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2019/04/28

Apollo 17: Gene Cernan visibile nel finestrino del LM

di Paolo Attivissimo. Questo articolo vi arriva grazie alle donazioni per il libro “Luna? Sì, ci siamo andati!".

Lo stadio di risalita di Apollo 17. Nel finestrino si scorge la testa di Gene Cernan. Foto AS17-149-22859.

Dettaglio della foto precedente.

Secondo questa pagina dell’Apollo Lunar Surface Journal, l’illuminazione dell’interno del LM è prodotta dalla luce del Sole (che, come indicato dalle ombre, si trova quasi sulla verticale locale del LM) che passa attraverso il finestrino di rendezvous del LM (situato sul “soffitto” della cabina).

La luce permette di notare il casco trasparente e il volto di Gene Cernan: una delle pochissime immagini degli astronauti all’opera nello spazio visti da fuori a volto scoperto. Nella zona superiore sinistra si nota inoltre il COAS, ossia il sistema di traguardamento usato per determinare le distanze e gli allineamenti durante i rendez-vous.

Nelle comunicazioni via radio fra il Modulo di Comando e il LM, grosso modo al momento in cui fu scattata questa foto, si sente Cernan che chiede "Can you see me?" (“Mi vedi?”). Evans gli risponde "Yes, I can see you. Right in there, yes" (“Sì, riesco a vederti. Proprio lì dentro, sì”).

2018/12/15

Finalmente in italiano l’autobiografia di Gene Cernan, ultimo uomo a camminare sulla Luna

Dopo tante settimane di lavoro in segreto, posso finalmente annunciare pubblicamente che è disponibile da oggi in italiano L’ultimo uomo sulla Luna, traduzione di The Last Man on the Moon: l’emozionante autobiografia di Gene Cernan, l’astronauta che per ultimo camminò sul suolo lunare a dicembre del 1972.

Sono pochissime le biografie in italiano degli esploratori lunari: l’editore Cartabianca ha creduto con passione in questo progetto e così ho avuto il piacere di fare da revisore tecnico della traduzione realizzata da Diego Meozzi.

La prosa di Gene Cernan non è facile da rendere; le sue narrazioni delle tre missioni spaziali alle quali ha partecipato, andando fino alla Luna due volte (Apollo 10 e Apollo 17) dopo aver rischiato la vita con una passeggiata spaziale in condizioni terribili durante la missione Gemini 9, sono avvincenti tanto quanto lo è il racconto delle sue vicende personali e del suo percorso di vita, presentato anche nel magnifico documentario omonimo.

Ho avuto il piacere e l’onore di incontrare Gene Cernan più volte, di ringraziarlo personalmente per le sue magnifiche parole al funerale di Neil Armstrong e di intervistarlo, scoprendo un uomo che sapeva ispirare con il proprio entusiasmo e la propria umiltà. Una delle sue frasi preferite era “Io sono riuscito a camminare sulla Luna. Cos’è che non puoi fare tu? Se lui, cresciuto in una fattoria senza corrente elettrica e senza neppure un trattore, era riuscito a fare così tanta strada da arrivare ad essere scelto per andare sulla Luna, quali altre cose straordinarie possiamo fare se ci impegniamo? Con che coraggio diciamo “Non si può fare”? Forse è una retorica d’altri tempi, ma Cernan la sapeva porgere con rara potenza. È morto a gennaio 2017 a 82 anni: ritroverete quell’energia in questa autobiografia.

A proposito di questo libro, mi disse: “Sai, il mio obiettivo, in quel libro, era condividere con te le risposte a tutte le domande che so che hai, e sai tu quali sono. Volevo essere io che parlavo con te, e volevo che tu fossi là fuori con me durante la mia passeggiata spaziale di Gemini 9, a sentire quello che ho sentito io. Volevo che fossimo tu ed io sulla Luna, con lo sguardo rivolto alla Terra, in modo che tu potessi rispondere alla domanda ‘Che cosa si prova? Cos'hai pensato? Credi in Dio? Ti sei sentito più vicino a Lui?’ Questo era il mio scopo. Non so quanto mi ci sono avvicinato...”

Scopritelo anche voi. Trovate L’ultimo uomo sulla Luna qui su Cartabianca.com, sia su carta che come e-book; potete anche leggere gratuitamente un capitolo di anteprima.

L’ebook è disponibile ovunque, mentre la versione cartacea è acquistabile direttamente solo dallo store online di Cartabianca. L’e-book costa 9,99 euro; la versione cartacea costa 17,90 euro più le spese di spedizione tramite corriere.

Se questa autobiografia tradotta avrà successo, ne potranno seguire altre di altri protagonisti di un’avventura straordinaria. Ad astra.

2018/11/03

Immagini tridimensionali delle missioni lunari

di Paolo Attivissimo. Questo articolo vi arriva grazie alle donazioni per il libro “Luna? Sì, ci siamo andati!". Ultimo aggiornamento: 2019/07/02.

È appena uscito Mission Moon 3D, un libro scritto da David J. Eicher della rivista Astronomy e illustrato da Brian May (sì, quello dei Queen, da decenni appassionato di foto stereo) e Claudia Manzoni con 150 foto 3D create elaborando le foto originali delle missioni spaziali.

Ogni copia del libro include un piccolo visore 3D, necessario per vedere l‘effetto tridimensionale delle foto. Qui sotto ne vedete alcuni campioni.











La percezione della profondità rende molto vive queste immagini, ma dal punto di vista tecnico è importante sottolineare che in alcuni casi si tratta di un effetto 3D aggiunto artificialmente a una singola fotografia; in altri, invece, esistono coppie di fotografie prese da posizioni leggermente diverse che consentono di ottenere un effetto 3D reale. Alcune immagini di Mission Moon 3D sono, in un certo senso, dei “falsi” artistici.

Gli astronauti Apollo scattarono infatti numerose coppie di foto che possono essere combinate per ottenere un effetto stereoscopico reale: la profondità, insomma, non è aggiunta artificialmente, ma rispecchia fedelmente quella effettiva della scena.

Queste immagini sono consultabili per esempio nella sezione Apollo Anaglyph Albums del sito della NASA e nel libro Luna mai vista di Roberto Beltramini e Luigi Pizzimenti; vanno viste indossando occhiali con un filtro rosso e uno blu. Qui sotto ne vedete un paio di esempi.

Dettaglio di un’immagine stereoscopica effettiva creata da Roberto Beltramini partendo da una serie di immagini della missione Apollo 16. Fonte: Apollo 16 Image Library.


Immagine 3D del Rover di Apollo 17. Credit: Erik van Meijgaarden.


2017/11/23

Un uomo senza tuta in una foto scattata sulla Luna? No

di Paolo Attivissimo. Questo articolo vi arriva grazie alle donazioni per il libro “Luna? Sì, ci siamo andati!". Ultimo aggiornamento: 2017/11/24.

IN BREVE: Si asserisce che in una foto scattata sulla Luna si scorge, nel riflesso della visiera di un astronauta, la sagoma di una persona senza tuta spaziale, con i capelli lunghi e con un panciotto e che quindi la foto sarebbe falsa. In realtà esaminando la foto originale ad alta risoluzione si scopre che la persona indossa eccome la tuta: è semplicemente l’altro dei due astronauti della missione Apollo 17 che si trovavano sulla Luna ed è quello che ha scattato la foto. Inoltre la presunta “scoperta” è vecchia: risale almeno al 2010 ed era già stata sbufalata all’epoca.


IN DETTAGLIO: Il 18 novembre 2017 il tabloid britannico The Mirror ha pubblicato sul proprio sito Web l’annuncio (link intenzionalmente alterato; copia su Archive.is) della scoperta di una “foto scioccante che sembra mostrare un uomo che cammina sulla ‘Luna’ senza una tuta spaziale durante la missione statunitense Apollo 17... sono emerse immagini fresche che suggeriscono che anche la sesta e ultima missione... fu falsificata. [...] Un’analisi ravvicinata di una presunta immagine della celebre spedizione che è emersa questa settimana suggerisce che l’intera impresa fu filmata su un set di Hollywood.”

La fonte di questa scoperta è, secondo il Mirror, un utente di Youtube che si fa chiamare Streetcap1, che afferma che “sembra un uomo, nei primi anni Settanta, capelli lunghi, che indossa una sorta di panciotto”.

La foto mostrata dal Mirror è questa:



Il Mirror non fornisce un dato fondamentale per qualunque analisi critica: non dice di quale foto si tratti. Tuttavia una ricerca per immagini effettuata con Tineye.com permette di risalire abbastanza rapidamente all‘identificativo NASA della foto, che è AS17-141-21608. L’Apollo Lunar Surface Journal la registra a 165:17:01 del tempo di missione. La ripresa televisiva dello stesso momento non inquadra gli astronauti e quindi non consente un controllo incrociato.

La fotografia intera è insomma questa:



Secondo la descrizione NASA della foto, si tratta di un’immagine dell’astronauta Gene Cernan (non Cerman, come scrive erroneamente il Mirror), scattata durante la terza attività extraveicolare sulla Luna della missione Apollo 17 dall’astronauta Harrison Schmitt. La sagoma del presunto capellone in panciotto è visibile nell’angolo in alto a sinistra, nel riflesso della visiera dorata di Cernan.

Si nota subito che si tratta di una sagoma minuscola e sgranata, un dettaglio piccolissimo nella fotografia complessiva, per cui ci vuole parecchia immaginazione per scorgervi un ipotetico “panciotto” e degli altrettanto ipotetici “capelli lunghi”.

Ci si può chiedere perché mai gli autori di una presunta messinscena dalla quale dipende la credibilità mondiale dell’intera nazione americana dovrebbero essere così stupidi e pasticcioni da lasciare nelle foto l’immagine di una persona senza tuta spaziale, ma si può anche fare di più.

Ci si può procurare la versione a massima risoluzione disponibile online, che è su Flickr (un‘altra copia è qui su Nasa.gov; una versione TIFF ad altissima risoluzione è qui su Archive.org; i dati tecnici sono su LPI), ed esaminarla in dettaglio:


Si nota così che la versione presentata dal Mirror è stata elaborata esaltandone il contrasto, cosa che crea sempre degli artefatti digitali (dettagli che in realtà non esistono nell’immagine originale ma sono generati dal processo di elaborazione).

Visto così, l’uomo non sembra più indossare un panciotto: le due bande scure sul suo tronco sono semmai l’ombra del braccio e l’ombra del tronco stesso (il Sole è in alto a sinistra, dal punto di vista di chi guarda la foto). E i presunti capelli lunghi sono semplicemente il casco della tuta di un astronauta visto frontalmente. La sua ombra, inoltre, è decisamente troppo estesa in profondità per essere quella di una persona senza tuta. Ma questa profondità ha senso se si considera che un astronauta ha sulla schiena un grosso zaino di sopravvivenza (PLSS) contenente ossigeno, apparati radio e sistemi di controllo della temperatura.

C’è anche un altro dettaglio importante e cruciale: l’uomo è riflesso esattamente nella parte della visiera sferica che è perpendicolare (tangente) all’osservatore, come si nota nel dettaglio qui sotto.


Questo è possibile soltanto in un caso, ossia se l’uomo è il fotografo. Infatti se provate a scattare una foto a una superficie speculare ricurva (per esempio uno specchio stradale o uno specchio di sorveglianza antifurto), finirete inevitabilmente riflessi nella zona nella quale la superficie è perpendicolare a voi.

Infatti l’uomo misterioso teorizzato dal Mirror è semplicemente l’altro dei due astronauti che si trovavano sulla Luna ed è l’autore della foto, ossia Harrison Schmitt.

Non è finita: la “scoperta” annunciata dal Mirror come se fosse una novità risale invece almeno al 2010 ed era già stata sbufalata all’epoca.



Il Mirror, insomma, si è basato esclusivamente sulle congetture di un anonimo utente di Youtube (che grazie alla visibilità datagli è arrivato ad avere quasi due milioni di visualizzazioni di questo video in pochi giorni), non ha fatto alcuna verifica, non ha interpellato nessun esperto e soprattutto non si è procurato la versione originale della foto, che è negli archivi pubblici della NASA, consultabili via Internet. Non ha chiesto lumi a Harrison Schmitt, che è ancora vivo e disponibile. E non ha neanche cercato online per vedere se per caso la tesi fosse stata già presentata.

Purtroppo la presunta notizia è stata subito rilanciata da molte altre testate giornalistiche in tutto il mondo (per esempio Newsweek; Fox News (anche su Twitter); Blitz Quotidiano; Maxim; IB Times; Newsline; Mirage News; Russia Today; Dunyanews Pakistan), molte delle quali, come il Mirror, non hanno svolto il proprio compito giornalistico di verifica, preferendo invece pubblicare una panzana che sicuramente attirerà molti clic che si trasformeranno in introiti pubblicitari. Il lunacomplottismo, insomma, prospera anche per colpa dei giornalisti che non fanno il proprio dovere e campano sul sensazionalismo.

Un ruolo non trascurabile in questa persistenza di tesi già ampiamente smentite dai fatti e dagli esperti è quello dei motori di ricerca come Google, che promuovono ciecamente una storia antiscientifica come questa soltanto perché contiene parole legate alla scienza, senza valutarne il senso. Nel giorno dell’uscita mediatica di questa tesi, Google l’ha messa nella categoria Science fra le prime tre storie del giorno.




Fonti aggiuntive: Metabunk, Inverse.com, Jason Major, Boozyscientist (video), Phil Plait.

2016/06/02

Gene Cernan (Apollo 17) rivisita l’antenna australiana che ricevette i suoi segnali dalla Luna

di Paolo Attivissimo. Questo articolo vi arriva grazie alle donazioni per il libro “Luna? Sì, ci siamo andati!".


Poco fa è stata pubblicata su Twitter questa foto che mostra l’astronauta Gene Cernan davanti all’antenna situata a Canberra, in Australia, che ricevette i segnali televisivi trasmessi dalla Luna durante la missione Apollo 17 nel 1972, quando Cernan e Harrison Schmitt trascorsero tre giorni sul suolo lunare. Cernan è in Australia in questi giorni per promuovere un documentario, The Last Man on the Moon, che racconta la sua storia.

Purtroppo chi crede alle tesi di complotto lunare spesso non sa che gli sbarchi lunari non furono un’impresa americana consegnata al mondo a scatola chiusa. Non sa che i segnali radio e TV dalla Luna furono ricevuti non solo negli Stati Uniti, ma anche in altri paesi, come appunto l’Australia (e la Spagna), da tecnici locali. E non sapendo queste cose non hanno idea di quanto sarebbe stato assurdamente complicato fingere una missione lunare e di quanto è ridicola l'idea che tutti questi partecipanti all’impresa siano rimasti perfettamente omertosi per ormai quasi cinquant’anni.

2015/04/29

Recensione: Apollo 17 - End of the Beginning (Spacecraft Films)

di Paolo Attivissimo

Questo, per ora, è il semplice elenco parziale dei contenuti del cofanetto, costituito da ben 6 DVD. I dettagli verranno aggiunti man mano che ho tempo di completare la catalogazione di tutto questo materiale, che in totale dura circa 27 ore.

Disco 1


Training: Eva Training () - Geology Training () - Vomit Comet (14:37) - Altitude Chamber ().

Preparation: Equipment Checkout (24:55), con un bel commento di geologia da parte di Harrison Schmitt - Rollout (25:35) 28 agosto 1972 - Ready to Go (9:49), cena prima della partenza, vestizione, camminata al furgone, sulla torre, entrata nella capsula dalla White Room.

Heading out: Launch Cutoff (23:00), diretta TV pre-decollo - Launch (), multiangolo del decollo.

Onboard: da documentare.


Disco 2


Taurus-Littrow: Taurus-Littrow Landing site (2:09), animazione digitale con sorvolo e mappatura dell'area di allunaggio - Landing at Taurus-Littrow (5:20), ripresa 16mm a colori della discesa.

EVA 1: Commander's First Steps (solo audio) - Deploying and Loading Rover (solo audio) - First Television (52:27, diretta TV) - Driving to ALSEP Site (7:30, solo foto) - ALSEP Deployment (120:23, diretta TV) - Traverse to Geology Station 1 (29:50, solo audio e foto; astronauti che cantano all’inizio).


Disco 3


EVA1: Geology Station 1 (26:00, diretta TV) - Traverse to SEP Site (solo audio e foto) - SEP Site (18:40, diretta TV) - Return to LM (solo audio e foto) - Closeout (14:10, diretta TV) - Back Inside Challenger (26:00, solo audio e foto).


EVA2: A New Day (solo audio con foto) - Loading Up (36:24, diretta TV) - Traverse to Station 2 (solo audio con foto) - Station 2 (59:48, diretta TV) - Traverse to Station 3 (solo audio con foto).



Disco 4


EVA 2: Station 3 (33:20, diretta TV) - Traverse to Station 4 (solo audio con foto) - Station 4 (30:29, diretta TV) - Traverse to Station 5 (solo audio con foto) - Station 5 (26:16, diretta TV) - Return to LM (solo foto e audio) - Closeout (26:54, diretta TV) - Into Challenger (solo audio e foto).

EVA 3: Final Day (solo audio) - Loading Up (24:45, diretta TV) - Traverse to Station 6 (solo audio e foto) - Station 6 (66:50, diretta TV).


Disco 5


EVA 3: Traverse to Station 7 (solo audio e foto) - Station 7 (18:30, diretta TV) - Traverse to Station 8 (solo audio e foto) - Station 8 (42:14, diretta TV) - Traverse to Station 9 (solo foto e audio) - Station 9 (51:24, diretta TV da GET 167:55:45 a GET 168:46:40) - Return to LM (31:50, solo foto e audio, da GET 168:46:44 a GET ???) - Final Closeout (83:02, diretta TV).

Leaving Taurus Littrow: LM Liftoff (10:22, multiangolo, TV (circa 7 minuti) e ripresa 16mm del decollo; decollo a 3:05, seguito da panoramiche della zona di atterraggio a questo punto deserta) - LM Impact Transmission (52:10, diretta TV).



Disco 6


Starting for Home: Lunar Orbit Rendezvous () - Lunar Orbit Docking ().

Goodbye Moon: CSM from LM and LM Jettison () - Views of the Moon ().

Transearth EVA: Transearth EVA preparation () - Transearth EVA Part 1 () - Transearth EVA Part 2 ().

Journey's End: Press Conference () - Entry, Splashdown, Recovery ().

2014/12/19

Foto falsa di Apollo 17

di Paolo Attivissimo. L'articolo è stato aggiornato dopo la pubblicazione iniziale.

L'avvento del fotoritocco digitale ha reso molto più facile creare fotografie false apparentemente realistiche, nelle quali soltanto la conoscenza del contesto consente di capire che si tratta di una manipolazione.

L'immagine qui accanto, circolante su Internet ma non pubblicata dalla NASA, è un esempio perfetto: sembra una foto reale. La sua natura di falso è rivelata soltanto dalla conoscenza del fatto che i due astronauti lunari di ciascuna missione Apollo non disponevano di un dispositivo per l'autoscatto (tranne quelli di Apollo 12, che ne portarono uno di nascosto ma non lo usarono) e quindi una foto con entrambi gli astronauti lunari non può essere autentica.

Le foto di partenza sono la AS17-134-20377 e la AS17-134-20382. In particolare, alla 20377 è stato aggiunto soltanto l'astronauta presente nella 20382, che è stato scontornato eliminando tutto lo sfondo e mantenendo invece lo sfondo della 20377. L'identificazione è stata possibile grazie all'accurato lavoro di catalogazione dell'Apollo Lunar Surface Journal.


AS17-134-20377. Gene Cernan.



AS17-134-20382. Harrison Schmitt.

2013/05/17

Opportunity batte il record di Apollo 17 per la distanza percorsa su un altro corpo celeste

di Paolo Attivissimo. Questo articolo vi arriva grazie alla donazione per il libro “Luna? Sì, ci siamo andati!" di mueslig*.

Immagine sintetica: Marte è reale, Opportunity è
un modello digitale rappresentato in scala (APOD).
Il 15 maggio scorso Opportunity, il veicolo robotico che sta esplorando Marte ormai da nove anni, ha superato la distanza totale percorsa dal Lunar Rover di Apollo 17, togliendo all'auto elettrica guidata sulla Luna da Gene Cernan e Harrison Schmitt a dicembre del 1972 il record NASA di percorrenza su un altro mondo.

Opportunity ha infatti coperto in tutto 35 chilometri e 760 metri, mentre il Lunar Rover aveva percorso 35 chilometri e 744 metri. Certo, si tratta di veicoli radicalmente differenti (uno senza equipaggio, l'altro con due astronauti a bordo; uno su Marte, l'altro sulla Luna; uno attivo per anni, l'altro per pochi giorni), ma è interessante notare quanto a lungo abbia retto questo primato. Che però è soltanto un record statunitense, dato che il veicolo robotico sovietico Lunokhod 2 coprì 37 chilometri sulla Luna nel 1973 e quindi detiene tuttora il primato assoluto.

Cernan ha accolto con queste parole il successo del veicolo marziano: “Il record che abbiamo stabilito con un veicolo di superficie era pensato per essere battuto e sono emozionato e orgoglioso di poter passare il testimone a Opportunity”.

Fonte: JPL.

2012/04/06

Le prime parole italiane sulla Luna furono “Mamma mia”?

di Paolo Attivissimo, con il contributo di pgc, motogio, maucar, Diego Cuoghi e Gianluca Atti. Questo articolo vi arriva grazie alla donazione per il libro “Luna? Sì, ci siamo andati!" di danielerap*. Ultimo aggiornamento: 2022/11/12.

English Abstract: Several reputable historical sources claim that the first Italian words uttered on the Moon were “Mamma mia” and attribute this record variously to Charlie Duke (Apollo 16), Dave Scott (Apollo 15), Harrison Schmitt or Gene Cernan (Apollo 17). A search in the mission transcripts, however, confirms only Cernan's utterance. Moreover, other earlier Italian words might yet be discovered in the EVA transcripts. 

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Numerose fonti attribuiscono a vari astronauti l'uso dell'espressione italiana “Mamma mia” durante le escursioni sulla superficie della Luna.

Charlie Duke (Apollo 16)

Per esempio, secondo la voce Apollo 16 della Wikipedia in italiano, così come risulta al 5 aprile 2012,

Durante la passeggiata lunare effettuata da Charles Duke questi esclamò, dall'emozione, in italiano "Mamma mia!"

La fonte originale indicata da Wikipedia è un articolo di Repubblica, a firma di Luigi Bignami, intitolato Cento risposte su Luna e dintorni e datato luglio 2009. Qui Bignami scrive:

8) Sulla Luna vennero dette parole in italiano?
Charles Duke, durante la passeggiata lunare di Apollo 16, disse: "Mamma mia!"

Tuttavia l'Apollo Lunar Surface Journal (ALSJ), principale riferimento per le trascrizioni delle comunicazioni Apollo, non riporta affatto questa frase con riferimento a Duke o alle escursioni lunari della missione Apollo 16. Bignami, interpellato da me via mail ad aprile 2012, ha spiegato di aver usato come fonte un numero della rivista Epoca pubblicato durante le missioni Apollo e di essersi fidato di quello.

Dave Scott (Apollo 15)

Invece secondo la voce Apollo 15 della medesima Wikipedia in italiano, sempre al 5 aprile 2012, l'espressione viene attribuita a Dave Scott:

...durante tale missione furono pronunciate le uniche parole italiane sulla Luna. Scott, infatti, sorpreso dalla particolare lucentezza di una roccia, urlò le parole: "Mamma mia!".

La stessa attribuzione viene fatta in una discussione su ForumAstronautico.it. Non viene però indicata la fonte di questo dato. Luigi Pizzimenti, esperto di storia delle missioni Apollo, mi ha segnalato di aver parlato di quest'episodio proprio con Scott. Tuttavia l'Apollo Lunar Surface Journal non riporta nulla di simile.

Harrison Schmitt (Apollo 17)

Un articolo del Tri City Herald del 13 dicembre 1972 attribuisce un “Mama mia” (sic) a Harrison Schmitt (Apollo 17), segnalando che alcuni giornali italiani avrebbero pubblicato la notizia in prima pagina con il titolo “Si parla italiano sulla Luna”.

Schmitt avrebbe adoperato quest'espressione in una conversazione con il collega Cernan “dopo aver descritto un campione di roccia insolito che aveva trovato.”

Gianluca Atti ha trovato nella propria collezione di giornali italiani dell’epoca una pagina del Giorno del 13 dicembre 1971 nella quale viene riportato quanto segue, descrivendo la conclusione della prima EVA della missione:

...mentre rientravano nel modulo lunare e Cernan raccomandava a Schmitt di stare attento, di non danneggiare la "carota" che gli aveva fatto fare tanta fatica, il geologo ha risposto con una esclamazione italiana appena storpiata: "Mama mia".

Gene Cernan (Apollo 17)

L'unico “Mamma mia” o simile effettivamente presente nell'Apollo Lunar Surface Journal e documentato dalle registrazioni delle missioni Apollo è il "Mama me" attribuito a Gene Cernan (Apollo 17) nella sezione EVA-1 Close-Out:

124:04:55 Cernan: I'll take a peek down there. If they fell out, they'll be right on top (of the ground surface). Okay. (Pause) Mama me. (Pause)

La registrazione audio di questa parte dell'escursione riporta il “Mama me” a 09:05.

L'attribuzione storica del “Mamma mia” lunare, insomma, è molto controversa ma risolvibile consultando la documentazione originale. Tuttavia non è detto che si tratti davvero delle prime parole italiane o di origine italiana pronunciate sulla Luna.

Spaghetti sulla Luna

Per esempio, il Messaggero nota che Ed Mitchell, astronauta della missione Apollo 14, usò la parola italiana spaghetti mentre si trovava sulla Luna a 132:16:02 (“Okay, Fredo. I got the LPM reel reeled in just enough to keep it off the ground. I'm trailing a can of spaghetti here.”)

Durante l’escursione lunare di Apollo 16 Charlie Duke pronunciò la parola “spaghetti” nel corso della EVA-1 a 121:23:08 (“A bunch of spaghetti over there”) e a 124:43:23 (“Look at that thing! It's like a bowl of spaghetti!”) e nel corso della EVA-2 a 143:08:19 (“Man, that LPM is a bucket of spaghetti!”) e 143:16:27 (“Oh! I'm tangled up in this spaghetti here”).

Dopo la terza escursione lunare di Apollo 16, mentre gli astronauti si trovavano nel LM sulla Luna, Young usò la stessa parola a 171:18:20 (“There goes yours. Okay, your water hose... Here it is. What a ball of spaghetti”) e Duke la citò a 171:38:35 (“What are you doing with such a mess of spaghetti, there?”).

Alan Bean (Apollo 12) e un “mamma mia” spaziale ma non lunare

Diego Cuoghi ha trovato un “Mama mia” pronunciato da Alan Bean durante il rientro dalla Luna nel corso della missione Apollo 12, circa un quarto d’ora prima dell’ammaraggio, e citato nel libro Alan Bean: Astronaut, Lunar Explorer, Fine Artist.

"Look out your side window," he told Dick Gordon. "Son of a gun," as the Hawaiian Islands flashed by.
"Boy," commented Bean, "we are really hauling!"
"You're going to slow down in just a minute," Gordon said.
"Fifteen seconds."
"Mama mia," Bean exclaimed as he was pushed farther back in his seat. "That is fantastic!"

Il “Mama mia” è confermato dalle registrazioni presenti nel terzo DVD del cofanetto Apollo 12 - Ocean of Storms della Spacecraft Films. La frase esatta è "Look at that son of a bitch go... Mamma mia, that's fantastic!" ed è citata anche nelle trascrizioni della missione.

10 04 22 55 LMP "Mama mia! That's fantastic"

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È possibile che vi siano altre parole italiane disseminate nelle migliaia di pagine di trascrizioni: la ricerca continua.

2009/09/20

Il sito dell'Apollo 17 fotografato oggi e 37 anni fa

di Paolo Attivissimo. L'articolo è stato aggiornato dopo la pubblicazione iniziale.

Durante la missione Apollo 17, a dicembre del 1972, mentre Gene Cernan e Harrison Schmitt esploravano il suolo lunare, il loro compagno Ron Evans rimase in orbita intorno alla Luna nel modulo di comando e servizio. Le fotocamere automatiche del modulo scattarono numerose fotografie del suolo lunare a scopo cartografico, usando pellicola di grande formato.

Fra le immagini scattate ci fu anche una ripresa del sito di allunaggio del modulo lunare della missione stessa:

Apollo 17, 1972

L'immagine è un dettaglio della Pan Frame 2309, che secondo i dati dell'Apollo Lunar Surface Journal fu scattata l'11 dicembre 1972 alle 23:47:38.1 GMT (116:54:38 del tempo di missione), durante la quindicesima orbita del modulo di comando, da un'altezza di 113.07 km, pochi minuti prima che iniziasse la prima escursione lunare degli astronauti. E' interessante confrontare questa foto di quasi 37 anni fa con quella scattata nel 2009 dalla sonda automatica LRO dello stesso punto:

Sonda LRO, 2008

Ecco un dettaglio della foto precedente:

Sonda LRO, 2008

Si possono sovrapporre le due immagini per vedere se sono compatibili, tenendo conto del fatto che le ombre provengono da direzioni opposte perché una è stata scattata all'alba lunare e l'altra al tramonto:









Chi sostiene che le missioni lunari furono falsificate dovrà spiegare come fece la NASA, nel 1972, a pubblicare una fotografia del sito di allunaggio dell'Apollo che corrisponde esattamente alle immagini che ci invia oggi la sonda automatica LRO.

E' veramente difficile pensare che i tecnici di oggi dell'LRO siano in combutta con i loro predecessori di quarant'anni prima per falsificare entrambe le immagini, considerato anche che in orbita intorno alla Luna vi sono anche sonde di ricognizione di altri paesi, che permetterebbero di rivelare subito qualunque inganno cartografico o manipolazione delle immagini.

2009/03/09

Perché le zampe del modulo lunare dell'Apollo 11 non sono impolverate, ma lo sono in altre missioni?

di Paolo Attivissimo. L'articolo è stato aggiornato dopo la pubblicazione iniziale.

Nelle foto della missione Apollo 11, le zampe del modulo lunare sono prive di polvere; ma nelle foto della missione Apollo 17, si vede che la zampa è visibilmente sporca di polvere. Perché tanta differenza?

Se lo chiede per esempio la trasmissione televisiva Voyager (Raidue) del 4 marzo 2009, a 32 minuti dall'inizio del servizio, come si può vedere qui sotto:



Si potrebbe essere tentati di rispondere semplicemente "E con questo?". Chissà mai quale importanza cruciale potrebbe avere la quantità di polvere sulle zampe del modulo lunare. Ma una risposta tecnica va data, anche per dimostrare che domande come questa sono un classico esempio di accanimento sui dettagli, tipico delle tesi cospirazioniste in questo e altri campi.

Si focalizza l'attenzione su un aspetto minuscolo, assolutamente banale ed insignificante, e lo si ingigantisce presentandolo come se fosse una prova devastante di manipolazione, invece di arrivare alla risposta più ovvia e semplice, che in questo caso è la seguente: la polvere sulle zampe è differente perché i due veicoli allunarono in due posti geologicamente differenti.

Non ci vuole un genio particolare per capire che la Luna non è tutta uguale e uniforme. Non è una palla da biliardo monolitica e uniformemente impolverata. Anche a occhio nudo si possono distinguere i cosiddetti "mari", ossia le pianure lunari, e le zone montuose. Hanno colori differenti e sono fatti di rocce geologicamente diverse tra loro.

Se uno dei due moduli lunari fosse allunato in pianura e l'altro fosse arrivato in una zona montuosa, sarebbe perfettamente comprensibile che uno avesse incontrato un terreno differente dall'altro.

Ed è infatti esattamente quello che è successo. La missione Apollo 11 allunò nel Mare della Tranquillità: una zona estremamente pianeggiante, scelta proprio perché comportava minori difficoltà di allunaggio. La panoramica qui sotto è un collage delle fotografie scattate durante quella missione dal medesimo punto.

Panoramica della zona di sbarco della prima missione (Apollo 11).

La missione Apollo 17 allunò invece nella Valle di Taurus-Littrow, e le foto qui sotto documentano l'aspetto assai montuoso della zona.

Foto AS17-140-21496.

Foto AS17-140-21391.






Pare così misterioso che due zone geologicamente così differenti possano avere stratificazioni di polvere differenti?

A questo occorre aggiungere che non tutte le manovre di allunaggio furono identiche. Alcune arrivarono al suolo delicatamente; altre piuttosto bruscamente. Alcune allunarono pressoché verticalmente; altre rimasero librate a pochi metri d'altezza e spazzarono lunghe strisce, anche a destra e a sinistra, prima di toccare il suolo.

Con manovre così differenti, è così strano pensare che la quantità di polvere spostata dal getto del motore possa essere stata altrettanto differente?


Ma Armstrong parlò di tanta polvere...


Nello spezzone citato sopra di Voyager, la voce narrante dice:

"Inoltre il LM tocca il suolo con il motore spento. Armstrong stesso dice di non vedere più nulla a pochi metri dalla Luna."


Si sente un "BAM!" di una voce d'astronauta via radio. Prosegue lo speaker:

"Ma le foto del LM mostrano che quasi nulla è stato spostato e che le zampe del modulo lunare sono pulite e brillanti. Come mai sotto il modulo non sembra essere accaduto nulla?"


L'insinuazione, insomma, è che la polvere sollevata dal LM avrebbe dovuto depositarsi sulle zampe del veicolo. Questo è un ragionamento grossolanamente errato, tipico di chi pensa in termini terrestri. Sulla Luna la polvere spostata da un getto si comporta diversamente che sulla Terra, perché manca l'atmosfera: non forma volute che restano sospese, ma schizza via orizzontalmente, ricadendo subito. Lo si vede chiaramente persino nel filmato dell'allunaggio mostrato da Voyager. Quindi le zampe sono pulite perché la polvere non vi si può depositare sopra ricadendo lentamente dopo essere stata sollevata in aria, perché non c'è aria.

In altre parole, l'assenza di polvere sulle zampe non è una prova di messinscena, ma anzi conferma che l'allunaggio avvenne in un ambiente privo di atmosfera.

In pratica, nell'Apollo 11 il getto del motore del LM spazzò via tutta la polvere prima che il veicolo vi poggiasse le zampe. Una volta allunato, non c'era più polvere sotto il LM che potesse depositarsi sulle zampe (e lo si vede nelle fotografie, come mostrato in un altro articolo). Nell'Apollo 17, allunata in una zona geologicamente diversa, non tutta la polvere fu spazzata via e quindi la zampa vi sprofondò, formando il cratere e impolverandosi. Semplice e banale.



Il doppio falso di Voyager


Quello che invece non è semplice e banale è la duplice manipolazione dei fatti operata da Voyager. Innanzi tutto basta leggere la trascrizione dell'allunaggio (da 102:45:31 in poi) per sapere che è falso che il modulo lunare toccò il suolo "con il motore spento".

102:45:40 Aldrin: Contact Light.


Questo significa che almeno una delle sonde alte 173 cm, situate sotto le zampe del LM, ha toccato il suolo.

Le tre sonde di allunaggio, o touchdown probe, del modulo lunare dell'Apollo 11, montate sotto le zampe. La zampa sulla quale è montata la scaletta è priva di sonda per non interferire con l'uscita degli astronauti. Foto scattata dal Modulo di Comando durante il viaggio Terra-Luna. Immagine NASA AS11-44-6574 (ruotata di 180° per chiarezza).

102:45:43 Armstrong (on-board): Shutdown.

102:45:44 Aldrin: Okay. Engine Stop.

Il motore principale fu dunque spento non prima, ma quattro secondi dopo il contatto con il suolo.

La seconda manipolazione è nell'audio: l'esclamazione "BAM!" è stata aggiunta da Voyager ed è assente dalle registrazioni originali. Qualcuno l'ha aggiunta intenzionalmente, con il risultato di rafforzare l'altra falsità, ossia lo spegnimento del motore prima del contatto (che avrebbe prodotto un allunaggio duro, tale da produrre quell'esclamazione da parte degli astronauti).

Un lettore, Fozzillo, segnala che il "BAM!" proviene da un altro allunaggio, quello dell'Apollo 15, come si può leggere nella trascrizione a 104:42:29 ("Irwin: Contact. (Pause) Bam!") e ascoltare nella registrazione a 17 minuti e 25 secondi dall'inizio.

I sostenitori delle teorie di complotto vengono quindi colti a falsificare le presunte prove.

Il lunacomplottismo ha dimostrato ancora una volta di inventare misteri dove non ce ne sono. O se preferite, ha dimostrato che si trastulla a sollevare polveroni inutilmente.

2009/01/26

Perché nelle foto lunari non ci sono le stelle?

di Paolo Attivissimo. L'articolo è stato aggiornato dopo la pubblicazione iniziale.

Capita spesso di sentir dire, non solo dai lunacomplottisti ma da molte persone comuni, che le foto degli sbarchi lunari sono false perché mancano le stelle nel cielo:

Perché nelle fotografie di tutte le missioni Apollo le sole stelle visibili sono quelle della bandiera americana?
– Bill Kaysing, Non siamo mai andati sulla Luna, edizione italiana, pagina 61.

Dato che sulla Luna non c'è atmosfera, secondo questa teoria, le stelle dovrebbero essere ben visibili nelle foto anche durante il giorno lunare. I lunacomplottisti argomentano che non ci sono le stelle perché alla NASA si dimenticarono di metterle durante la creazione delle foto. La mancanza di stelle dimostrerebbe quindi che le immagini sono false e che fu tutta una messinscena.

In altre parole, i sostenitori della teoria della messinscena vorrebbero farvi credere che alla NASA avrebbero affidato la falsificazione più politicamente importante della storia a gente così cretina da dimenticarsi di mettere le stelle nelle foto.

Infatti soltanto chi non sa nulla di fotografia può sostenere un'argomentazione così ridicola. Il fatto che molti lunacomplottisti la sostengano dimostra solo una cosa: quanto siano incompetenti personaggi come Kaysing nell'argomento di cui parlano con tanta apparente sicurezza.

La spiegazione reale è molto semplice: le stelle non si vedono praticamente mai nelle foto sulla Luna perché non si devono vedere. E' questione di tecnica fotografica di base.

Infatti le stelle sono fioche rispetto al suolo lunare, illuminato a giorno dal sole. Per fare le foto senza sovraesporre il suolo, bisogna chiudere molto il diaframma dell'obiettivo (la parte dell'obiettivo che regola la quantità di luce che colpisce la pellicola) e usare un tempo di posa (il tempo per il quale la pellicola è esposta alla luce) molto breve, in modo da far entrare poca luce. Facendo entrare poca luce, però, non si fa entrare a sufficienza la luce fioca delle stelle. Quindi le stelle, nelle foto della superficie lunare, non si vedono quasi mai.

Se le si vuol vedere, bisogna aprire il diaframma della macchina fotografica e usare tempi di posa lunghi, nel qual caso però si sovraespone il suolo, che diventa tutto bianco. Ma agli astronauti interessava fotografare il paesaggio della Luna, non le stelle, per cui hanno esposto la pellicola per il tempo e con il diaframma che servivano per fotografare correttamente il suolo.

Potete verificare voi stessi questo principio in un modo molto semplice. Andate fuori di notte, quando ci sono in cielo le stelle, e guardate il cielo. Poi illuminate con una torcia una persona che vi sta davanti e guardatela. Non vedrete più le stelle, perché l'occhio si sarà adattato alla luce intensa che c'è in primo piano e quindi avrà escluso quella fioca delle stelle.

Lo stesso vale per le fotocamere: ripetete la prova con una macchina fotografica (digitale o a pellicola, fa poca differenza). Scoprirete che se esponete correttamente la foto in modo da vedere la persona illuminata, le stelle scompaiono; se esponete la foto in modo da far vedere le stelle (sarà necessario un tempo di posa di qualche secondo), la persona è fortemente sovraesposta.

Se neppure questo vi convince, date un'occhiata alle foto fatte nello spazio dagli astronauti di altre missioni spaziali. Anche lì non ci sono stelle: sono dunque falsificate anche queste immagini?


ISS016-E-029502. L'astronauta statunitense Rex Walheim durante una passeggiata spaziale fuori dalla Stazione Spaziale Internazionale, 15 febbraio 2008. Non ci sono stelle visibili.



S122-E-010982. La Stazione Spaziale Internazionale, in orbita intorno alla Terra, si staglia contro un cielo privo di stelle. 18 febbraio 2008.


La foto qui sotto è particolarmente significativa perché fu scattata durante la missione che portò nello spazio per la seconda volta l'astronauta italiano Umberto Guidoni. Anche lui fa parte del complotto?

Una veduta del vano di carico della navetta spaziale Endeavour durante la missione STS-100, aprile-maggio 2001. Anche qui, niente stelle.


Le stelle mancano anche in questa foto, che ritrae l'astronauta svizzero Claude Nicollier durante una passeggiata spaziale all'esterno dello Shuttle nel 1999:

Claude Nicollier, nel vuoto dello spazio, lavora sulla navetta spaziale Discovery, nel dicembre del 1999. Anche qui, niente stelle.


Le stelle non ci sono sia nelle foto recenti, come quelle mostrate qui sopra, ma non ci sono neppure in quelle d'epoca, anche prima dello sbarco sulla Luna. La foto qui sotto ritrae la prima passeggiata spaziale da parte di un astronauta statunitense, Ed White, durante la missione Gemini 4 nel 1965. Anche qui, guarda caso, niente stelle.


S65-34635. Ed White compie una passeggiata spaziale fuori dalla capsula Gemini 4, 3 giugno 1965.



Ma qualche stella in qualche foto spaziale c'è


Esistono comunque alcune immagini scattate nello spazio che mostrano le stelle. Questo non vuol dire che le stelle si dovrebbero vedere sempre: vuol dire semplicemente che quelle foto sono state scattate usando un tempo di posa lungo e un diaframma molto aperto, in modo da raccogliere più luce e quindi impressionare sulla pellicola oggetti fiochi, come appunto le stelle.

Per esempio, l'immagine qui sotto fu scattata durante la missione STS-35 dello Shuttle Columbia a dicembre del 1990 e mostra chiaramente la costellazione di Orione. Le stelle sono visibili perché la foto fu fatta con un tempo di posa lungo allo scopo di mostrare l'apparato che si vede nella foto (un telescopio sensibile ai raggi ultravioletti e X), che appare ben luminoso ma che al momento dello scatto era in realtà illuminato soltanto dal chiaro di Luna, mentre lo Shuttle viaggiava sopra il lato in ombra della Terra.



L'immagine qui sotto, la ISS016-E-26695, scattata dalla Stazione Spaziale Internazionale l'1/2/2008, mostra l'aurora boreale vista dallo spazio. Per poter catturare la sua luce relativamente fioca, il fotografo ha usato un tempo di posa lungo, che permette di vedere le stelle ma le rende "mosse" per via del moto della stazione. L'oggetto allungato in basso a sinistra è uno dei pannelli solari della stazione.



La fotografia qui sotto, datata 2009, proviene anch'essa dalla Stazione Spaziale Internazionale e mostra l'aurora e l'airglow (la luminescenza naturale dell'atmosfera) sopra l'Oceano Indiano. Anche qui il tempo di posa è molto lungo, tanto che le stelle sono mosse e la superficie della Terra è fiocamente visibile nonostante non sia illuminata dal sole (fonte: Boston Globe).



L'immagine qui sotto sembra contraddire quanto detto fin qui: la superficie della Luna è esposta correttamente, eppure in cielo sono visibili le stelle.



Ma la contraddizione è soltanto apparente, perché la luce che illumina la Luna non è quella del Sole, bensì quella solare riflessa dalla Terra (l'equivalente lunare del "chiaro di luna" terrestre), che è assai più fioca. Il "Sole" che brilla nel cielo è in realtà il pianeta Venere, fortemente sovraesposto. L'immagine fu scattata dalla sonda Clementine nel 1994, come descritto in dettaglio qui.


Stelle (e pianeti) anche nelle missioni Apollo


In realtà non è del tutto vero che nelle immagini delle missioni Apollo mancano completamente le stelle. Infatti anche in queste missioni furono scattate foto che immortalarono alcuni corpi celesti. Per esempio, durante la missione Apollo 16, il 21 aprile 1972, fu scattata questa fotografia, AS16-123-19657, usando un telescopio e una speciale pellicola sensibili al lontano ultravioletto:



Una versione ruotata ed etichettata identifica le singole stelle delle costellazioni del Capricorno e dell'Acquario. Il corpo celeste rotondo al centro è la Terra, adornata da due fasce di aurora che s'incrociano. Notate che la Terra è una macchia bianca indistinta, perché è sovraesposta.



Nel corso della missione Apollo 14, invece, fu fotografata Venere, che è molto più luminosa di qualsiasi altra stella (tanto che è visibile anche di giorno, sulla Terra, se si sa dove guardare). L'astronauta Alan Shepard, al termine della seconda passeggiata sul suolo lunare, si accorse di Venere che splendeva accanto a una falce di Terra e scattò una serie di fotografie con varie regolazioni di posa. Due di queste, AS14-64-9191 (qui sotto, cliccabile per ingrandirla) e AS14-64-9192, mostrano un puntino accanto alla falce di Terra.



Il puntino è a malapena visibile nell'immagine originale ed è evidenziato nei dettagli qui sotto, nei quali è stata esagerata l'esposizione mediante un'elaborazione digitale.



La Terra, estremamente luminosa e quindi ben visibile anche in fotografie scattate con tempi di posa brevi, è stata fotografata più volte dagli astronauti lunari, sia dall'orbita lunare, sia dalla superficie del nostro satellite. Oltre alle celebri foto del "sorgere" della Terra visto dalla Luna (in realtà il movimento fu prodotto dallo spostamento del veicolo spaziale che orbitava intorno alla Luna), ci sono foto come questa, la AS17-134-20384, scattata durante la missione Apollo 17 a dicembre del 1972, che ritrae Harrison Schmitt accanto alla bandiera degli Stati Uniti:



Ecco un dettaglio della foto precedente:



Persino qualche lunacomplottista l'ha capita


Ecco come Massimo Mazzucco, strenuo sostenitore della falsificazione degli sbarchi lunari, smentisce la teoria delle stelle mancanti sul suo sito Luogocomune.net:

[mia domanda a Mazzucco:] Massimo, visto che è una questione schiettamente fotografica e tu sei del mestiere, gliela spieghi tu una volte per tutte che le stelle NON CI DEVONO ESSERE nelle foto della superficie lunare? Così almeno questa la togliamo di mezzo?

Glielo ho già detto mille volte, Paolo, giuro sui miei figli. Ma deve essere qualcosa più forte di loro, perchè mi ignorano regolarmente. L'ultima volte ho pur spiegato la cosa coi diaframmi e i tempi di posa: se in sole fotografi a 1/250 f8-11, e se calcoli che ogni unità del diaframma equivale a un raddoppio del tempo di posa....

Niente. Non passa, ed è proprio una delle cose che fa più danno alla tesi MoonHoax.




Ipse dixit.