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2019/01/06

Una foto straordinaria di Ed White? No, un “falso” d’autore

di Paolo Attivissimo. Questo articolo vi arriva grazie alle donazioni per il libro “Luna? Sì, ci siamo andati!".

Circola su Internet una foto bellissima di un astronauta Gemini ripreso dall’interno del veicolo spaziale, con il portello aperto, in procinto di affrontare una “passeggiata spaziale”.

Di solito la fotografia viene descritta come un’immagine dell’astronauta Ed White che si prepara a lasciare la capsula Gemini per la prima EVA statunitense, durante la missione Gemini 4 avvenuta a giugno 1965.




La foto è davvero splendida, tanto da sembrare un quadro iperrealista, ma in realtà non fu scattata nello spazio. Lo si nota se si guarda attentamente il nero dello “spazio”: rivela una serie di strutture reticolari.



Sono, presumibilmente, le strutture di copertura della sala del museo Smithsonian dove è stata allestita una ricostruzione dell’EVA di Ed White:

Credit: Image by Eric Long, National Air and Space Museum, Smithsonian Institution.

2016/04/12

Tom Stafford (Gemini 6, Gemini 9, Apollo 10, Apollo-Soyuz) a Pontefract, aprile 2016: cento minuti di storia vivente

di Paolo Attivissimo


Il generale Thomas Patten Stafford, 86 anni, si racconta a Pontefract grazie a Space Lectures.

2016/02/28

50 anni fa la NASA perdeva due astronauti: Charles Bassett ed Elliott See

di Paolo Attivissimo



È il 28 febbraio 1966. La NASA, con il programma Gemini, sta imparando tutto quello che serve sapere per poter mandare degli astronauti sulla Luna: come camminare e lavorare in assenza di peso, come effettuare rendez-vous e attracchi fra due veicoli spaziali. Molti membri degli equipaggi delle missioni Gemini viaggeranno poi fino alla Luna: Neil Armstrong, Buzz Aldrin, Tom Stafford, John Young e Gene Cernan, per citarne alcuni.

Ma l’equipaggio della Gemini IX, costituito da Elliot See e Charles Bassett II, non avrà questa possibilità. See, 38 anni, e Bassett, 34 anni, partono intorno alle sette di mattina dalla base di Ellington, diretti allo stabilimento della McDonnell a St. Louis, a bordo di un addestratore T-38, accompagnati dall’equipaggio di riserva, Tom Stafford e Gene Cernan, su un altro T-38. Devono trascorrere a St. Louis una decina di giorni per ispezionare la loro capsula Gemini ed addestrarsi nel simulatore.

Alla partenza il tempo è ottimo, ma a St. Louis piove; le nuvole sono basse (a 600 metri di quota) e la visibilità è scarsa. All’arrivo sopra la base aerea di Lambert Field, poco prima delle nove, i due jet si trovano troppo vicini alla fine della pista d’atterraggio e così See vira a sinistra, stando sotto le nuvole, mentre Stafford si arrampica e rientra nelle nubi per tentare un altro avvicinamento, cosa che gli riesce senza problemi.

Ma la virata di See porta il suo T-38 vicino all’Edificio 101 della McDonnell, dove i tecnici stanno lavorando proprio alla capsula Gemini che dovrà portare See e Bassett nello spazio. Rendendosi forse conto di star perdendo quota troppo rapidamente, See accende i postbruciatori e tenta di virare bruscamente a destra, ma è troppo tardi: l’aereo colpisce il tetto dell’edificio con un’ala e si schianta, incendiandosi e uccidendo Bassett e See. Frammenti del loro aereo colpiscono la capsula Gemini. See viene sbalzato fuori dall'aereo; il suo cadavere viene ritrovato in un parcheggio adiacente. La testa di Bassett viene trovata incastrata fra le travi del tetto dell’Edificio 101. Se l’aereo fosse stato leggermente più basso, avrebbe distrutto la capsula e soprattutto ucciso decine di specialisti che vi lavoravano, mettendo in crisi l’intero progetto di arrivare alla Luna.

Non è il primo incidente che tronca la vita di un astronauta: era già successo con Theodore Freeman nel 1964. Ma è la la prima volta che la NASA si trova costretta a rimpiazzare l’equipaggio primario di una missione con quello di riserva. Stafford e Cernan voleranno nello spazio con la Gemini IX e diventeranno i primi ad effettuare con successo tre rendez-vous; in seguito voleranno insieme fino alla Luna con Apollo 10.

L’incidente aereo innesca un effetto domino che cambia il corso della storia: senza la morte di Bassett e See, per esempio, Buzz Aldrin non sarebbe stato scelto come membro di riserva per Gemini IX e non avrebbe volato con la Gemini XII a novembre del 1966; probabilmente non sarebbe stato il pilota del modulo lunare di Apollo 11 e quindi non sarebbe stato il secondo uomo a camminare sulla Luna. Inoltre Gene Cernan probabilmente non sarebbe stato l’ultimo uomo sulla Luna. Aldrin, amico e vicino di casa di Bassett, non dimenticherà mai che la sua presenza nei libri di storia è frutto di questa tragedia.

See e Bassett verranno sepolti al Cimitero Nazionale di Arlington, uno vicino all’altro. I loro nomi non sono noti ai più, forse perché sono morti prima di andare nello spazio, ma sono incisi nello Space Mirror Memorial al Centro Spaziale Kennedy, insieme a tutti gli altri astronauti deceduti nello svolgimento del proprio compito, e sono stati portati sulla Luna dagli astronauti di Apollo 15 nella targa che accompagna la statuetta Fallen Astronaut collocata nei pressi della Hadley Rille.



Per aspera ad astra.


Fonti: NASA, AmericaSpace.

2012/02/05

La Terra vista come una sfera già dagli astronauti Gemini

di Paolo Attivissimo


Il 14 settembre 1966 Pete Conrad e Richard Gordon stabilirono un record di altitudine portando la propria capsula Gemini XI alla quota di 1370 chilometri dalla superficie della Terra grazie alla spinta del veicolo Agena, lanciato separatamente, al quale avevano attraccato. Prima di loro, John Young e Michael Collins (futuri astronauti lunari) avevano effettuato una manovra analoga con la missione Gemini X (luglio 1966), arrivando però a circa 1000 chilometri.

Il record è tuttora imbattuto in termini di altitudine (apogeo) di un'orbita terrestre da parte di astronauti: neppure lo Space Shuttle arrivò mai così in alto, raggiungendo al massimo circa 600 chilometri per le missioni dedicate al telescopio spaziale Hubble. Soltanto gli astronauti Apollo, finora, hanno raggiunto distanze maggiori dalla Terra (a partire dalla missione Apollo 8, nel 1968), ma non nell'ambito di orbite terrestri.

L'immagine qui sopra, la S66-54706 tratta dall'archivio fotografico NASA delle missioni Gemini, fu scattata a 740 miglia (1191 chilometri) dalla Terra e inquadra la porzione occidentale dell'Australia, da Perth a Port Darwin. Documenta il fatto che gli astronauti Gemini, e non quelli Apollo, furono i primi a poter vedere la Terra come una sfera, abbracciandola interamente con uno sguardo.

Altre immagini dell'orbita record della Gemini XI sono mostrate qui sotto con i link alle nuove scansioni in altissima risoluzione pubblicate di recente. Nell'ultima si nota, riflessa nel vetro del finestrino della capsula, la mano del fotografo.


S66-54703


S66-54704


S66-54705


S66-54714

2011/03/04

L'UFO della Gemini VII: il “bogey” di Frank Borman

di Paolo Attivissimo. Questo articolo è apparso inizialmente nel blog Nufologia.

Un lettore, Luca, mi segnala il caso di uno dei presunti avvistamenti di UFO da parte degli astronauti citati spesso dai siti ufologici: quello di Frank Borman e James Lovell durante la missione Gemini VII, nel dicembre del 1965. L'episodio viene raccontato attribuendo agli astronauti delle comunicazioni radio che parlano inequivocabilmente di un veicolo non identificato e la narrazione è spesso accompagnata dalla fotografia mostrata qui accanto.

La versione di Misteriufo:

Durante la seconda orbita Borman segnala un oggetto luminoso davanti alla capsula, che non può essere il razzo vettore, in quanto anche quest'ultimo risulta visibile attraverso l'oblò. Più tardi vengono fotografate strane luminosità azzurrognole, munite di appendici vaporose, che passano sotto la Gemini. Per il primo avvistamento, la NASA parla di un ignoto frammento di vettore in orbita, forse i resti di un Titan ma il NORAD (l'ente che segue le rotte di ogni satellite) dichiara: «E' impossibile che resti di un Titan o di qualsiasi altro missile si possano trovare in quella posizione». Per il secondo avvistamento si parlò di fulmini globulari nell'alta atmosfera.

La versione del CUN (Centro ufologico nazionale) italiano:

Nel Dicembre del 1965, anche gli astronauti Gemini James Lovell e Frank Borman videro un UFO nel corso della seconda orbita del loro volo record di 14 giorni.
Borman riportò di aver visto un'astronave sconosciuta poco distante dalla loro capsula. Il Controllo Gemini a Cape Kennedy gli disse che stava osservando
I'ultimo stadio del loro stesso razzo Titan. Borman confermò di poter vedere perfettamente il razzo, ma che poteva vedere anche qualcosa di completamente diverso. Questa comunicazione fu riportata durante il volo di James Lovell sulla Gemini 7:
Lovell: "Oggetto non identificato a ore 10 in alto".
Controllo: "Qui Houston. Ripetete, Sette"
Lovell: "Ho detto che abbiamo un oggetto non identificato a ore 10 in alto"
Controllo: "Gemini 7, è il razzo o un avvistamento effettivo?"
Lovell: "Abbiamo diversi avvistamenti effettivi."
Controllo: "Distanza o dimensioni stimate?"
Lovell:"Abbiamo in vista anche il razzo."

Alieni e Misteri ha anche uno spezzone di audio.

Andando a controllare i fatti pubblicati su Nasa.gov, la missione Gemini VII ebbe luogo dal 4 al 18 dicembre 1965 ed ebbe a bordo Frank Borman (pilota comandante) e James Lovell (pilota), entrambi al loro primo volo spaziale. I due astronauti stabilirono un record di durata che rimase imbattuto per cinque anni.

Gli archivi della NASA mettono a disposizione l'audio originale e la trascrizione delle comunicazioni radio della missione, che contengono questo scambio in cui si parla di “bogey”, termine del gergo militare aeronautico che indica un velivolo nemico o non identificato. È l'unico riferimento a un “bogey” nell'intera trascrizione delle comunicazioni da e verso Terra. “C” è il comandante Borman; “CC” è il Capcom, ossia l'addetto alle comunicazioni con gli astronauti che si trova a terra, nel centro di controllo di Houston.


C Gemini VII here. Houston, how do you read?
CC Loud and clear, VII. Go ahead.
C I have a bogey at 10:00 o'clock high.
CC This is Houston. Say again, VII.
C Said we have a bogey at l0:00 o'clock high.
CC Roger.
CC Gemini VII, is that the booster or is that an actual sighting?
C ...
CC Say again, VII.
C Said ... we have several - looks like ... actual sighting.
CC Do you have any more information, estimated distance, or size?
C We also have the booster in sight.
CC Understand you also have the booster in sight. Roger.
C ... there are very many - looks like hundreds of little particles going by from the left out about 3 or 4 miles.
CC Understand you have many small particles going by on the left. At what distance?
C ... looks like ...
CC Roger. Understand they're about 3 or 4 miles away?
C They're past now; they're in a polar orbit.
CC Roger. And understand they were about 3 to 4 miles away?
C That's what it appeared like, or farther.
CC Roger.
CC Gemini VII, Houston. Were these particles in addition to the booster and the bogey at 10:OO o'clock high?
C ...
CC Roger.

(Gemini VII Composite Air-to-Ground and Onboard Voice Tape Transcription, Vol. 1, pagg. 32-34, da 01:43:17 a 01:45:28)

Il confronto fra la trascrizione che include anche il PAO (l'addetto alle comunicazioni al pubblico) e lo spezzone di audio presentato da Alieni e Misteri indica un rimontaggio: le parole del PAO, che sono a pagina 79 del PAO Mission Commentary Transcript, vengono pronunciate dopo che ci sono stati vari altri scambi di messaggi con gli astronauti.

La cosa più importante è che l'estrapolazione delle frasi dal loro contesto fa sembrare misteriosa una comunicazione che in realtà non lo è quando si legge l'intera trascrizione delle comunicazioni e si conosce la missione. Lo spiega molto lucidamente lo storico dell'astronautica James Oberg in Gemini-7: Lessons and Legends  - A 30th Anniversary Revisit "Formation Flying", "Lessons Learned" Later, and one "Bogey" (15 settembre 1995): uno degli scopi della missione Gemini VII era un rendezvous con il secondo stadio del missile Titan-2, anch'esso arrivato in orbita intorno alla Terra.

Per una semplice necessità di meccanica celeste, la Gemini VII si trovò a ripassare più volte attraverso la nube di frammenti d'ogni dimensione staccatisi spontaneamente dallo stadio. Nello spazio e a velocità orbitale, l'assenza d'aria e di peso fanno sì che questi frammenti proseguano lungo la propria traiettoria viaggiando di conserva. Quello che videro gli astronauti era semplicemente un frammento più luminoso proveniente dal proprio missile. Non per nulla l'avvistamento avviene proprio in concomitanza con uno dei passaggi attraverso la nube di frammenti.

Del resto, il tono assolutamente calmo e rilassato con il quale gli astronauti dialogano con il centro di controllo a Houston indica che l'avvistamento non ha nulla di straordinario. Se davvero si fosse trattato di un veicolo alieno, presumibilmente le reazioni verbali sarebbero state ben altre.

Resta da chiarire la fotografia. La prima cosa che si nota è un fenomeno ricorrente nelle immagini ufologiche: la pessima qualità e la mancanza di una fonte precisa. Anche qui viene in soccorso James Oberg, che nell'articolo già citato ricorda la sua analisi dell'immagine, datata 1976 e pubblicata in Search Magazine.

Si tratta di una versione alterata e sgranata della foto S65-63722, scattata durante la missione. Secondo il documento Earth Photographs From Gemini VI Through XII, è la prima foto del rullino 24, scattata durante la settantasettesima rivoluzione intorno alla Terra, il 9 dicembre 1965 alle 21:51 GMT, quindi vari giorni dopo il presunto avvistamento, sopra l'Oceano Pacifico occidentale.

Scansione per gentile concessione di Ed Hengeveld, Apollo Lunar Surface Journal.

La versione originale di questa foto, presentata qui sopra, mostra in realtà il muso (scuro e in ombra) della capsula, sul quale si vede il riflesso metallico sfuocato degli ugelli dei piccoli razzi di regolazione d'assetto del veicolo spaziale. La forma del muso e la posizione degli ugelli è chiarita da questa fotografia di un rendezvous fra le capsule Gemini 6 e 7.

Foto NASA S65-63194.


La fotografia ufologica è stata insomma alterata, in modo che il muso scuro si confonda con la Terra altrettanto scura che si vede sullo sfondo, e poi capovolta e ritagliata.



Il riflesso degli ugelli si nota anche in altre fotografie delle missioni Gemini, come quella mostrata qui sotto, la S65-45753, riferita alla Gemini V.


Un esempio ancora più chiaro di come gli ugelli dei motori di manovra brillino quando il muso della capsula Gemini è in ombra o penombra è dato dalla foto S66-63060, tratta dalla missione Gemini XII e datata 14 novembre 1966:

2011/01/11

L'antenna impossibile della capsula Gemini

di Paolo Attivissimo. L'articolo è stato aggiornato dopo la pubblicazione iniziale.

In una conferenza sulle missioni lunari che ho tenuto a Brescia qualche tempo fa ho commesso un errore tecnico di cui vorrei scusarmi pubblicamente. Ho dato una risposta inesatta a una domanda di una persona del pubblico, che aveva sollevato la questione dell'apparente assurdità di alcune fotografie delle capsule Gemini scattate dopo l'ammaraggio. In queste fotografie le capsule mostravano un'asta molto lunga che sporgeva dal muso del veicolo e si ergeva a mo' di albero d'imbarcazione.

Il mio interlocutore aveva sottolineato che quell'asta non sarebbe stata in grado di sopravvivere al calore e alla resistenza aerodinamica del rientro in atmosfera e che a suo parere le fotografie erano state scattate durante un addestramento in mare e poi spacciate per immagini del rientro a Terra degli astronauti americani.

Una tesi per certi versi analoga e più articolata è sostenuta da Ralph René nel suo libro NASA Mooned America! (1994) a pagina 4. Scrive René, mostrando una copia sgranata in bianco e nero della fotografia a colori presentata all'inizio di questo articolo:
Wally Schirra e Tom Stafford stanno per essere recuperati dopo l'ammaraggio nella missione Gemini 6A. Asseriscono di aver effettuato un rendezvous nello spazio con Borman e Lovell, che pilotavano la Gemini 7. Dal muso della capsula vediamo la base di una lunga antenna a frusta in fibra di vetro. È completamente intatta, e non è retrattile, dato che la cabina della capsula non contiene un pozzetto per antenne. Le capsule arrivavano dalla fabbrica lucenti di pellicola argentea (carbonizzata da da temperature superiori a 2700 °C durante il rientro). Qualunque cosa non sia protetta dal rivestimento ablativo anteriore si incenerirà. Nessuna delle altre capsule Gemini mostravano antenne a frusta dopo il rientro. Quest'antenna risponde a frequenze non utilizzate nello spazio e sarebbe utile solo nel localizzare la capsula dopo l'ammaraggio. Una volta trovata la capsula non avrebbe alcuna ulteriore utilità. Perché i difensori della NASA argomentano che i sommozzatori di recupero l'hanno installata dopo che era nell'acqua? L'unica conclusione logica è che questa capsula non ha mai effettuato un rientro dallo spazio ma è stata paracadutata da un aereo da trasporto della CIA.

Wally Schirra and Tom Stafford are about to be rescued after splash-down on Gemini 6A. They claim to have made a rendezvous in space with Borman and Lovell, who were flying Gemini 7. From the front of the capsule we see the base of a long fiberglass whip antenna. It is completely undamaged, and it is not retractable, as the capsule cabin contains no antenna well. The capsules came from the factory gleaming with a silver film (which is charred by temperatures over 5000 degrees during re-entry). Anything not shielded by the forward ablative coating will burn up. None of the other Gemini capsules showed whip antennas after splash-down. This antenna responds to frequencies not used in space and would only be of value in locating the capsule after it landed. Once the capsule was found it would have no further value. Why do NASA apologists argue that the rescue divers installed it after it was in the water? The only logical conclusion left is that this capsule never re-entered from space but was parachuted from a CIA cargo plane.

È interessante notare che secondo René la spiegazione più semplice e sensata (si tratta di un dispositivo collocato dopo il rientro) è inaccettabile e “l'unica conclusione logica” è una complicatissima operazione ultrasegreta di lancio da un aereo della CIA, di cui René non offre alcuna documentazione o prova. Oltretutto l'asta o antenna sarebbe stata un ostacolo fragile e ingombrante anche in caso di lancio da un velivolo, per cui la congettura di René in realtà non risolve e non giustifica nulla.

René omette di specificare il numero di catalogo della fotografia in questione, complicando inutilmente le verifiche, ma una ricerca negli archivi pubblici della NASA consente di determinare che si tratta della foto S65-61886, datata 16 dicembre 1965 e riferita all'ammaraggio della missione Gemini 6. Una versione ad alta risoluzione è disponibile presso Archive.org e presso NasaImages.

Nelle descrizioni di questa fotografia non c'è alcun accenno all'asta, ma viene precisato che si tratta di un'immagine scattata dopo l'ammaraggio, non durante un addestramento (“Navy divers assist Gemini 6 crew to open hatches after landing – A water level view of Navy divers assisting Gemini 6 crewmembers Stafford and Schirra to open hatches after landing in the Atlantic”). Anzi, le immagini dell'addestramento di altre missioni Gemini non presentano affatto quest'antenna (S65-39907, Gemini 5; S65-55562, Gemini 8). La NASA, insomma, dichiara esplicitamente che si tratta di una fotografia riguardante il rientro e l'ammaraggio al termine della missione.

L'asta o antenna è visibile anche nella foto S340/118 della medesima missione, che la mostra per intero ed è presentata qui accanto. La si può scorgere anche nelle foto S340/100, S65-18645 e S65-19229 riguardanti il rientro della Gemini 3. In tutte queste immagini se ne apprezza la lunghezza considerevole. Altre immagini del recupero della missione Gemini 6, come la S65-61824, mostrano invece la capsula senza antenna; lo stesso vale per immagini del recupero di altre missioni (S340/045, Gemini 8; S340/111, Gemini 10).

Durante la conferenza ho recuperato dal mio archivio portatile una delle fotografie citate dallo spettatore e ho risposto che l'asta era un'antenna radio retrattile, che veniva estratta dopo l'ammaraggio, e che sulla superficie esterna della capsula Gemini c'era infatti un solco conforme nel quale l'asta si inseriva a misura. Ma la mia risposta è stata imprecisa, per cui la correggo qui.

L'asta era sì un'antenna retrattile, e quindi non aveva bisogno di resistere alle sollecitazioni termiche e aerodinamiche del rientro, ma non si inseriva nel solco conforme. Si tratta infatti dell'antenna per comunicazioni in alta frequenza (HF whip antenna), che veniva utilizzata come radiofaro per la localizzazione in mare (recovery beacon) e collocata in un alloggiamento tubolare, separato e disassato rispetto al solco. Il suo funzionamento è descritto presso la Case Western Reserve University (sezione Reentry di Gemini Program), presso Skyrocket.de e in dettaglio nel Project Gemini Familiarization Manual (sezione HF Whip Antennas).

Da queste fonti risulta che quest'antenna era composta da sei elementi retrattili che, quando erano estesi completamente, formavano un'asta lunga circa 13 piedi e 3 pollici (circa 4 metri) che pesava circa 9 libbre (4 kg). L'antenna veniva estratta dopo l'ammaraggio mediante un comando presente nella cabina.

Fonte: Project Gemini Familiarization Manual, SEDR 300, agosto 1966 (via Sven Grahn).

La tesi di René è quindi sbagliata: l'antenna era retrattile eccome e rispondeva a frequenze non utilizzate nello spazio per la semplice ragione che non veniva utilizzata nello spazio. Inoltre i “difensori della NASA” non affermano affatto che veniva montata dai sommozzatori, per l'altrettanto semplice ragione che era già a bordo del veicolo. La documentazione parla chiaro.

Un esemplare di quest'antenna è conservato al museo Smithsonian, che ne ha pubblicato una fotografia in configurazione retratta, mostrata qui sotto, e ne ha indicato le misure: 5 centimetri di diametro e 62 centimetri di lunghezza.


Nel solco conforme erano invece alloggiate altre antenne, mostrate per esempio qui (S65-13244), insieme ad altri componenti: in particolare, in questo solco veniva collocata la briglia posteriore (aft bridle strap) del paracadute principale.

A differenza delle capsule Apollo e Mercury, infatti, la Gemini non scendeva e ammarava in posizione verticale con gli astronauti disposti supini, ma assumeva un assetto quasi orizzontale (inclinato a circa 35°) con gli astronauti in posizione seduta, molto più simile a una configurazione aeronautica, grazie al fatto che il paracadute era agganciato a due briglie collocate in due punti spaziati lungo l'asse del veicolo. Nella figura qui sotto, la briglia anteriore e quella posteriore sono indicate rispettivamente da forward bridle strap e aft bridle strap.

Figura 31 di Project Gemini Technology and Operations - A Chronology, NASA SP-4002 (Part 1B).

Questa soluzione “aeronautica” non è la sola caratteristica che rendeva il veicolo Gemini più sofisticato, in alcuni aspetti, rispetto all'Apollo: nei piani iniziali era previsto l'uso di un'ala di Rogallo al posto del paracadute, in modo da permettere una planata controllata e addirittura un atterraggio su una pista, come lo Shuttle, grazie a un carrello retrattile con ruote o pattini. Questi piani arrivarono fino allo stadio di un prototipo in scala 1:1, mostrato nell'immagine qui sotto, ma l'idea fu abbandonata per ridurre i costi e semplificare il veicolo.

Figura 57 di Project Gemini Technology and Operations - A Chronology, NASA SP-4002 (Part 2A).

Vi furono anche proposte di circumnavigare la Luna e addirittura di atterrarvi con una capsula Gemini e di ampliare il veicolo fino a consentire di trasportare nove astronauti contemporaneamente insieme a 2.500 kg di carico in orbita alta a 480 km (progetto “Big G”). Ma queste sono altre storie straordinarie che meritano di essere raccontate separatamente.

2010/12/18

L'oggetto misterioso avvistato dalla Gemini VI

di Paolo Attivissimo


Su Internet e negli altri media vengono spesso proposte presunte registrazioni di comunicazioni di astronauti che segnalano avvistamenti di misteriosi oggetti volanti non identificati durante le loro missioni spaziali. Di solito si tratta di falsi fabbricati intenzionalmente per burla o per parodia (come nel caso dell'Apollo 20 o di Alternative 3). Non capita spesso, invece, di trovare una comunicazione autentica di astronauti che segnalano oggetti misteriosi.

Durante la missione Gemini 6, svoltasi fra il 15 e il 16 dicembre 1965, i due astronauti a bordo, Wally Schirra (Shi-rah per gli americani, ma Schirra per gli abitanti di Loco, il paesino ticinese dal quale provenivano i suoi nonni) e Tom Stafford, fecero questa sorprendente comunicazione radio ai loro colleghi Jim Lovell e Frank Borman della Gemini 7, che era in orbita insieme a loro per il primo rendezvous fra due veicoli spaziali (senza attracco):

Gemini VII, qui è la Gemini VI. Abbiamo un oggetto, sembra un satellite che va da nord a sud, probabilmente in orbita polare. È su una traiettoria molto bassa e viaggia da nord a sud e ha un elevato rateo di salita. Sembra che potrebbe persino essere un... Molto basso. Sembra che potrebbe essere in procinto di rientrare presto. State in attesa un... Potreste provare a lasciarmi cercare di captare quella cosa...

Gemini VII, this is Gemini VI. We have an object, looks like a satellite going from north to south, probably in a polar orbit. He's in a very low trajectory traveling from north to south and has a very high climbing ratio. It looks like it might even be a ... Very low. Looks like he might be going to re-enter soon. Standy by one... You just might let me try to pick up that thing... 

Questa è la versione riportata nel documento Gemini VI Composite Air-to-Ground and Onboard Voice Tape Transcription (pagina 116, 23:57:30). Esiste un'altra versione di questa comunicazione, trascritta nel Gemini VII Gemini VI PAO Mission Commentary Transcript (sezione Tape 507, Page 2, che corrisponde a pagina 1375 del documento PDF), che è la seguente:

Roger, Houston e Gemini 7. Qui è la Gemini 6. Abbiamo un oggetto, sembra un satellite, che va da nord a sud, su, in orbita polare. È su una traiettoria molto bassa e viaggia da nord a sud. E ha un elevato coefficiente di forma [o rapporto di snellezza, n.d.t.]. Sembra che potrebbe persino essere una palla di bastoni. È molto basso. Sembra che potrebbe essere in procinto di rientrare presto. State in attesa un [?]; sembra che stia cercando di farci dei segnali.

Roger, Houston and Gemini 7. This is Gemini 6. We have an object, looks like a satelite, going from north to south, up in a polar orbit. He's in a very low trajectory, traveling fran north to south. And, it has a very high fineness ratio. It looks like it might even be a ball of sticks. It's very low; looks like he may be going to reenter pretty soon. Stand by one; it looks like he's trying to signal us.

Le frasi sono davvero inquietanti e sembrano suggerire una visita da parte di un veicolo sconosciuto e animato da intelligenza, terrestre o aliena (“sembra che stia cercando di farci dei segnali”), e in grado di emettere segnali captabili (“Potreste provare a lasciarmi cercare di captare quella cosa”). C'è poi la misteriosa discordanza proprio nella trascrizione di queste due citazioni.

La discordanza aumenta se si considera che Schirra stesso, nelle sue memorie intolate Schirra's Space, dichiara di aver pronunciato anche questa frase ancora più precisa:

Vedo un modulo di comando e otto moduli più piccoli davanti. Il pilota del modulo di comando indossa una tuta rossa.

I see a command module and eight smaller modules in front. The pilot of the command module is wearing a red suit.

L'apparente mistero ufologico, tuttavia, si chiarisce (almeno per chi è interessato a fare chiarezza) nella parte immediatamente successiva delle trascrizioni.

(Jingle Bells suonata da un'armonica a bocca e da sonaglini)

S/C 7 – Li abbiamo ricevuti anche noi, [Gemini] 6.

S/C 6 – Era dal vivo, [Gemini] 7, non un nastro.

HOUSTON – Siete troppo forti, [Gemini] 6.

S/C 6 – Da Da De Da De.

(Jingle Bells played by harmonica and bells). 

S/C 7 – We got them too, 6. 

S/C 6 – That was live, 7; not tape.

HOUSTON – You're too much, 6.

S/C 6 – Da Da De Da De.

Credit: Mark Avino/National Air and Space Museum, S.I.
Schirra e Stafford erano riusciti a portare a bordo, senza farlo sapere ai responsabili del Centro di Controllo di Houston, una piccola armonica a bocca e dei sonaglini: è questo l'oggetto misterioso che emette segnali di cui parlano. L'armonica, una Little Lady della Hohner, è oggi conservata al museo Smithsonian. Secondo la curatrice del museo Margaret A. Weitekamp, si tratta del primo strumento musicale mai suonato nello spazio.

Il CAPCOM che ricevette a Houston l'annuncio a sorpresa era il candidato astronauta Elliot See, che avrebbe dovuto partecipare alla missione Gemini 9 ma morì in un incidente aereo due mesi dopo, nel febbraio del 1966.

Fonti aggiuntive: I morti dimenticati dei programmi spaziali, Astronautix.com, BoingBoing, Smithsonian.com

2010/10/25

L'importanza di un buon risveglio

di Rodri

Terry WatsonNella foto: Terry Watson, Apollo GNC. Courtesy of Luigi Rosa (2010).

Ci sono persone che danno una grande importanza ad un buon risveglio mattutino, soprattutto se stanno facendo una bella e tranquillissima dormita; chi può, fa in modo che a svegliarlo sia una tra le sue canzoni preferite.

E nello spazio?

In alternativa ad una sveglietta che offrisse il suo tic toc come unico ed assoluto rumore nello spazio, c'era soltanto la gracchiante voce di qualcuno che chiamasse gli astronauti per svegliarli: la cosiddetta Wakeup Call. Finché un giorno qualcuno pensò di svegliarli in maniera più dolce: era il 16 dicembre 1965, e gli astronauti della missione Gemini 6 vennero svegliati sulle note di Hello Dolly, interpretata da Jack Jones, uno dei più celebri cantanti di quel periodo.

Durante il volo della Gemini 7 la wakeup call musicale fu fatta, anche se non tutti i giorni, con pezzi di musica classica, sempre differenti, mentre nelle missioni Gemini 8, 10 e 11 non risulta esser stato trasmesso alcun brano. Incuriosisce anche il non trovare indicazioni di sveglie musicali nella missione Apollo 11, anche se altre missioni Apollo ne ebbero, come indicato da documenti NASA. Presso Nasa.gov potete sentire alcune delle wakeup call tratte dalle più recenti missioni Shuttle.

La sveglia musicale è diventata una consuetudine in quasi tutte le missioni, anche per promuovere lo spirito di cameratismo tra gli astronauti e il personale del Controllo Missione. In diverse occasioni, all'ultimo giorno di missione ad essere trasmessa è stata Going back to Houston di Dean Martin.


Per far capire quanto questa sveglia sia diventata col tempo ferrea tradizione, basti pensare che è stata mandata addirittura ai rover automatici Pathfinder, Sojourner, Spirit e Opportunity, all'alba dei Sol marziani. C'è comunque un'eccezione a questa tradizione: gli astronauti della ISS non ricevono alcuna sveglia musicale, si devono accontentare di una normalissima sveglia, anche perché sono comunque autorizzati a portarsi dentro alcuni effetti personali, tra cui CD musicali.

La scelta dei brani trasmessi, comunque, non è mai stata regolamentata dalla NASA, né la si è mai lasciata in balìa di influenze esterne che non fossero i desideri degli astronauti stessi o le loro famiglie.

Qualche regola ci voleva?

Al termine delle missioni Apollo, con l'avvento delle missioni Skylab degli anni Settanta, che comportavano una permanenza prolungata nello spazio ed erano lunghe ed impegnative anche per chi doveva monitorarle, gli operatori del Controllo Missione sentivano sempre più il peso delle ore passate alle rispettive postazioni, col risultato che il rilassamento dell'ambiente e della serietà ebbe culmine nella notte del 15 settembre 1973, mentre si cercava l'idea per la wakeup call.

Il CapCom Bob Crippen venne raggiunto dall'amico e collega Terry Watson (nella foto, tratta dal recente incontro a Lugano), che gli disse "Ho qualcosa che sveglierebbe anche i morti". Ascoltando in cuffia il pezzo, Crippen fece una faccia da coniglio abbagliato dai fari, gridando poi "Sì! Sì!" e ridendo fino a diventare viola. Il collegamento audio fu poi passato al Direttore di Volo, tra la curiosità di tutti gli altri operatori, che non sentendo nulla non capivano cosa stesse succedendo. Lo capirono quando venne dato l'ordine di diffondere la canzone nell'intera sala: fu deciso di fare la wakeup call trasmettendo Paralyzed di The Legendary Stardust Cowboy (un'interpretazione più recente, datata 2009, di Paralyzed da parte del suo autore è disponibile qui su Youtube).


Fra i sistemi della stazione spaziale Skylab gestiti da Watson c'era l'Attitude Control System, il sistema di controllo dell'assetto che manteneva la stazione stabile e orientata nella direzione desiderata. Questo sistema era abbastanza sensibile da rilevare i normali spostamenti degli astronauti all'interno della stazione e segnalarli a Houston. Quel mattino, racconta Watson, quando fu suonata Paralyzed i dati riportarono un vero e proprio sobbalzo.

Questa sveglia è ricordata per essere stata la più divertente (per gli operatori di Houston) ma anche la più traumatica (per gli astronauti dello Skylab III, che includevano il moonwalker Alan Bean). Tra le proteste iniziali degli astronauti (il commento di Owen Garriott fu “Sounded like Marine Close Order Drill”), i commenti fatti durante il giorno e l'apparente perdita di concentrazione che lo scherzo causò loro, la NASA ordinò categoricamente che Paralyzed non venisse mai più trasmessa tra le wakeup call. A quanto risulta è l'unico brano musicale bandito dall'ente spaziale statunitense.


Fonti: Terry Watson (comunicazione personale, ottobre 2010), Stardustcowboy.com.