulla Luna.
I motori costruiti dai russi per le versioni evolute dell'N-1, gli
NK-33, non furono distrutti: disubbidendo agli ordini governativi, furono nascosti per vent'anni in un magazzino e riemersero dopo il crollo dell'Unione Sovietica. Quando i tecnici americani li videro e ne conobbero le specifiche rimasero increduli: nonostante avessero vent'anni sulle spalle, erano comunque talmente progrediti da superare in termini di efficienza i più moderni motori a stelle e strisce, grazie al
sistema a ciclo chiuso, che nessun altro era riuscito a perfezionare.
Una versione evoluta dei motori dell'N-1, l'
RD-180, finì per essere il primo motore russo a lanciare un vettore americano (un
Atlas V) da Cape Canaveral. Il vettore, un Atlas V, era derivato dai missili intercontinentali omonimi progettati per recapitare bombe atomiche americane sulle città russe, ma a partire dal
21 agosto 2002 questa sua versione post-Guerra Fredda volò spinta da un propulsore russo. A volte la realtà supera davvero la fantasia.
Questa è la storia straordinaria raccontata da
Equinox - The Engines that Came In from the Cold, un documentario della rete televisiva britannica Channel 4 datato 2000 (o 2001 secondo la
scheda IMDB) e visionabile quasi integralmente su Youtube in inglese (
prima parte,
seconda parte,
terza parte,
quarta parte,
quinta parte incompleta). Copie complete sono reperibili nei circuiti
peer-to-peer. La durata complessiva è di 50 minuti.
La singolare vicenda dei motori NK-33 viene narrata attraverso preziose interviste con vari protagonisti dell'era spaziale, come George Mueller, capo del programma Apollo dal 1963 al 1969 e successivamente direttore della Kistler Aerospace; James Harford, storico dell'astronautica russa; Boris Chertok, vice capo progettista dell'N-1; Vassily Mishin, che prese le redini del progetto N-1 dopo la morte improvvisa di Korolev; Valentin Anisimov, capo progettista dell'Ufficio Progettazione Kuznetsov. Vengono interpellati anche Bob Ford della Lockheed Martin, Bill Hoffman della Aerojet e Charles Vick (Federation of American Scientists), che ha il merito di aver ottenuto la divulgazione delle immagini CIA delle rampe di lancio dell'N-1.
Il documentario è particolarmente interessante non solo per il fatto di raccontare un aspetto poco conosciuto della corsa alla Luna con le testimonianze dei protagonisti, ma anche per l'uso abbondante di riprese sovietiche originali. Viene mostrata la costruzione delle rampe di lancio dell'N-1, con le loro caratteristiche trincee disposte a 120°, e ci si sono riprese dell'assemblaggio, del roll-out e del decollo (a 20:30) del vettore gigante; non mancano anche altre immagini rare, come le esplosioni in volo dell'N-1 e di altri vettori russi e il decollo dello shuttle russo Buran. Una delle immagini più tristi è quella dei pezzi di un N-1 trasformati in tettoie di una porcilaia.
C'è un breve spezzone (a 5:55) nel quale sembra che Korolev tenga un discorso in piazza, ma forse è solo una svista di montaggio, perché un discorso pubblico striderebbe con la segretezza assoluta che veniva mantenuta, secondo gli storici, sull'identità di Korolev, a meno che si tratti di un discorso tenuto in una delle città chiuse nelle quali i russi concentravano le proprie attività segrete.
Nel complesso,
The Engines that Came In from the Cold è un ottimo esempio di narrazione documentaristica che fa leva sul fatto molto semplice che certe storie vere sono talmente straordinarie da non aver bisogno di toni sensazionalisti e di invenzioni drammatiche.
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Le tre enormi trincee di una rampa di lancio per l'N-1. |
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Korolev tiene un discorso. |
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Esplosione in volo di un vettore russo. |
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Vassily Mishin. |
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Boris Chertok. |
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Il roll-out di un N-1, trasportato coricato
secondo il classico metodo russo |
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Accensione del primo stadio di un N-1. |
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Decollo di un N-1. |
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Un N-1 supera la torre di lancio.
Si nota l'assetto molto inclinato. |
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Un N-1 esplode in volo. |
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Rottami di un N-1. |
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Due N-1 contemporaneamente sulle rampe di lancio. |
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Parti di un N-1 riciclate come tettoia per i maiali. |
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Quello che resta delle trincee dell'N-1. |
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Decollo dello shuttle russo Buran. |
4 commenti:
Fantastico.
Conoscevo la storia dell'N1 ma non che esistesse un documentario sull'RD180.
Me lo scarico subito.
---Alex
Ciao, ci sono un paio di punti che non mi sono molto chiari e mi piacerebbe saperne di più se possibile:
1 - nel testo scrivi progrediti da superare in termini di efficienza i più moderni motori a stelle e strisce, grazie al sistema a ciclo chiuso ma non capisco cosa sia il "ciclo chiuso" in un motore a razzo, hai qualche riferimento?
2 - mi sembra "fuorviante" quando dici L'Atlas V era derivato dai missili intercontinentali progettati per recapitare bombe atomiche americane sulle città russe eppure volava spinto da un propulsore russo perchè sembra che il motore sovietico fosse già impiegato sugli ICBM americani, ma per quanto ne so in comune AtlasV e AtlasII che era il propulsore degli ICBM hanno in comune il nome e poco altro; e in effetti anche tu dici che il progetto è riemerso dopo il crollo dell'URSS per cui è improbabile che gli americani potessero averlo esaminato durante la guerra fredda: mi sbaglio?
Grazie per i chiarimenti e per l'interessante articolo.
super33,
1 - Aggiungo subito un link alla questione del ciclo chiuso.
2 - Concordo che la frase è poco chiara. Sistemo subito, grazie!
Il filmato del discorso di Korolyov è stato girato il 15 aprile 1961. Quel giorno (tre giorni dopo il suo volo nello spazio) Yurij Gagarin andò a far visita agli stabilimenti dell'OKB-1, dove avevano costruito il razzo e la navicella per la sua missione, e sia Korolyov che Gagarin tennero un discorso di fronte ai dipendenti della ditta.
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